Il Consiglio europeo ha concesso lo status di paesi candidati a entrare nell’Ue a Ucraina e Moldavia. Nella mattina del 23 giugno, il parlamento europeo aveva già dato un segnale positivo, approvando con 529 voti a favore, 45 contrari e 14 astenuti la relazione in favore dei due Stati dell’Est.
A distanza di qualche ora, è arrivato il sì anche del Consiglio europeo come annunciato dal presidente Charles Michel.
Agreement. #EUCO has just decided EU candidate status to Ukraine and Moldova.
A historic moment.
Today marks a crucial step on your path towards the EU.
Congratulations @ZelenskyyUa and @sandumaiamd and the people of Ukraine 🇺🇦 and 🇲🇩
Our future is together.
— Charles Michel (@CharlesMichel) June 23, 2022
Si tratta di un messaggio che l’Europa rivolge anche alla Russia. Infatti, solo pochi giorni prima da Mosca, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dimitri Medvedev, dopo aver pronosticato la scomparsa di Kiev nei prossimi due anni, ironizzava sul futuro europeo: «E se anche L’Unione europea sparisse prima dell’entrata dell’Ucraina?».
Paradossalmente, l’invasione dell’Ucraina e l’atteggiamento minaccioso di Mosca verso gli ex Stati dell’Unione sovietica hanno sortito l’effetto contrario, facendo crescere l’appeal dell’Ue. Il 28 febbraio, infatti, l’Ucraina aveva ufficialmente chiesto di entrare nell’Unione, seguita il 3 marzo da Moldavia e Georgia, entrambe preoccupate dalle contese territoriali con il Gigante euroasiatico.
Una prima risposta ufficiale da Bruxelles era arrivata il 16 giugno: «Abbiamo adottato la raccomandazione al Consiglio di dare all’Ucraina una prospettiva europea e lo status di candidato all’ingresso nell’Ue», aveva detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Allo stesso modo era stata valutata positivamente la domanda della Moldavia. Con il via libera del consiglio è stato dunque compiuto il primo passo verso il futuro europeo dei due Stati dell’Est.
La Georgia, invece, per la quale è come stata prevista una prospettiva europea dovrà prima affrontare alcune questioni come le divisioni interne, risolte le quali potrà ottenere anch’essa lo status di paese candidato.
Attesa nei Balcani
Se l’Est sta scoprendo il fascino di Bruxelles, nei Balcani occidentali c’è chi aspira da tempo a diventare membro Ue. È il caso di Albania, Macedonia del Nord e Montenegro. La speranza, coltivata oltre Adriatico, è che la crisi in Ucraina promuova una nuova fase di ingressi. La preoccupazione, neanche troppo velata, è che la guerra dia priorità alla pratica Kiev, lasciando in secondo piano le più datate aspirazioni balcaniche.
Prima della riunione del Consiglio è comunque arrivata la rassicurazione dei deputati del parlamento europeo: «Non esiste una procedura accelerata per l’adesione all’Ue dell’Ucraina», hanno fatto sapere da Bruxelles, sottolineando che si tratterà di «un processo strutturato e basato sul merito».
Tirana vuole l’Europa
Del resto, quella dell’Albania è un’integrazione che «non vede altra opzione», come ribadito dal presidente albanese Edi Rama, anch’egli presente a Bruxelles per partecipare al summit sui Balcani occidentali.
Rama, per dimostrare la volontà albanese di intraprendere un deciso percorso europeo, il15 giugno, accompagnato dal suo omologo montenegrino Dritan Abazovic, aveva anche fatto visita al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Durante l’incontro i due avevano espresso il loro sostegno alla candidatura europea dell’Ucraina, mettendolo nero su bianco nel documento condiviso con Kiev.
In realtà la volontà dei leader di Albania e Montenegro era quella di coinvolgere tutti i partner dell’ex Jugoslavia, in modo da offrire un’immagine di unità davanti alle istituzioni europee. L’invito, tuttavia, è stato colto solo dalla Macedonia del Nord che ha partecipato per via telematica alla riunione.
Il limbo di Skopje
E proprio il dossier macedone è quello più delicato. Sull’ingresso del paese nell’Unione europea è dal 2018 che pesa il veto della Bulgaria. Sofia accusa Skopje di portare avanti un’incessante politica anti-bulgara e lo scioglimento del governo guidato da Kiril Petkov non aiuta a prendere decisioni scomode in vista del voto di settembre. Ma gli ostacoli posti sul cammino di Skopje rischiano di bloccare le aspirazioni albanesi, visto che il processo di adesione all’Ue dei due Stati è inserito nello stesso pacchetto. Un rischio concreto, al punto da far sbilanciare il premier Rama. «È una vergogna che un paese Nato, la Bulgaria, prende in ostaggio altri due paesi Nato, la Nord Macedonia e l’Albania». Ha detto il primo ministro albanese, parlando sempre da Bruxelles. Soprattutto se si pensa che siamo «nel pieno di una guerra nel nostro cortile di casa e che altri 26 paesi restano fermi e impotenti».
Superare l’unanimità
Uno stallo che fa interrogare sul meccanismo dell’autonomia anche i vertici Ue. «Dovremo cercare di risolvere la situazione e questo mostra che l’unanimità è un problema, non si può andare avanti con un paese che blocca tutto. Questa non è una bella giornata». Ha ammesso l’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell. «Oggi – ha proseguito – dovremmo lanciare le negoziazioni con Albania e Nord Macedonia e non posso non nascondere il dispiacere. C’è ancora speranza, non so cosa il parlamento in Bulgaria possa fare, ma non sembra stia andando bene».
Le speranze che conserva Borrell sono legate al voto del 27 giugno con cui il parlamento bulgaro si esprimerà sul piano della presidenza francese dell’UE, elaborato per convincere Sofia a rimuovere il veto.
Un piede in due scarpe
Al vertice dei Balcani occidentali erano presenti anche Serbia e Bosnia Herzegovina, la cui europeizzazione è stata messa particolarmente in crisi dalla guerra in Ucraina.
Il clima tra Bruxelles e Belgrado resta teso. Soprattutto dopo la decisione del presidente Aleksandar Vucic di non introdurre sanzioni contro il Cremlino nonostante i ripetuti avvertimenti Ue. Allo stesso modo, la Republika Srpska, anima serba della Bosnia, dall’inizio della guerra in Ucraina non ha preso le distanze da Mosca, accendendo le tensioni che dividono Sarajevo. Tuttavia in difesa di Sarajevo, sono a più riprese intervenute Austria, Croazia e Slovenia che nel corso della riunione del Consiglio hanno chiesto la concessione dello status di candidato anche per lo Stato balcanico.
Zagabria è pronta
Tra paesi che cercano in tutti i modi la strada per Bruxelles e altri che rischiano di perderla, ce n’è uno ormai pronto a completare il processo di europeizzazione. La Croazia, infatti, già membro Ue dal 2013, il 16 giugno ha incassato l’ok dell’Eurogruppo per l’adozione dell’Euro e sta aspettando il definitivo via libera dell’Ecofin, atteso il 12 luglio, per diventare il ventesimo paese a utilizzare la moneta unica già dall’1 gennaio 2023.