Geopod è un podcast di geopolitica. Ogni lunedì una nuova puntata sui temi più importanti della settimana.
In questa prima puntata si parla di come l’Italia sta cercando di sostituire il gas russo.
Questa settimana si è parlato molto di forniture di gas e di come l’Italia possa sostituire i circa 29 miliardi di metri cubi di gas proveniente dalla Russia ogni anno. Non sarà una sfida semplice per il nostro paese. Basti pensare che ben il 38% del fabbisogno italiano di metano arriva dalla Russia e che attualmente non si sa ancora quali saranno le ripercussioni della minaccia di Putin di far pagare il gas russo in rubli.
Prima di entrare nel dettaglio delle azioni che il governo italiano sta portando avanti per rendersi indipendente dal Cremlino, vediamo la situazione attuale.
Innanzitutto bisogna capire che quando si parla di consumo di gas non ci si riferisce solo a quello dei fornelli usato per la cottura del cibo. In Italia la maggior parte dell’energia elettrica consumata è prodotta con il gas che alimenta anche gran parte delle centrali idroelettriche. Il nostro Paese riesce a produrre da sé solo il 5% circa del fabbisogno di gas; il restante 95% è importato da altri Stati. Per raggiungere la nostra rete di distribuzione la materia può viaggiare in stato gassoso, attraverso i gasdotti già esistenti, oppure arrivare via mare nelle cosiddette navi metaniere che trasportano il gas liquido o Gnl.
Per quanto riguarda i gasdotti, escludendo quello che approda a Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, e che trasporta il gas russo, rimangono altri quattro punti di ingresso per metanodotto già attivi: uno in Puglia, due in Sicilia e uno al confine tra Piemonte e Svizzera che riceve i circa 2 miliardi di metri cubi annui provenienti dalla Norvegia.
Il governo vuole aumentare lo sfruttamento di questi gasdotti.
- In Puglia arriva il gas dall’Azerbaijan attraverso Turchia, Grecia e Albania. L’Italia ha firmato un accordo con l’Azerbaijan per passare dai 7 miliardi di metri cubi all’anno che riceve attualmente a 9,5
- A Mazara del Vallo e a Gela, in Sicilia, arriva invece il gas del nord-africa, soprattutto dall’Algeria e in parte dalla Libia. In questi giorni sono stati rivisti gli accordi di partenariato e la strategia del governo prevede circa 9-11 miliardi di metri cubi aggiuntivi da questi Paesi
Il gas russo dovrebbe poi essere sostituito con il gas liquido, il GNL, e per questo però bisognerà avere nuovi rigassificatori da collegare alle navi metaniere che trasportano le forniture in stato liquido. Qui la faccenda si complica un po’ perché il gas, che viene liquefatto per ridurne il volume e poterlo trasportare facilmente, una volta approdato in Italia deve essere riconvertito allo stato gassoso. Ed è per questo che entrano in gioco i terminali di rigassificazione, delle piattaforme che trasformano la materia da liquida a gassosa, prima di immetterla nella rete. Attualmente in Italia ci sono 3 terminali di rigassificazione. Il governo conta di recuperare un miliardo di metri cubi sfruttando al massimo della loro capacità i due rigassificatori di Livorno e di Panigaglia, mentre per il terzo, quello di Rovigo, ha autorizzato un ampliamento.
Tre rigassificatori sono pochi per accogliere più navi cariche di Gnl, ma nel frattempo la Snam, Società NAzionale Metanodotti, sta trattando per l’acquisto o il noleggio di altri due terminali galleggianti che insieme hanno una capacità di rigassificazione di 10 miliardi di metri cubi all’anno.
Parallelamente il governo sta stringendo accordi con i maggiori fornitori di gas liquido, per aumentarne i flussi. Oltre agli Stati Uniti, che si sono impegnati a fornire più gnl, c’è l’Eni che produce gas liquido in Egitto, Congo e Qatar e ne indirizzerà una quantità maggiore verso l’Europa per un totale di circa 8 miliardi di metri cubi aggiuntivi.
Altri 2-3 miliardi in più dovrebbero poi arrivare dall’autoproduzione. Il Consiglio dei ministri ha approvato un piano per aumentare l’estrazione di metano dai giacimenti nazionali, arrivando così a oltre 5,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Un’altra parte del piano riguarda lo stoccaggio: attualmente i nostri stoccaggi di gas sono riempiti a meno del 30%. Entro fine settembre bisogna fare una scorta di almeno il 90% per poter affrontare l’inverno.
In fine, alcuni paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, stanno cercando di far passare un accordo per fissare un tetto massimo al prezzo del gas e di convincere gli Stati contrari a negoziare l’acquisto delle forniture direttamente in sede europea, in modo da avere più potere negoziale.
In questa puntata abbiamo visto tutto quello che l’Italia sta facendo per sostituire il gas russo, ma il piano europeo prevede anche di diversificare il più possibile le forniture. La partita per l’indipendenza energetica è molto più ampia e coinvolge anche il petrolio, il biometano, le rinnovabili, l’idrogeno, il nucleare e persino le centrali a carbone.
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