Un manoscritto appartenente ad un giovane sedicenne Giacomo Leopardi è stato ritrovato nella Biblioteca Nazionale di Napoli da due ricercatori, Marcello Andria e Paola Zito. Tra le carte già visionate che costituiscono l’eredità del poeta di Recanati, questo fascicolo non era mai apparso prima.
Otto facciate, nate dalla piegatura di quattro fogli nella loro parte centrale: da questo prende forma il quadernetto, che racchiude una scrittura fluida e chiara. Essa permette di identificare – impressi sulla carta – nomi di antichi autori.
I riferimenti numerici appuntati in seguito, però, restano un mistero.
Il quadernetto ritrovato è ora conservato nel luogo in cui è stato rinvenuto e, cioè la Biblioteca Nazionale di Napoli. Qui sono conservati anche L’infinito e le pagine dello Zibaldone. A questa istituzione, l’opera di Giacomo Leopardi giunse grazie a un passaggio per lascito testamentario, da parte del napoletano Antonio Ranieri, amico del poeta.
Dettagli che parlano da soli
In seguito al ritrovamento dell’opera, sono stati proprio Marcello Andria a Paola Zito a curare la pubblicazione del volume Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito delle carte napoletane. Il giovane Leopardi, infatti, ancora non compiuti 16 anni, «ha realizzato un accurato e capillare spoglio dell’Opera omnia di Giuliano imperatore”, raccontano i due studiosi.
Il ritrovamento permette di notare – da dettagli piccoli nella forma, ma grandi nel significato – come, fin dai suoi primi anni da giovane scrittore, Giacomo Leopardi fosse alla costante e continua ricerca di cultura. Le caratteristiche peculiari della firma autografa, ad esempio, come evinciamo dalle parole di Marcello Andria e Paola Zito, rappresentano il profilo di un giovane che ha alle spalle studi intensi e si ritrova – prima ancora di entrare nell’età adulta – con un «accurato metodo di lavoro».
Il poeta recanatese, come aggiungono Andria e Zito, aveva iniziato a studiare la lingua greca, da autodidatta, l’anno prima rispetto a quello in cui scrisse il manoscritto appena ritrovato.
La fame di apprendimento venne soddisfatta dalla possibilità di frequentare la biblioteca del padre. Quest’ultima, infatti, si trova nel Palazzo di famiglia a Recanati, quel pozzo di cultura che ha portato Leopardi a riempire cuori e menti con i suoi versi unici.