Con la morte di Silvio Berlusconi, è scomparso uno dei politici più importanti e controversi della Seconda Repubblica, forse il suo principale protagonista. In quasi trent’anni di attività politica, nove dei quali al governo come Presidente del Consiglio, il Cavaliere ha “inventato” una nuova maniera di interpretare la professione: più personalizzata, incentrata sulla comunicazione e sull’uso della televisione. Anche sul piano internazionale.
Berlusconi ha incentrato la sua politica estera sull’immagine e il carisma del leader, sui suoi rapporti personali di amicizia con altri politici internazionali. Nella convinzione che un atteggiamento cordiale, scherzoso e amichevole paga più di una diplomazia fredda e formale.
Una politica estera diversa più nel tono che nella sostanza. Saldamente atlantista, sino all’ingresso in prima linea nella guerra americana al terrorismo. Fondamentalmente europeista, malgrado momenti di scontro. Una politica estera aperta alla Russia e amichevole nei confronti tanto di Israele quanto dei Paesi arabi. Con un record, tuttora imbattuto: Berlusconi è l’unico leader politico ad aver presieduto per tre volte il G8 o il G7 – a Napoli nel 1994, a Genova nel 2001 e a L’Aquila nel 2009.
Il personalismo
Il tratto distintivo dell’azione internazionale di Berlusconi è stato il personalismo, ossia la costruzione di rapporti personali con altri Capi di Stato e di governo. Con alcuni è riuscito a stringere relazioni profonde, forse persino di amicizia: con l’americano George W. Bush, il britannico Tony Blair, il russo Vladimir Putin, il turco Recep Tayyip Erdogan e il libico Muammar Gheddafi.
Proprio questi rapporti personali gli hanno consentito di ottenere risultati nella risoluzione di alcune crisi internazionali. Come quella tra Russia e Georgia del 2008. «Silvio, è una fortuna che tu sia in politica», lo ringraziò il Presidente francese Nicolas Sarkozy, ammettendo: «Mai avremmo ottenuto un accordo tra georgiani e russi se Berlusconi non avesse fatto valere i suoi antichi legami di amicizia e di fiducia con Vladimir Putin».
La diplomazia del “cucù”
Nel costruire i suoi rapporti internazionali, l’atteggiamento di Berlusconi era cordiale, simpatico, ospitale. Alla diplomazia fredda e formale ha sempre preferito uno stile più scherzoso e informale: «un motteggio o una barzelletta servono per creare simpatia fra gli statisti e poi si lavora meglio».
Lui stesso coniò un nuovo termine per il suo stile diplomatico: «Io ho inaugurato una famosa politica, la politica del cucù». A suo dire, si basava sull’essere «aperti a capire le cose degli altri, gli interessi degli altri, essere aperti all’amicizia».
L’espressione fa riferimento a una gag di Berlusconi: durante il vertice italo-tedesco di Trieste, il 18 novembre 2008, Berlusconi accolse la Cancelliera Angela Merkel in Piazza dell’Unità d’Italia nascondendosi dietro uno dei pili portabandiera e sbucando all’improvviso con un «cucù».
Tra battute e gaffe
Alcune di queste battute e goliardie sono passate alla storia, suscitando talvolta ilarità, talvolta reazioni critiche. Basti pensare alla foto ufficiale del vertice Ue tenutosi a Caceres, in Spagna, l’8 febbraio 2002, in cui Berlusconi fu immortalato mentre faceva il gesto delle corna. Celebre anche il momento in cui baciò la mano di Gheddafi, il 27 marzo 2010. Pochi giorni prima, il 12 febbraio, mentre stava illustrando un nuovo accordo insieme al premier albanese Sali Berisha, ironizzò sullo stop agli sbarchi con una battuta: «Faremo un’eccezione per chi porta belle ragazze».
Storiche e molto criticate le parole rivolte all’eurodeputato socialista tedesco Martin Schulz. Era il 2 luglio 2003, il Presidente del Consiglio si apprestava ad aprire il semestre di presidenza italiana dell’Ue, e durante un discorso al Parlamento europeo disse: «Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò».
Una forte vocazione atlantista
Passando dallo stile alla sostanza della politica estera berlusconiana, l’ex premier è stato anzitutto un solido alleato degli Stati Uniti, specie durante la presidenza Bush.
