Il partito populista “Diritto e Giustizia” aveva costruito fin dalla sua nascita una solida alleanza con una parte della Chiesa cattolica polacca, specialmente con Radio Maryja, intorno all’idea che le riforme di tipo liberale introdotte dopo il 1989 erano state portate avanti da una classe politica corrotta e legata a doppio filo con il decaduto regime comunista. Di fronte a questo blocco di forze, il partito di Kaczynski aveva fatto del suo legame con la nazione e della sua diversità rispetto alle élite corrotte e al servizio dell’Unione Europea i pilastri della sua propaganda politica. Una propaganda che sembra oggi smentita dai fatti di corruzione che investono il principale leader della destra nazional-populista rivelatosi, invece di un idealista dai costumi semplici e dalle abitudini frugali, il burattinaio di una rete di interessi piuttosto oscuri. L’ideologia del partito, inoltre, è connessa strettamente a un linguaggio dell’odio rispetto al quale una parte dei vertici della Chiesa polacca ha preso le distanze, dando origine a un’opposizione di tipo liberale ed europeista al governo.
Lo scenario attuale in Polonia presenta, in situazioni differenti, alcune analogie tra la destra di allora e quella attuale, dalla vocazione autoritaria e, per molti versi, grottesca nei suoi atteggiamenti nazionalisti e identitari.
Il partito nazional-populista Pis è al potere dal 2015 e nella sua azione di governo una delle prime mosse è stata quella di ridurre drasticamente gli spazi della democrazia, esattamente come è accaduto in Ungheria nell’ambito dell’informazione pubblica.
Quello che è stato principalmente minato è l’indipendenza della magistratura, tassello fondamentale di qualsiasi sistema democratico: infatti l’età pensionabile dei giudici è stata abbassata da 70 a 65 anni e inserito, al posto dei pensionati, un personale fedele al partito. Ovviamente non è stata la sola procedura messa in atto da “Diritto e Giustizia”: nel 2016, infatti, sono stati estesi i poteri della polizia fino a renderla immune da procedimenti penali.
Dal 2015, inoltre, sono state vietate decine di manifestazioni e sono stati intimiditi e sanzionati diversi manifestanti che hanno partecipato a raduni pacifisti.
Per quanto riguarda i diritti civili invece è stato fortemente ostacolato l’accesso alle procedure di aborto legale per perseguire una politica natalista che invita le giovani coppie a fare molti figli. Una politica demografica inseguita non per fare funzionare lo Stato sociale, ma per mantenere la Polonia “bianca e cattolica”. Il flusso mondiale di migranti spaventa un Paese storicamente chiuso nei confronti dell’altro: gli unici ad essere accettati sono i vicini ucraini con i quali si condivide un sentimento antirusso.
In questo quadro il retaggio storico ha un peso eminentemente evocativo: il nemico è la democrazia considerata liberale e corrotta e gli immigrati sono visti alla stregua di una minaccia che incombe, come se fossero un esercito armato il cui è obiettivo è annientare le popolazioni locali europee.
Quando si pensa alla democrazia, tendenzialmente, si pensa che questa funzioni in condizioni di benessere economico del paese: negli ultimi 25 anni la Polonia ha conosciuto uno sviluppo costante, restando indenne dalla crisi del 2008. Il caso polacco dimostra quanto sia pericoloso ridurre i valori della democrazia a un semplice indice numerico perché nonostante sia la sesta economia in Europa sembra allontanare gli ideali liberali.
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