Da un lato la Commissione europea, con la proposta di nuove norme per contrastare la pedopornografia. Dall’altro lato il Parlamento europeo e alcuni Stati membri, che temono che quelle stesse norme possano rappresentare un’enorme violazione della privacy degli utenti. Sulla controversa legislazione denominata “Chat Control 2.0” si sta dunque consumando un vero e proprio braccio di ferro fra le istituzioni comunitarie. Il sistema permetterebbe di scansionare i contenuti che gli utenti si scambiano sulle app di messaggistica come WhatsApp, Telegram, Signal e Messenger, alla ricerca di materiali contenenti abusi sessuali su minori. Se il fine è nobile, a maggior ragione considerando la forte crescita dei casi di pedopornografia online, ciò che fa discutere sono invece i mezzi, con i critici che paventano un gigantesco “Grande Fratello”. Un sistema di sorveglianza massivo che vigilerà sulle conversazioni private dei cittadini europei.
Il funzionamento
Chat Control 2.0 andrebbe a sostituire il meccanismo attualmente in vigore, che si fonda sulla rilevazione e sulla segnalazione volontaria da parte delle imprese – un sistema che a detta del legislatore europeo si è rivelato ampiamente inadeguato. Con le nuove norme un algoritmo di intelligenza artificiale andrebbe invece a scandagliare i contenuti multimediali come foto, video e indirizzi Url inviati tramite posta elettronica e app di messaggistica. I fornitori dei servizi si vedrebbero pure costretti a installare tecnologie per moderare il caricamento di messaggi e contenuti, così da rilevare eventuali abusi prima che il materiale venga inviato al destinatario. Gli utenti potrebbero rifiutare il trattamento, ma in tal caso verrebbe impedito loro di caricare o condividere questo tipo di contenuti, il che costituirebbe una forte limitazione alla loro esperienza di messaggistica.
Secondo i suoi sostenitori, Chat Control 2.0 costituirebbe un modo efficace per arginare un fenomeno che a partire dalla pandemia ha conosciuto una crescita vertiginosa. La Commissione europea parla di 85 milioni di immagini e video di abusi sessuali su minori segnalati a livello mondiale solo nel 2021, a fronte ovviamente di molti altri casi mai comunicati. In quell’anno la Internet Watch Foundation rilevava un incremento delle segnalazioni del 64% rispetto all’anno precedente. Di queste, ben due terzi provenivano da chat, sistemi di messaggistica e servizi di posta elettronica all’interno dell’Unione. Solo in Italia nel 2023 sono state individuate oltre mille persone che si sono scambiate o hanno condiviso contenuti pedopornografici.
Le critiche
Il monitoraggio delle comunicazioni ha però un prezzo: un enorme quantitativo di dati personali finirebbe in mano alle aziende che per legge sarebbero tenute a intercettare le conversazioni. A tali società private verrebbe di fatto conferito il potere di monitorare i messaggi di milioni di cittadini europei. Potere che potrebbe estendersi ben oltre la semplice diffusione di materiale pedopornografico. «Per legge questi sistemi saranno cablati per la sorveglianza di massa. Questo può essere utilizzato per qualsiasi scopo», ha twittato Matthew Green, esperto di crittografia applicata presso la Johns Hopkins University.
A detta di Patrick Breyer, europarlamentare del Partito pirata tedesco, un sistema così invasivo «non lo vediamo in nessun’altra parte del mondo libero. Nemmeno la Russia e la Cina sono riuscite a metterci le microspie nelle tasche». A dir la verità, il popolare sistema di messaggistica cinese WeChat utilizza sì sistemi di cifratura, ma i messaggi rimangono accessibili sui server. Questo perché non utilizza la cosiddetta “crittografia end-to-end”, cioè il sistema di comunicazione che lascia la chiave per decrittare i messaggi in mano agli utenti e non alle aziende che gestiscono i servizi. Ecco, tale sistema si trova ora di fronte a rischi che vengono proprio dalla nuova Chat Control 2.0. Il varco che si verrebbe a creare «può essere sfruttato da hacker e Stati nazionali ostili», sottolinea Meredith Whittaker, presidente di Signal. Il tutto mentre il materiale pedopornografico continuerebbe a circolare su altri canali, a partire dal dark web.
Braccio di ferro in Europa
Il sistema progettato dalla Commissione costituisce un’evoluzione rispetto alla prima proposta, avanzata nel maggio 2022 dalla commissaria per gli Affari interni Ylva Johansson. L’ultima versione della legislazione – adottata dal Parlamento europeo nel novembre 2023 – costituisce infatti un compromesso rispetto alle critiche mosse in questi anni da un vasto fronte di eurodeputati. La scorsa settimana il Consiglio dell’Unione europea avrebbe dovuto votare per decidere se approvare o meno l’iter legislativo, ma alcuni dei 27 Stati membri si sono messi di traverso. Il possibile voto contrario di Germania, Austria, Polonia, Paesi Bassi e Repubblica Ceca avrebbe potuto compromettere quella maggioranza qualificata che è necessaria a far passare il provvedimento. E così, il Consiglio si è ritrovato costretto ad annullare la votazione dall’agenda.
Lo scetticismo non attraversa però solo gli Stati membri: a sollevare dubbi è lo stesso Garante europeo della protezione dei dati. L’autorità di sorveglianza considera infatti il nuovo meccanismo non solo una risposta sbagliata a un problema sociale, ma anche una minaccia diretta ai valori democratici su cui si fonda l’Unione. Su questi rischi dovrà ora continuare il dialogo – anzi, il “trilogo” – fra Commissione, Parlamento e Consiglio dell’Unione europea. Perché se tutti sono d’accordo sulla necessità di contrastare la pedopornografia, il punto è quanto si è disposti ad accettare pur di arginare il fenomeno.