Lo riconobbe lo stesso Segretario di Stato americano Hillary Clinton: «Non abbiamo amico migliore. Nessuno sostiene l’amministrazione americana con la stessa coerenza con la quale in questi anni Berlusconi ha sostenuto le amministrazioni Bush, Clinton e Obama». Era il dicembre 2010 e il Segretario di Stato stava commentando il «sostegno generoso» dell’Italia nella guerra in Afghanistan: «Tanto le amministrazioni repubblicane quanto quelle democratiche sanno che possono contare sull’Italia e su Berlusconi per realizzare e sostenere i valori che condividiamo».
Il solido legame con gli Stati Uniti si manifestò anzitutto in occasione della guerra globale al terrorismo. Sia in Afghanistan sia in Iraq, l’Italia fu tra i primi alleati degli Stati Uniti in termini di impegno militare e sostegno al conflitto, forse dietro alla sola Gran Bretagna.
Oltre a questo, Berlusconi autorizzò l’espansione della presenza militare americana a Vicenza e la costruzione, nell’ex aeroporto civile Dal Molin, della più grande base americana in Europa. Nel 2008 acconsentì allo stanziamento della forza navale dell’Africom (il supremo comando americano per l’Africa) a Napoli, e della forza terrestre a Vicenza. Nel 2011 mise infine a disposizione degli aerei Nato diretti in Libia le basi italiane, nonostante la sua personale amicizia con Gheddafi.
Questa vocazione chiaramente atlantista ha fatto sì che gli Stati Uniti potessero tollerare alcune politiche “parallele” dell’alleato italiano: soprattutto, i rapporti personali tra Berlusconi e Putin e le relazioni energetiche tra Italia e Russia.
L’amicizia con Putin
Nei confronti dell’altro gigante del sistema internazionale, la neonata Russia, Berlusconi adottò un approccio a dir poco aperto. A partire dal personale rapporto di amicizia con Vladimir Putin, diventato Primo ministro nel 1999.
I due leader si incontrarono per la prima volta in occasione del G8 del 2001, a Genova. Secondo quanto raccontato dall’ex ambasciatore Umberto Vattani, Berlusconi chiese a Putin «come mai un paese così importante come il suo non fosse nell’Unione europea». Così ebbe inizio una serie di telefonate e di incontri.
Putin e le figlie sono stati spesso ospiti a Villa Certosa, la residenza di Berlusconi in Sardegna. Mentre il leader italiano è stato invitato più volte nella dacia di Putin. Nel maggio 2012 l’ex premier è stato fra i pochi ospiti stranieri al Cremlino, in occasione della cerimonia di insediamento di Putin alla presidenza della Russia.
Stando ai documenti riservati pubblicati da Wikileaks il 1° dicembre 2010, il rapporto tra i due fu posto sotto attenta osservazione dei diplomatici americani: il premier italiano sembrava «il portavoce di Putin in Europa».
Le relazioni con la Russia
Quanto ai rapporti politici, Berlusconi si spese per reintegrare Mosca nell’ordine mondiale post-bipolare, aprendo persino al suo ingresso nell’Unione europea. Soprattutto, cercò di fare dell’Italia un ponte che collegasse Stati Uniti e Russia.
Emblematico il vertice del 28 maggio 2002 a Pratica di Mare, il primo incontro della Nato aperto a Mosca. Il risultato fu la creazione del Consiglio Nato-Russia, principale organo di coordinamento per progettare iniziative comuni in tema di sicurezza. A Pratica di Mare, i due blocchi dell’ex sistema bipolare misero da parte le tensioni e inaugurarono una nuova visione dell’ordine mondiale, fondato sulla cooperazione nella lotta al terrorismo. In virtù di quel vertice, negli anni a venire Berlusconi continuò a rivendicare il merito di aver fatto finire la Guerra Fredda.
La relazione con la Russia fruttò all’Italia anche una serie di accordi commerciali. Come quello tra Enel e Ferrovie Russe RZhD per la fornitura di energia elettrica ai treni russi. O quello tra Pirelli e Russian Technologies per la costruzione di uno stabilimento di pneumatici a Togliattigrad. Dall’altro lato, la Russia si impegnò a stanziare oltre 7 milioni di euro per ristrutturare Palazzo Ardinghelli e la Chiesa di San Gregorio Magno a L’Aquila, dopo il terremoto del 2009.
Il sostegno a Israele
Di particolare interesse per Berlusconi erano il Medio Oriente e il Mediterraneo. L’allora premier cercò di mantenere buoni rapporti con i Paesi arabi, ma si spese sempre a favore di Israele. Questa posizione gli permise di avanzare un’iniziativa di pace, a partire dal gennaio 2009, in seguito all’offensiva israeliana su Gaza. Alla fine dell’anno ricevette i ringraziamenti del Primo ministro Benjamin Netanyahu: «Silvio è un campione di pace».
