Musk e Twitter: ecco tutto quello che c’è da sapere

Nella giornata di giovedì 13 l’accordo tra Elon Musk e Twitter è stato «temporaneamente sospeso», dice il patron di Tesla, in attesa di capire il numero degli account falsi e di spam della piattaforma.

Nonostante ciò, Elon Musk ha acquistato il social media in nome della libertà d’espressione e di una maggiore trasparenza. Proprio sui social, il miliardario sudafricano ha spiegato che «gli utenti dovrebbero potersi esprimere liberamente entro i confini consentiti dalla legge».

L’obiettivo è di rendere open source l’algoritmo che regola la piattaforma. Twitter è solo la 14° piattaforma per numero di utenti tra quelle esistenti ma riesce ad essere molto influente su temi ambientali e sociali come il movimento Black Lives Matter e la gender equality.

La “questione Musk” ha dunque generato un dibattito molto polarizzato all’interno dell’opinione pubblica, specie per le indiscrezioni che si ventilano. Sembra che Musk voglia rivendere la piattaforma nell’arco di tre anni, dopo averne modificato struttura e finalità. 

Per quanto riguarda la regolamentazione inoltre, sorge il problema che la società si trovi a cavallo tra Europa e Stati uniti e che quindi ci siano diverse legislazioni a cui Twitter dovrà essere sottoposta. Un altro tema emerso nel dibattito pubblico è quello riguardante i rapporti tra Musk e la Cina attraverso Tesla.

I rapporti con la Cina
La presentazione di Tesla a Shanghai

I rapporti economici tra la Tesla di Musk e la Cina potrebbero avere effetti sull’influenza del paese su Twitter?

Un po’ di dati: nel mercato cinese Tesla ha realizzato guadagni per 13.8 miliardi di dollari solo nel 2021, pari a un quarto degli introiti totali; nel 2021, inoltre, Tesla ha venduto più di 470mila macchine costruite nella fabbrica di Shanghai, si tratta di più della metà di quelle spedite a livello globale (pari a 936mila). La Cina è un paese strategico anche per la fabbricazione delle batterie, una componente fondamentale delle auto elettriche.

La Cina userà la sua rilevanza economica per costringere Musk ad allineare le politiche di moderazione di Twitter agli interessi politici di Pechino?

Allo stesso tempo, senza andare troppo lontano, negli ultimi anni in molti si sono interrogati sull’appoggio del social media alla candidatura di Joe Biden nel 2020. Secondo il portale open secrets, diverse persone all’interno di Twitter hanno finanziato la campagna elettorale dell’attuale Presidente, raccogliendo quasi 200 mila dollari. Sono stati raccolti altri migliaia di euro per diversi altri candidati democratici mentre non risulta alcuna cifra spesa per un candidato repubblicano.

Twitter ha inoltre giocato un ruolo decisivo durante l’ultima campagna presidenziale americana. Nell’ottobre 2020, il New York Post, quotidiano newyorkese di simpatie repubblicane, aveva scoperto dei documenti compromettenti sul figlio di Joe Biden, sfidante del presidente Donald Trump. Twitter chiuse l’account del Post per 16 giorni e impedì ai suoi utenti di condividere qualsiasi notizia a riguardo, pena il blocco dal social. Questi documenti sono stati in seguito svelati dal New York Times, principale voce del mondo liberal, 17 mesi più tardi, nel marzo 2022, confermando che non si trattasse di fake news.

Trasparenza dell’algoritmo

In un recente intervento al Ted Talk, Musk ha suggerito di voler rendere disponibile anche a persone esterne all’azienda l’algoritmo che determina come i tweet vengono promossi e penalizzati. Secondo l’idea dell’imprenditore, questo potrebbe permettere agli utenti di evidenziare eventuali problemi e suggerire modifiche. 

Tuttavia, l’operazione potrebbe non essere così semplice. Prima di tutto perché Twitter non è regolato da un unico algoritmo. Anzi, secondo quanto riportato da fonti interne all’azienda, Twitter utilizza molti algoritmi diversi che si basano sui dati e le azioni delle persone. Inoltre i risultati sono personalizzati per ciascun utente in base alle sue informazioni personali e al suo comportamento.

Allo stato attuale, le piattaforme social come Twitter, Facebook e TikTok sono in gran parte opache, nonostante esercitino un’enorme influenza e potere. Una maggiore trasparenza aiuterebbe a mostrare che la piattaforma promuove determinati tipi di contenuti rispetto ad altri. Inoltre, come il codice sorgente di un programma per computer fornisce un modo per ispezionarlo, la stessa cosa permetterebbe a Twitter di andare alla ricerca di bug, spam o malware.

Free Speech

Questo il tweet con cui Elon Musk ha annunciato la sua volontà di incentivare il “free speech” sulla piattaforma. Il nuovo proprietario di Twitter ha affermato come l’eventuale limitazione della libertà di parola debba essere regolata dai singoli governi, togliendo al social il compito di moderare i contenuti.
Ma quali saranno le conseguenze in Paesi autoritari in cui la circolazione di idee è limitata e controllata? Il rischio è che in questi Stati gli utenti siano privati della possibilità di esprimersi liberamente, andando incontro a sanzioni in caso di tweet ritenuti “pericolosi” dal governo.
L’assenza di moderazione potrebbe poi portare al diffondersi di profili che lanciano messaggi discriminatori e offensivi, segnando un passo indietro rispetto alla lotta alla disinformazione messa in campo da Twitter in questi anni.

L’imprenditore nei mesi scorsi si era fatto portavoce di una personale battaglia contro la censura dei giganti dell’informazione, definendosi “assolutista della libertà di parola”. Per questo motivo i suoi critici temono che con lui Twitter possa trasformarsi in una raccolta indiscriminata di fake news e notizie non controllate. 

Social_Media_Report
Le piattaforme social più utilizzate all’aprile 2022 (dati: Global Social Media Statistics)
Regole e legislazione

Il tema in realtà riapre un altro problema: la funzione delle piattaforme. Secondo alcuni, dovrebbero lasciare libera espressione alle opinioni politiche di ogni parte. Per altri invece trasformarsi in editori e dunque rinunciare ai benefici economici e sussidi pubblici che derivano dallo svolgere una funzione socialmente rilevante. Le piattaforme risultano infatti soggetti ibridi che si pongono a metà tra social network ed editori. Dunque la colpa non sarebbe di Musk ma di chi ancora non si è occupato di regolamentare questa falla normativa. 

A cambiare la situazione potrebbe intervenire l’Unione Europea, che sta lavorando al Digital Services Act (DSA), per disciplinare i contenuti delle piattaforme social media. Al contrario degli Stati Uniti, infatti, l’UE sta mettendo in atto delle leggi sia per regolare la concorrenza tra piattaforme digitali sia i loro contenuti.

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