Si muoverebbe sul binario dei Bot la disinformazione su Twitter: un software automatico capace di creare fake news ad hoc per avere interazioni con gli altri utenti sui social network.
Lo rivela uno studio dell’Università dell’Indiana che sviscera ancora di più il fatto aprendo scenari inquietanti: i bot avrebbero avuto un peso molto rilevante nel diffondere fake news durante le elezioni presidenziali statunitensi nel 2016. «Le persone tendono a fidarsi di più dei messaggi che sembrano provenire da molte persone», spiega il ricercatore Giovanni Luca Ciampaglia, esperto in materia. «I bot carpiscono questa fiducia rendendo i messaggi così popolari che le persone reali sono indotte a diffonderli».
A confermare il tutto proprio lo stesso Twitter che ha recentemente pubblicato una lista di circa 10 milioni di tweet sospettati di provenire da Russia e Iran e che nel 2016 erano mirati a campagne di disinformazione. Si parla di un materiale molto vasto che svaria tra immagini, Gif, video e trasmissioni Periscope. In un’era dove l’informazione viaggia a ritmi spediti proprio sui social, occorre capire come difendersi dall’attuale peggior nemico dell’informazione: la disinformazione in rete.
L’Unione Europea in realtà sta lavorando da tempo ad una norma contro le fake news. Lo spettro di elezioni manipolate in maggio esiste ed è reale. Una svolta potrebbe essere tuttavia il recente iter ideato da Google per aumentare la trasparenza sulla propria piattaforma.
Da gennaio 2019 infatti, come riporta l’Ansa, tutti gli annunci che menzionano un partito, un candidato o una persona che ricopre un incarico pubblico dovranno indicare con chiarezza agli europei chi paga per l’inserzione. Google inoltre collaborerà con i comitati elettorali degli Stati membri per mettere a disposizione degli utenti informazioni provenienti da fonti autorevoli. Verrà inoltre messo a punto un rapporto sulla trasparenza per gli annunci elettorali online che permetterà agli utenti di conoscere chi acquista le inserzioni politiche.
Google è tra le aziende che hanno aderito al codice di condotta per la trasparenza proposto dalla stessa Commissione Ue.
(nb)