È di almeno di 133 morti e 145 feriti il bilancio dell’attentato al Crocus City Hall di Mosca. La notte del 22 marzo, un commando di quattro uomini armati ha fatto irruzione nella sala concerti, sparando a vista sulla folla per poi usare esplosivi e molotov. L’attacco è stato rivendicato dall’ISIS-K, una branca dello Stato Islamico con base operativa in Afghanistan.
La ricostruzione
Il Crocus City Hall è sold out. Seimila persone stanno aspettando l’inizio del concerto dei Picnic, una band rock russa seguitissima in patria e inserita nella lista nera dell’Ucraina dopo un concerto in Crimea nel 2014.
Improvvisamente, un commando di quattro uomini a volto coperto e con in mano fucili d’assalto fa irruzione nella sala. I terroristi iniziano a sparare. Scoppia il panico. I fan si ammassano mentre cercano di sfuggire alla carneficina. Gli assalitori sparano indistintamente sulla folla e, poco dopo, danno fuoco all’edificio. Lanciano molotov, probabilmente usano altri esplosivi. Le fiamme travolgono rapidamente più di un terzo dell’edificio e provocano il crollo di alcune parti del tetto dell’auditorium. Molti dei fan rimangono intrappolati e moriranno poco dopo per asfissia da fumo.
I quattro terroristi riescono a scappare prima dell’arrivo delle autorità russe. Da quel momento, parte una colossale caccia all’uomo che, secondo l’FSB (i servizi segreti interni di Mosca), si è conclusa la mattina del 23 marzo con l’arresto di 11 persone, tra cui ci sarebbero i quattro attentatori.
Per spegnere le fiamme all’interno, il Cremlino ha dispiegato almeno tre elicotteri che hanno continuato a lavorare per cercare di estinguere l’incendio e portare più persone possibili in salvo.
La rivendicazione dell’ISIS-K
A tarda notte arriva la rivendicazione dell’attentato da parte dell’ISIS-K. I fondamentalisti dichiarano su Telegram che: «I combattenti dello Stato Islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia di Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grandi distruzioni al posto prima di ritirarsi nelle loro basi in sicurezza.
Il gruppo che ha rivendicato la strage è un affiliato dell’Isis in Afghanistan, chiamato Stato Islamico della Provincia del Khorasan (ISIS-K). L’organizzazione è stata fondata nel 2015 da alcuni ex-membri dei Talebani che hanno deciso di abbracciare una versione ancora più radicale dell’Islam. Secondo il Dipartimento di Stato USA, il leader attuale sarebbe l’emiro Shahab al-Muhajir, in carica dal giugno 2020 e l’organizzazione avrebbe a disposizione circa 2000 militanti.
Il nome Khorasan può essere tradotto come La Terra del Sole e si riferisce a una regione incastonata tra Iran, Afghanistan e Pakistan in cui i militanti sognano di instaurare un Califfato. Nel loro mirino ci sono però anche territori di ex repubbliche sovietiche come Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan. Ragione per cui, Mosca è a tutti gli effetti uno dei bersagli dello Stato Islamico. Inoltre, secondo Colin P. Clarke, analista di antiterrorismo di Soufan Group, un think tank di New York, l’ISIS-K accusa il Cremlino di avere «sangue musulmano» nelle sue mani, in riferimento agli interventi di Mosca in Afghanistan, Cecenia e Siria.
L’ISIS-K è principalmente nota alle cronache per l’attacco condotto a Kabul nell’agosto del 2021 in cui uccisero 13 soldati statunitensi e 170 civili afghani e per quello di gennaio 2024 a Kerman, Iran, quando i militanti uccisero 84 persone riunite ai funerali del generale di Teheran Qassim Suleimani.
La reazione di Putin
Vladimir Putin non ha perso tempo per poter evocare un ruolo di Kiev nell’attentato. La mattina del 23 marzo ha infatti messo le basi per accusare l’Ucraina. Lo Zar ha dichiarato che Mosca punirà i carnefici, «chiunque siano e chiunque li abbia mandati». In una diretta televisiva ha poi aggiunto che gli assalitori avrebbero cercato di dirigersi verso il confine ucraino e che sarebbero stati facilitati da uno speciale corridoio.
Non ha direttamente accusato l’Ucraina, ma senza dubbio non ha neanche assicurato la responsabilità dello Stato Islamico, come invece sostenuto anche dagli Stati Uniti. Anzi, l’intelligence USA aveva già elementi chiari che testimoniavano la possibilità di un attacco dell’ISIS-K a Mosca nel breve periodo.
Dal canto suo, Kiev nega fermamente ogni tipo di coinvolgimento e accusa Mosca di voler far ricadere la colpa sull’Ucraina. Il ministro degli esteri Kuleba ha dichiarato che le accuse sono volte a «esasperare i sentimenti anti-ucraini in Russia e a creare condizioni per favorire la mobilitazione dei cittadini russi».