Taiwan: ombre cinesi sul voto di sabato

Il 13 gennaio si terranno le elezioni presidenziali a Taiwan. I profili dei tre candidati in corsa, che si contendono la carica più alta dello Stato, definiscono i disegni dei futuri assetti geopolitici. Soprattutto nei confronti degli Stati Uniti e della Cina. Non si voterà soltanto per la più alta carica dello Stato, ma anche per il rinnovo del parlamento unicamerale. È importante non sottovalutare le elezioni di Taiwan. In primis perché la piccola isola detiene il monopolio mondiale dei semiconduttori, posizionandosi come un leader tecnologico in ambito internazionale. Ma anche perché l’indipendentismo che da sempre caratterizza lo Stato lo catapulta in una posizione scomoda per la Cina.

I possibili presidenti

Per la popolazione taiwanese recarsi alle urne è un atto simbolico e identitario. L’isola, chiamata anche Repubblica Cinese, è ostile alla vicina Cina dall’inizio del ’900, anche se Taiwan non ha mai dichiarato ufficialmente l’indipendenza. Questo voto va a riaffermare l’attaccamento della popolazione ai principi democratici che proprio in Cina vengono negati. Ci si aspetta quindi un’affluenza alle urne enorme.

A giocarsi la carica di Presidente di Taiwan sono in tre. Il primo è Lai Ching-te, l’attuale vicepresidente del DPP (Partito Democratico Progressista), alla guida del paese dal 2016. È probabile che a vincere sia lui. Il che preoccupa la Cina: il DPP ha forti tendenze indipendentiste, motivo per cui proprio dal 2016 i rapporti tra Cina e Taiwan si sono incrinati. Ma anche e, soprattutto, perché l’affermazione dell’indipendenza di Taiwan implica un progressivo avvicinamento dell’isola agli Stati Uniti. I quali, si sa, competono con la Cina da un punto di vista politico e economico in ambito internazionale.

Lai Ching-te, il probabile vincitore di queste elezioni.
Lai Ching-te, il probabile vincitore di queste elezioni.

Il secondo candidato è Ko Wen-je, ex sindaco di Taipei e membro del TPP (Partito Popolare di Taiwan). Secondo i sondaggi di ETtoday, Wen-je godrebbe del 22% dei consensi. Non abbastanza, se si pensa che il DPP di Lai Ching-te dovrebbe raggiungere il 38,9% e i sondaggi lo vedono in testa dall’inizio della campagna elettorale.

Ko Wen-je, attuale sindaco della capitale taiwanese Taipei.
Ko Wen-je, attuale sindaco della capitale taiwanese Taipei.

L’ultimo contendente è Hou Yu-ih, l’attuale sindaco di Taipei. Ma anche colui che più degli altri si discosta dalle spinte indipendentiste degli suoi avversari. Yu-in appartiene al  Kuomintang, il partito della Cina continentale che rivendica il controllo cinese sull’intera isola di Taiwan. Gode di un sostegno alto, il 35,8%.

Hou Yu-ih, il candidato del Kuomingtang, è il più vicino alla Cina continentale.
Hou Yu-ih, il candidato del Kuomintang, è il più vicino alla Cina continentale.

Da questo quadro si delineano già le possibili relazioni future tra Cina e Taiwan, ma anche tra Cina e Usa.

Cina e Stati Uniti nelle elezioni taiwanesi

Il voto a Taiwan non è solo una faccenda “orientale”. A livello internazionale l’impatto più immediato sarà sulle relazioni Cina e Stati Uniti. A poche settimane dal vertice di San Francisco, durante il quale i presidenti Biden e Xi Xinping hanno provato a ricucire i rapporti, le elezioni taiwanesi potrebbero riportare disordine.

La possibile vittoria di Lai Ching-te, più radicale e «secessionista», sarebbe un duro colpo per i colloqui che le due superpotenze hanno intrapreso. Questo perché, nonostante tutti i partiti propendono per il mantenimento dello status quo, il piano del PPD è più orientato al rafforzamento della difesa e dei rapporti con gli Stati Uniti. A questo si aggiunge una dichiarazione di Biden al Financial Times circa la possibilità di inviare una delegazione statunitense a Taipei. Atto che provocherebbe una reazione da parte di Pechino che, quasi sicuramente, compirà qualche manovra in risposta all’eventuale vittoria di Lai Ching-te.

La Cina ha già adottato una serie di misure nei confronti di Taiwan per scoraggiare il PPD e caldeggiare il Kuomintang, più propenso a collaborare con Pechino. Sul piano militare, il Partito Comunista Cinese ha mantenuto un profilo basso, fatta eccezione per alcuni palloni aerostatici mandati a sorvolare Taipei. Le manovre si sono limitate, per ora, al piano retorico ed economico, con l’abolizione di agevolazioni tariffarie per l’import di prodotti taiwanesi in Cina. Oltre all’avvio della macchina delle fake news sui social.

 

A cura di Vittoria Fassola e Francesca Neri

Vittoria Giulia Fassola

Classe 2001. Ligure e anche un po' francese. Laureata in International Relations and Global Affairs, all'Università Cattolica di Milano. Mi interesso di politica estera e di tutto ciò che penso valga la pena di raccontare. Il mio obiettivo? Diventare giornalista televisiva.

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