L’anno seguente fu invitato alla Knesset: il 3 febbraio 2010 per la prima volta un premier italiano parlò al parlamento israeliano. Nel suo discorso Berlusconi descrisse il popolo ebraico come un «fratello maggiore» e «il più grande esempio, se non l’unico, di democrazia e libertà in Medio Oriente». Poco prima, Netanyahu aveva dichiarato: «Ammiro molto Silvio Berlusconi. Israele non ha un amico più grande di lui nella comunità internazionale».
I legami con la Turchia
Ottimi anche i rapporti con la Turchia e il suo leader, Erdogan. Nel 2003 il premier italiano fu persino il testimone di nozze di Bilal, uno dei figli del leader turco. Berlusconi si definiva «il miglior avvocato della Turchia in Europa» e si spese in favore dell’ingresso di Ankara nell’Unione europea.
L’amicizia con Erdogan gli permise di ottenere almeno un risultato a livello internazionale. Nel 2009, dopo la pubblicazione di vignette anti-islamiche in Danimarca, il premier turco si oppose alla nomina dell’ex premier danese Anders Fogh Rasmussen a capo della Nato. Berlusconi fu l’unico leader internazionale in grado di convincere Erdogan a rimuovere il veto.
Il rapporto con Gheddafi e l’accordo del 2008
All’interno del mondo arabo, il rapporto più intenso fu quello con la Libia di Muammar Gheddafi, Paese centrale negli equilibri mediorientali prima delle Primavere arabe.
Il 30 agosto 2008, a Bengasi, i due leader siglarono uno storico Trattato di amicizia e cooperazione, uno dei punti più alti della politica estera berlusconiana. Da un lato, l’accordo chiudeva dopo settant’anni le ferite dell’età coloniale; dall’altro lato, apriva opportunità di investimento alle imprese italiane.
Come risarcimento per l’occupazione militare, l’Italia si impegnava a versare cinque miliardi di euro alla Libia, a costruire l’autostrada litoranea e a finanziare progetti bilaterali. In cambio, Gheddafi si impegnava a combattere l’immigrazione clandestina dalle coste libiche, a fornire all’Italia sconti sugli idrocarburi e a riconoscere l’Eni come principale soggetto operante nei giacimenti libici.
Frutto del rapporto di amicizia tra i due leader, il trattato sanciva il ritorno della Libia nella nostra sfera di influenza. Finché, nel 2011, Berlusconi “tradì” l’amico: acconsentì a mettere a disposizione degli aerei della Nato le basi militari italiane, indispensabili per le operazioni in Libia. Parafrasando un motto della politica estera italiana, Berlusconi sacrificò l’“amante araba” per la “moglie americana”.
Le aperture a Putin durante la guerra in Ucraina
Si arriva così alle ultime esternazioni di Berlusconi. Conseguenza del suo rapporto di amicizia con Putin e al contempo esempio di quella “politica del cucù” tanto soggetta a critiche. Era il 18 ottobre 2022: in piena guerra in Ucraina, trapelò un audio in cui Berlusconi, davanti all’assemblea dei deputati forzisti, rivelò di aver «riallacciato un po’ i rapporti con il Presidente Putin». Il leader russo, per il suo compleanno, gli avrebbe inviato venti bottiglie di vodka e «una lettera dolcissima», considerandolo «il primo dei suoi cinque veri amici». Berlusconi avrebbe risposto con venti bottiglie di lambrusco e «una lettera altrettanto dolce», per poi bollare queste dichiarazioni, qualche giorno più tardi, come uno «scherzo».
Il 19 ottobre venne reso pubblico un altro audio in cui il Cavaliere ricostruiva l’origine del conflitto in Ucraina, dimostrandosi affine alle posizioni del Cremlino e accusando Zelensky di aver triplicato gli attacchi in Donbass.
Nuove accuse il 12 febbraio 2023. Criticando la premier Giorgia Meloni per essere andata a colloquio col Presidente ucraino, Berlusconi disse di quest’ultimo: «Bastava che cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore».
Queste parole riassumono bene l’essenza della politica estera berlusconiana. Parole divisive, come sempre è stato Berlusconi. In Italia e all’estero. Uno stile, il suo, che non sempre ha portato a successi. Ma che lo ha reso un protagonista indiscusso sul palcoscenico internazionale.