
Le rivolte negli USA contro le politiche migratorie di Donald Trump si allargano a macchia d’olio. Non solo California e Los Angeles, dove la sindaca ha approvato un coprifuoco notturno, ma anche Atalanta, New York e Chicago. Le crepe si aprono dalla east alla west coast. Il presidente, intanto, minaccia l’invio di 9mila migranti nella prigione di Guantanamo, a Cuba, e di attivare la procedura contro atti insurrezionali, mentre il governatore californiano Gavin Newsom lo sfida in diretta televisiva.
Le mosse di Trump
C’è un termine che ricorre in tutte le ultime dichiarazioni di Donald Trump: «insurrezione». Parola che evoca lo spettro dell’Insurrection Act, una legge di emergenza del 1807 che consente l’impiego militare per sedare rivolte interne. In altre parole, una misura pensata per placare i vagiti di una guerra civile e mantenere l’ordine costituito.
Uno scenario che non sembra così improbabile pensando agli ultimi giorni di tensione. Trump ha già ordinato l’invio di altri 2mila riservisti della Guardia Nazionale, il corpo mobilitato in casi di calamità naturali ed emergenze, oltre a 700 marines. A questo si aggiunge la proposta di inviare 9mila migranti illegali nella prigione di Guantanamo, a Cuba. Come rivela il Washington Post, ci sono 800 cittadini di Paesi alleati, tra cui anche l’Italia. Un punto che spiega il messaggio inviato nel pomeriggio di ieri all’Europa: «fate qualcosa per l’immigrazione incontrollata prima che sia troppo tardi».
Le risposte dei democratici
Per Karen Bass, sindaca di Los Angeles, però non ci sono dubbi: «Le mosse di Trump sono solamente un esperimento per un progetto di militarizzazione più ampio. Sta usando la California come cavia per capire fino a dove può spingersi».
Il primo cittadino ha imposto un coprifuoco, in vigore dalle 20 alle 6, nel centro della città. Metro e trasporti pubblici chiusi, messi in sicurezza il municipio e la stazione di polizia. La misura per ora ha placato in parte i disordini, ma ci sono stati almeno 25 arresti per violazioni secondo la polizia di LA.
La figura centrale nello scontro con Trump rimane il governatore Gavin Newsom. Il leader democratico accusa il tycoon di aver costruito ad arte la criminalizzazione delle proteste che, in realtà, sarebbero state in larga parte pacifiche e intervallate da leggeri tafferugli.
«Si tratta di un abuso di potere intollerabile da parte di un presidente che ha scelto di infiammare una situazione incendiaria, mettendo la sicurezza di cittadini, forze di polizia e Guardia Nazionale a serio rischio», ha dichiarato dai suoi profili social. «Il Presidente ha appositamente mobilitato e ora raddoppiato i riservisti. Così si rischia una spirale catastrofica».
Una spirale che, per ora, si sta diffondendo in tutto il Paese: New York, Chicago, Atalanta. Il governatore del Texas Greg Abbot, repubblicano vicino all’agenda migratoria di Trump, ha dichiarato che non tollererà proteste nel suo territorio ed è già pronto a mobilitare la Guardia Nazionale.
Un modo per distogliere l’attenzione
Come sostiene Alexander Stille su Repubblica, la strategia di Trump potrebbe essere una grande forma di distrazione di massa. La vera mossa del tycoon questi giorni è il taglio generale di Medicare e Medicaid (sarebbero tra i 10 e i 16 milioni i cittadini che perderebbero l’assicurazione sanitaria), dei buoni alimentari federali e delle borse di studio Pell (fondi governativi destinati al sostegno per l’educazione delle fasce meno abbienti). Progetti che persino Elon Musk ha bollato come «abominio totale».
Il tutto per pagare il taglio fiscale da 4 trilioni di dollari che, nonostante tutte le misure di spending review, andrà ad aumentare il debito nazionale di circa 2,4 trilioni di dollari. Il tycoon, presentato come baluardo della classe operaia americana, sta imponendo tagli strutturali che vanno proprio a colpire l’elettorato che lo ha portato alla Casa Bianca.
Sarebbe questo il cuore dell’agenda di Trump: mascherare un regalo fiscale ai ricchi con una rivoluzione sociale basata su deportazioni, politicamente corretto e xenofobia. Un teatro per distrarre le masse dalla natura oligarchica del governo.