Stallo, perdite e tecnologia: perché Kiev chiede nuovi aerei

Perché Kiev dice di avere bisogno di caccia? La risposta non è semplice. Da alcuni giorni il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj segnala la necessità di nuovi aerei da combattimento, in particolare degli americani F-16. Nelle settimane precedenti era stata pressante le domanda per nuovi carri armati, coronata poi da successo.

È difficile comprendere le ragioni di queste nuove richieste ucraine, vista l’assenza di notizie sulla guerra aerea. Se immagini di tank distrutti arrivano quotidianamente da quasi un anno, ben diversa è la questione dell’aviazione. Sono mesi che non si parla di perdite dalle due parti, salvo rarissimi casi. A cosa servirebbe, dunque, la fornitura di nuovi velivoli all’Ucraina?

Rendering grafico di un F-16 in livrea e stemmi dell’aviazione ucraina

La guerra aerea sull’Ucraina

 I russi attaccano dal cielo, ma non lo conquistano

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i cieli di Kiev sono tutt’altro che in mano russa. L’aviazione di Mosca, infatti, non ha mai guadagnato la superiorità aerea totale.

Gli analisti considerano questa mancanza uno dei più gravi errori strategici della Russia. Nelle prime ore dopo l’invasione, la VVS (Voyenno Vozdushnye Sily, l’aeronautica militare russa) si è concentrata soprattutto sulla neutralizzazione delle difese missilistiche ucraine, quasi senza colpire le basi aeree.

Secondo un esteso studio degli esperti Bronk, Reynolds and Watling, ripreso da «Forbes», anche sul fronte dei combattimenti nei cieli l’apice si è registrato nelle prime ore del conflitto.  L’aviazione ucraina ha subito lanciato al contrattacco i suoi caccia, subendo numerose perdite a causa delle migliori e più moderne tecnologie degli avversari. In particolare, missili e radar in dotazione ai russi consentivano loro di ingaggiare bersagli a grandi distanze, rendendosi visibili solo per pochi istanti prima di allontanarsi senza essere individuabili.

Un Su-25 russo sull’Ucraina nei primi giorni di guerra
Volare basso, colpire forte

La partita si è drammaticamente rovesciata quando Kiev, compreso che i russi prediligevano attacchi ad alta quota, ha ordinato ai propri piloti di volare rasoterra, così da risultare quasi fantasmi per i sistemi di rilevamento nemici, e attaccare all’improvviso, salendo a gran velocità e colpendo a breve distanza. La tattica ha avuto l’effetto desiderato: Mosca ha iniziato a perdere ingenti quantità di piloti e aerei.

Col passare dei giorni, la nuova linea di condotta degli ucraini è stata interiorizzata anche dai russi. Le missioni di attacco al suolo avvenivano volando a bassa quota, così da limitare le possibilità di essere individuati ed intercettati dai caccia di Kiev, mentre la scorta rimaneva a alta quota a decine di chilometri di distanza, nel sicuro spazio aereo russo.

Lo stallo

Poi sono arrivati i droni, da entrambe le parti. Gli schieramenti hanno compreso che è meglio utilizzare velivoli piccoli, più economici di aerei con equipaggio e certamente meno impattanti sul potenziale bellico in caso di distruzione da parte del nemico.

Così, la guerra nei cieli è entrata in una nuova fase, più schiettamente di attacco e difesa. Mosca lancia i suoi missili dal proprio spazio aereo, lontana dai caccia di Kiev. Gli ucraini rispondono con i sistemi missilistici basati a terra, tentando di intercettare gli ordigni prima che questi raggiungano il bersaglio.

E gli aerei da combattimento? Entrambi gli schieramenti li tengono a terra, facendoli decollare più raramente e per colpire obiettivi precisi.

Come sta l’aviazione ucraina?

La difficoltà nell’avere un quadro preciso

È difficile avere un quadro preciso della situazione ucraina. Banalmente, le informazioni che arrivano dal fronte sono spesso incomplete o non verificabili. Il blog «Orix» resta una delle fonti più affidabili per tenere traccia delle perdite da entrambe le parti, ma avere dati completi resta un grande problema.

La grande differenza tra scenario aereo e terrestre, infatti, è che il secondo è facilmente documentabile da chiunque. Se un tank viene distrutto, le prove rimangono sul terreno e possono essere analizzate, annotate e dunque conteggiate nei vari rapporti. Nel caso dei cieli, invece, è molto più complesso. Anzitutto non è semplice filmare o fotografare battaglie e eventuali abbattimenti, vuoi per le velocità dei velivoli o per la quota dei combattimenti. In secondo luogo, un caccia distrutto non è un carro armato. Un aereo può schiantarsi al suolo rimanendo abbastanza intatto da essere identificato, ma più facilmente si disintegra in volo o al momento dell’impatto, spargendo i propri frammenti e rottami anche su aree piuttosto vaste.

Un Su-35 russo abbattuto vicino a Chernihiv
Le basi ci sono…

Prima dell’inizio delle ostilità, Kiev poteva dispiegare le proprie forze aeree su un totale di nove aeroporti, più altre 11 piste ausiliarie.

Come già ricordato, gli attacchi russi hanno danneggiato solo marginalmente le installazioni dell’aeronautica ucraina. Questo fatto è alla base del prosieguo delle operazioni dei caccia.

Mosca, però, ha conquistato e posto sotto controllo diversi territori. Questo non coinvolge direttamente l’aviazione di Kiev, rendendo inutilizzabili alcuni aeroporti?

