VENEZUELA, LIBERATO IL FRANCESE CASTRO MA RIMANE IN CARCERE IL COOPERANTE ITALIANO TRENTINI

Trema la “diplomazia degli ostaggi” in Venezuela con la liberazione del cittadino francese Camilo Castro, arrestato sei mesi fa e detenuto nel carcere Rodeo I a Caracas. Se la Francia esulta, resta l’amarezza in Italia per il caso di Alberto Trentini, cooperante detenuto da oltre un anno nella stessa prigione.

La vittoria francese

Castro, 41enne insegnante di yoga, abitava da tempo in Colombia e lo scorso giugno era andato al valico di frontiera di Paraguachon, che divide il Paese dal Venezuela, per rinnovare il suo visto di soggiorno. Da quel momento il vuoto: il 26 giugno Castro scomparve. Solo tempo dopo le autorità venezuelano hanno messo al corrente la famiglia dell’arresto del figlio, senza esplicitarne la causa. Parigi, non riconoscendo la legittimità del governo di Nicolas Maduro, si è subito mobilitata, in continuo contatto con Brasile, Colombia e Messico per trattare con Caracas. La madre di Castro ha poi commentato il felice epilogo: «Ci batteremo affinché non accada più, non ci fermeremo qui perché per noi è finita bene. Pensiamo agli altri, non li dimenticheremo».

Il cittadino francese Camilo Castro detenuto per sei mesi in Venezuela
La diplomazia degli ostaggi

Il caso Castro non è l’unico successo del governo di Emanuel Macron. Grandi notizie sono arrivate anche dall’Iran e dalla Germania. Dalla prima il rilascio di Cécile Kohler e Jacques Paris, detenuti a Tehran da tre anni e ora stabiliti all’ambasciata francese in Iran. Mentre dalla seconda stato è stata concessa la grazia a Boualem Sansal, scrittore franco-algerino detenuto per un anno dalle autorità algerine. Rimane però un tema caldo quello delle “sparizioni forzate” venezuelane, denunciate in un rapporto Amnesty International. Caracas, infatti, ha la triste fama di arrestare cittadini stranieri o membri dell’opposizione, sfruttandoli come merce di scambio nell’ambito di trattative internazionali. La liberazione di Castro, ritenuta un grande traguardo per i tutti i governi, lascia un sapore amaro nell’opinione pubblica italiana: la scarcerazione, infatti, ha coinciso con il primo anniversario dell’arresto di Alberto Trentini, cooperante fermato il 15 novembre 2024 durante una missione umanitaria con l’ONG Humanity & Inclusion.

Trentini ancora in carcere
Alberto Trentini, cooperante arrestato a novembre per accuse di cospirazione e recluso a El Rodeo

Trecentosessantacinque giorni dopo, il caso Trentini sembra ancora non vedere la luce. Il 46enne veneziano fu arrestato mentre stava andando per lavoro a Guasdualito, al confine con la Colombia, e poi portato a El Rodeo I, in isolamento e con accesso limitato a cure mediche. Solo la sera successiva Caracas ha avvisato la famiglia del fatto, ma senza dare motivi sulla decisione presa dalle autorità. Le comunicazioni con l’Italia sono sempre state sporadiche. Trentini ha potuto parlare con i genitori solo tre volte e solo a settembre ha incontrato per la prima volta l’ambasciatore italiano a Caracas, Giovanni Umberto De Vito. In contatto con la famiglia anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

Da parte delle istituzioni

Nella gestione del caso Trentini c’è uno spartiacque. I primi cento giorni sono stati caratterizzati dall’assenza di comunicazione e di presa di posizione da parte del governo Meloni. I rapporti tesi con Maduro, derivanti dal non riconoscimento della leadership da parte italiana, hanno prolungato i mesi di silenzio istituzionale. Presa coscienza della necessità di un intervento politico e reduci dal caso di Cecilia Sala, che a dicembre ha trascorso tre settimane nel carcere di Evin, è stata avviata una nuova fase. I contatti con la famiglia sono stati pochi, infatti ci sono state solo tre telefonate da quel 15 novembre.

Dopo sei mesi di arresto, Trentini ha potuto contattare i genitori per pochi minuti, rassicurandoli sulla condizione generale, senza però dare troppe informazioni. In estate c’è stata una seconda comunicazione, caratterizzata dalla tensione dei parenti circa la condizione di salute di Trentini, il quale ha tranquillizzato con parole di speranza. Infine, un’ultima telefonata è avvenuta il 10 ottobre. Un dialogo avvenuto sempre in un contesto di isolamento, ma che è servita come ulteriore motivo per i genitori per non smettere di lottare.

La famiglia e gli amici di Alberto Trentini fuori da Palazzo Marino per l’anniversario della sua detenzione
Un anno dopo

Sabato, in occasione dell’anniversario di detenzione, si è tenuta una conferenza stampa a Palazzo Marino con la madre Armanda Colusso. La famiglia Trentini ha avuto il supporto dei genitori di Giulio Regeni, ricercatore torturato e ucciso in Egitto nel 2016, e di Andy Rocchelli, fotografo dell’agenzia Cesura ucciso in Donbass nel 2014. Erano presenti anche gli amici di Trentini, l’avvocata Alessandra Ballerini e l’inviato speciale per i detenuti italiani in Venezuela Luigi Vignali. «Sono qui dopo 365 giorni a esprimere la mia indignazione perché sono certa che per Alberto non si è fatto quel che era necessario e doveroso fare per la sua liberazione». Ha dichiarato Colusso. «Sono stata troppo paziente ed educata, ma ora la mia pazienza si è esaurita». Ha aggiunto: «Voglio ricordare che a mio figlio è stato tolto un anno di vita, un anno in cui non ha potuto godere dell’affetto della sua famiglia».

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