«Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra» cantava Jim Morrison alla fine degli anni Sessanta. Sono passati cinquant’anni ma nessuna frase è più attuale ancora oggi, in cui le bombe risuonano di terrore nei nostri cieli, le case vengono distrutte e rese macerie, i giovani non vanno a scuola ma si addestrano a combattere. La musica riesce a descrivere ogni situazione, ogni stato d’animo, tutti quei sentimenti comuni in cui possiamo riconoscerci e immedesimarci. È un linguaggio universale, una fonte inesauribile di note e messaggi da cui tutti noi possiamo attingere.
La guerra sta devastando l’Ucraina da oltre tre mesi, intere città sono state rase al suolo, più di 40mila persone sono state uccise, 14 milioni di profughi sono stati costretti ad abbandonare le loro case per cercare rifugio altrove. Una catastrofe umanitaria globale. Il mondo dell’arte e della cultura non poteva rimanere impassibile davanti a tutto questo. E allora si è mobilitato in eventi di beneficienza, concerti in cui sono stati lanciati messaggi di aiuto, spettacoli per promuovere la pace. La musica non si arrende alla logica della guerra e della violenza: immagini e parole di dolore e distruzione arrivano dall’Ucraina, ma la musica non resta in silenzio. Le canzoni suonate in tempi difficili portano un po’ di speranza.
La storia delle canzoni contro la guerra non è nuova: proviene da lontano. Durante tutte le epoche passate e le guerre incontrate, la musica ha sempre avuto un ruolo da protagonista per veicolare significati. Da La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè, a Imagine di John Lennon, a Zombie dei Cranberries, fino a Gasoline dei Maneskin.
Ma non solo grandi artisti hanno suonato a favore della pace in tutto il mondo. Anche i più piccoli si sono cimentati in strofe di canzoni o accordi di chitarra, facendo così emozionare chiunque abbia visto le loro performances.
LA BAMBINA CHE CANTA FROZEN IN UN BUNKER
Era nascosta all’interno di un bunker anti-aereo di Kiev, mentre nei cieli ucraini rimbombavano gli atroci suoni dei bombardamenti in corso. E lei, per portare un po’ di speranza a sé stessa e agli altri, e per esorcizzare la paura che la attanagliava, ha iniziato a cantare la canzone Let it go, del film di animazione Frozen. Si tratta di Amelia Anisovych, una bambina ucraina di soli sette anni, che viene ripresa con il telefonino. Il video in pochissimo tempo diventa virale, permettendo alla piccola di coronare uno dei suoi sogni: aprire l’evento di beneficienza “Insieme per l’Ucraina” in Polonia per raccogliere fondi in aiuto del paese bombardato. Amelia, dopo aver raggiunto il Paese limitrofe con la nonna e i fratelli, ha eseguito commossa l’inno nazionale del suo Paese, facendo così emozionare sinceramente le migliaia di persone venute ad ascoltarla. «Canto tutti i giorni, mattina, pomeriggio e sera, esibirmi dal vivo è sempre stato il mio sogno», ha raccontato.
La cantante ucraina Tina Karol, che ha partecipato all’Eurovision Song Contest nel 2006, è l’idolo di Amelia. Proprio lei si è prodigata nell’organizzazione dell’evento che ha avuto luogo a Varsavia e ha voluto fortemente essere affiancata dalla sua piccola grande fan. Già dopo aver visto il video realizzato nel bunker, Tina Karol si è interessata alla giovane e ha deciso di voler realizzare il suo sogno, ovvero cantare insieme a lei e donare l’opportunità a tutti i bambini ucraini di vedere realizzati i loro sogni. Ambizioni e idee per il futuro che non possono finire ora che c’è una guerra in corso, ma devono continuare a essere coltivati.
Amelia è diventata così una bambina molto famosa nel suo Paese prima e in tutto il mondo poi. Ha dimostrato un coraggio, una forza che non dovrebbe essere chiesta ad una piccola bambina di quell’età, che invece dovrebbe pensare solo a giocare e a divertirsi con gli amici.
«PRIMA O POI TORNERO’ IN QUEL TEATRO»
Maksym ha nove anni e proviene dall’Ucraina. Ama suonare il pianoforte perché così riesce «a dimenticare le bombe e la guerra». L’Unicef sta cercando di portare aiuti a tutti i bambini “vittime” innocenti della guerra, e racconta la vicenda del piccolo. Insieme alla sua famiglia, sta cercando di fuggire verso un futuro migliore in Europa: per i primi giorni, hanno trovato rifugio nell’auditorium del Teatro Accademico di Lviv, vicino al confine polacco.
Prima dell’improvvisa fuga, Maksym avrebbe dovuto esibirsi nel suo primo concerto, ma purtroppo non c’è stato tempo. La famiglia non sa quando potrà fare ritorno nella sua abitazione, ma il bambino vorrebbe tornare nel teatro dove aveva trovato rifugio per vedere uno spettacolo, e magari prima o poi, esibirsi.
IL VIBURNO ROSSO
Oy, u luzi chervona kalyna (“nel prato il viburno rosso”): sono queste alcune parole di un brano patriottico ucraino. Un bambino di appena tre anni batte su un bastoncino di legno, fingendo che sia una chitarra, e canta in un giardino queste parole. Il viburno e le sue bacche sono il simbolo della nazione, e simboleggiano la casa e le radici familiari. Il piccolo nella sua esibizione, esprime una forza e una convinzione da ammirare, soprattutto per la sua età.
NON È ANCORA MORTA L’UCRAINA
Alcuni bambini ucraini, rinchiusi nel rifugio di una stazione della metropolitana a Kharkiv accompagnano una giovane ragazza che suona la chitarra, cantando quel brano che nel 1996 è diventato l’inno ufficiale ucraino. Šče ne vmerla Ukrajiny è il titolo, che tradotto vuol dire “Non è ancora morta l’Ucraina”, emblematico per esprimere al meglio la situazione odierna di un Paese che non si arrende.