In verità, l’impatto della presenza russa sul terreno è molto limitato. Già dopo il 2014, infatti, gran parte delle basi ucraine era stata concentrata nel centro e nell’ovest del paese. Questo significa che la Russia, nel suo avanzare, ha assunto il controllo di sole tre piste: le due di Kharkiv (sedi dei centri addestramento piloti) e quella di Melitopol (dove era stanziata un’unità per il trasporto aereo). Incerta è anche la situazione del centro di Kulbakino (non distante da Mykolaiv), sede di due reparti da combattimento, a pochissimi chilometri dalla linea del fronte a partire dalla scorsa estate e dunque potenzialmente non sicuro.

In linea di massima, però, le infrastrutture aeronautiche di Kiev sono ancora in mano ucraina.

Una base aerea dell’aviazione ucraina
…e anche gli aerei

Che dire invece della disponibilità di velivoli? Anche qui non ci sono dati certi. Prima dell’inizio delle ostilità, l’aeronautica militare ucraina disponeva di circa 270 mezzi. Quanti siano andati distrutti o non siano più in grado di volare non è dato saperlo. Le stime variano, ma quasi tutte le fonti concordano nell’indicare in 175 i mezzi ancora in servizio. Quanto all’effettiva prontezza operativa dei velivoli, si va da un minimo di 88 a un massimo di 140 aeromobili. Il numero più verosimile dovrebbe essere 131, secondo il sito WDMMA (World Directory of Modern Military Aircraft).

Quale che sia il dato effettivo, è facile constatare che le capacità d’impiego dell’aviazione di Kiev rimangono prossime al 50% di quelle pre-guerra. Tutto questo senza considerare i 70 droni da ricognizione RQ-11 forniti dagli USA e i 48 Bayraktar TB2 turchi da attacco in fase di consegna.

Perché Zelenskyj vuole nuovi caccia?

Uscire dallo stallo

Il migliore livello tecnologico dell’aviazione russa si è equilibrato con la scaltrezza dei piloti ucraini, portando la guerra aerea allo stallo. Dietro le richieste di Kiev per nuovi velivoli da combattimento, dunque, ci potrebbe essere la volontà di coniugare aggressività e migliori piattaforme belliche. Questo potrebbe sbloccare la situazione, portando l’Ucraina a riguadagnare il controllo dei propri cieli.

È opportuno considerare, però, che per addestrare i piloti all’utilizzo di un nuovo velivolo ci vuole tempo. Significherebbe, per Kiev, mandare all’estero i propri ufficiali per diverse settimane, togliendoli dalla linea e riducendo quindi le proprie capacità operative. Una cosa che, al momento, l’Ucraina non si può permettere.

Due moderni caccia russi Sukhoi Su-35
Armi giuste per i loro bersagli

L’attuale forza di combattimento dell’aviazione ucraina è composta da velivoli di fabbricazione sovietica: cacciabombardieri MiG-29 e Sukhoi Su-27 e aerei da attacco al suolo Su-24 e 25. Tutti progetti entrati in servizio prima del 1985. Contro di loro, i russi schierano Su-30, 34, 35, 37, tutti in linea a partire dalla seconda metà degli anni ’90, e alcuni più datati MiG-31. Il confronto, dal punto di vista tecnologico, è inevitabilmente impari: Mosca impiega, di fatto, i figli dei velivoli in dotazione a Kiev. Si tratta quindi di aerei che incorporano migliorie in tutti, o quasi, i punti deboli dei propri predecessori.

Va da sé che l’opzione occidentale, anche se non modernissima (gli F-16 operano dalla fine degli anni ’70) ha il grande vantaggio di essere un passo avanti a Mosca. Si parla, infatti, di aerei studiati appositamente per fronteggiare i velivoli sovietici e, nelle loro versioni più moderne, russi.

Un MiG-29 dell’aviazione ucraina
Rifornimenti più semplici

Altro vantaggio dell’impiego di caccia occidentali è la compatibilità con le armi che arrivano in Ucraina da NATO e alleati. Fino ad oggi, missili e bombe consegnate a Kiev sono stati rigorosamente impiegabili su velivoli di fabbricazione sovietica. Non che questo sia difficile, ma certamente limita il numero di potenziali armamenti a disposizione dell’aviazione ucraina.

Con l’entrata in servizio di F-16, Mirage 2000 o altri cacciabombardieri si aprirebbe un mercato pressoché illimitato di munizioni e sistemi d’arma molto avanzati ed efficaci, in grado di ribaltare in favore di Zelenskyj la guerra aerea. Senza dimenticare, poi, che alcuni paesi NATO vicini all’Ucraina (Polonia in primis) impiegano gli F-16, con tutti i centri di manutenzione e deposito che ne conseguono, e a cui Kiev potrebbe accedere con facilità. Fermo restando il grande problema, emerso anche con l’aumentare dei modelli di carri armati in fase di consegna, della moltiplicazione e complicazione delle catene logistiche.

Umberto Cascone

Nasco a Savona in un rovente mattino di agosto del 2000. Sin da bambino mi interesso di tematiche militari, passione che porto avanti ancora adesso. Negli anni nuovi argomenti iniziano a affollarmi la mente: dalla politica estera a quella interna, passando per una dose abbondante di storia. L'università mi regala l'amore per la radio, che mi spinge a entrare in RadioIULM e a prendere le redini prima del reparto podcast (marzo 2022-ottobre 2023) e poi dell'intera emittente (settembre 2022-gennaio 2023). Ho tanta voglia di fare, di raccontare il nostro tempo, fatto anche di argomenti spesso trascurati, eppure importantissimi. Ci riuscirò? Sarebbe bello dire, alla Manzoni, che lo giudicheranno i posteri. Ma l'unica risposta sincera è: lo spero.

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