Sono oltre 10 mila le persone che ogni giorno dall’ottobre del 2022 al settembre del 2023 hanno raggiunto la frontiera tra Messico e Stati Uniti nel tentativo di varcarla illegalmente. Si tratta di un dato che registra un aumento di migranti irregolari pari al 71 per cento rispetto all’anno fiscale precedente.
A livello globale, quello tra Messico e Stati Uniti è uno dei percorsi più frequentati da coloro che lasciano il proprio Paese per motivi di ordine economico e sociale, in cerca di una prospettiva di vita migliore all’estero. Secondo i dati della US Costums and Border Protection, nel 2023 gli agenti federali hanno intercettato circa 2,5 milioni di migranti al confine meridionale.
La reazione Usa
Nel tentativo di far fronte a questa crisi umanitaria, il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken il 27 dicembre 2023 ha incontrato a Città del Messico il Presidente messicano Andrés Manuel López Obrador.
Il bilaterale, incoraggiato dall’aumento della pressione alla frontiera registrato a dicembre, ha posto sul tavolo la necessità di gestire il fenomeno di comune accordo tra i due Paesi. In particolare, Washington ha chiesto al governo latinoamericano di adottare misure urgenti per bloccare i migranti in transito e disincentivarne il flusso verso nord.
Punto nevralgico della politica interna americana dagli anni ’90 a oggi, la questione migratoria si è intrecciata negli ultimi mesi a decisioni di carattere geopolitico. I repubblicani, maggioritari nel Parlamento americano, hanno infatti legato l’approvazione di nuovi aiuti militari all’Ucraina a un pacchetto di restrizioni verso coloro che tentano di attraversare irregolarmente la frontiera.
A complicare lo scenario, nel novembre del 2024 gli americani saranno chiamati alle urne per votare il loro presidente. Nello scontro tra democratici e repubblicani, il tema della gestione dei migranti provenienti dal Messico avrà un ruolo decisivo nell’orientare l’opinione dei cittadini.
Una rotta mortale
Venezuela, Honduras, Messico, El Salvador: ecco i Paesi da cui provengono i migranti diretti negli Usa. Il percorso verso il sogno americano, però, è tra i più pericolosi a livello globale.
Nel 2022 l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (Oim) aveva segnalato questa rotta come la più pericolosa in assoluto, con almeno 686 persone morte e disperse nel tentativo di raggiungere la frontiera statunitense. Dato che arriva a 8201 unità se si considerano i decessi registrati a partire dal 2014, quando prese inizio il Missing Migrants Project dell’Oim.
Il tragitto verso nord presenta infatti diverse insidie. Oltre alle difficoltà legate al freddo e alla fame, i migranti devono far fronte alle intimidazioni di bande armate presenti in vari punti del cammino. Non sono rari episodi di stupri ed estorsioni. In particolare, nota per l’alto grado di insidie di questo tipo è la selva di Darien. Si tratta di una zona al confine tra Colombia e Panama piagata dal traffico di esseri umani.
Gruppi criminali esercitano il proprio dominio anche sulla Bestia, un treno merci sfruttato da molti migranti per varcare la frontiera Usa. Le centinaia di sudamericani che ogni giorno salgono sui vagoni del mezzo sono vittime di violenze commesse da narcotrafficanti e delinquenti di ogni genere.
Per settimane viaggiano a bordo del treno in condizioni disumane, dove l’igiene e la sicurezza non trovano posto. Spesso capita che qualche passeggero non arrivi a destinazione, perché gettato giù dalla Bestia o ucciso.
La proposta di Biden
L’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, basa parte della sua campagna elettorale sul tema immigrazione. Il presidente è in carica dal 2021 e, secondo le iniziali promesse, le sue politiche migratorie avrebbero dovuto distaccarsi completamente da quelle del suo predecessore, Donald Trump. Come si sa, però, le promesse non sempre vengono attese.
Facciamo un passo indietro. Biden, democratico e 46esimo Presidente degli Stati Uniti, si era candidato alle elezioni con una proposta rivoluzionaria sul tema. L’obiettivo era quello di eliminare la legislazione in vigore di Trump.
Tale legislazione, che rientrava dentro il pacchetto di leggi denominato Titolo 42, aveva tolleranza zero nei confronti dei flussi migratori e si rivelava severissimo rispetto alle espulsioni dal paese. Oltre a ciò, si era dato da fare per l’allungamento del famigerato muro tra Messico e California.
Da parte sua, nei quattro anni al governo Biden non è riuscito realmente a monitorare l’immigrazione clandestina negli Usa. E l’introduzione del suo piano, l’Humanitarian Parade, non ha dato i frutti sperati.
Questo piano prevedeva l’ingresso di 30.000 persone al giorno provenienti da paesi considerati a rischio, come Venezuela, Cuba, Haiti, Nicaragua. A causa dei numerosi moduli cartacei da compilare e presentare alla frontiera, però, il processo di richiesta di asilo ha conosciuto ritardi e rallentamenti in moltissimi casi.
L’Humanitarian Parade non ha quindi svolto il compito che il Presidente in carica si era proposto. Il risvolto negativo che hanno avuto i buoni propositi dell’amministrazione Biden si possono ricondurre a due motivazioni.
La prima è che i fondi già stanziati da Trump, per la costruzione del muro, non potevano essere bloccati. La seconda è una problematica presente all’interno del parlamento americano, dove l’ala Repubblicana e l’ala Democratica non sono riuscite a collaborare su molti temi sociali.
La retorica di Trump
“Build the Wall”, “Costruire il muro”. Tutti ci ricordiamo lo slogan che ha permesso a Trump di arrivare al vertice degli Usa nel 2017. È stato il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America, dal 2017 al 2021. D’accordo o meno con la politica di Donald Trump, è innegabile che la sua campagna elettorale, ma anche gran parte del suo operato governativo, si siano concentrati severamente sulle politiche migratorie dello stato. Tolleranza zero, questa la visione di base che stava ai principi del pacchetto legislativo Titolo 42.
Il Titolo 42, criticatissimo a livello globale, aveva come obiettivo quello di gestire l’immigrazione illegale. Ma soprattutto quello di bloccare definitivamente i flussi migratori in direzione degli Usa. Come principi vi erano i seguenti: espulsione di qualsiasi straniero non registrato legalmente negli Usa, espulsione diretta di stranieri accusati legalmente per qualche reato, dispiegamento di forze dell’ordine al confine con il Messico, allungamento del muro alla frontiera tra Messico e California.
Un problema ancora irrisolto
La politica trumpiana può anche funzionare in termini numerici, ma la realtà è che va contro ogni principio umanitario che dal 1948 si pone come base nei paesi civilizzati. La politica migratoria di Trump ha aumentato la marginalizzazione delle comunità sudamericane, islamiche, ebraiche all’interno del paese.
E non ha realmente gestito gli ingressi illegali. Non essendo praticabile la possibilità di accedere al paese legalmente, infatti, l’unico modo per evadere dai propri contesti era proprio quello di provare a passare la frontiera illegalmente.
Oltre alle critiche mosse a Trump a livello internazionale, il suo Titolo 42 non sta dando un risvolto positivo alla problematica dei flussi migratori, che interessa gli Stati Uniti dagli inizi del Novecento.
A cura di Alessandro Dowlatshahi e Francesca Neri