Quanto costa agli Usa il supporto militare agli alleati

Il futuro degli Stati Uniti come superpotenza si gioca su più fronti. Da Gaza a Kiev, Washington distribuisce il suo arsenale economico e militare con un occhio sempre rivolto agli alleati dell’Indopacifico, consapevole che un uso eccessivo di risorse potrebbe risultare fatale nella competizione globale con Pechino. Una sfida complessa per Joe Biden che, imbrigliato in una campagna elettorale in cui il peso della questione militare sarà cruciale, dovrà destreggiarsi tra Medio Oriente, Asia e un fronte interno sempre più insofferente alle ambizioni internazionali della Casa Bianca.  

Tel Aviv-Washington: una partnership da 70 miliardi di dollari

L’operazione Diluvio Al Aqsa, lanciata da Hamas lo scorso 7 ottobre, ha riportato il conflitto mediorientale al centro dello scacchiere globale e rilanciato il ruolo di Washington nella regione. Alleati storici di Tel Aviv, gli Stati Uniti hanno offerto e continuano a offrire il loro supporto in chiave anti-iraniana. L’obiettivo è infatti rinforzare il ruolo di Israele come potenza regionale e limitare la zona di influenza del regime degli ayatollah.

Secondo un’analisi pubblicata dal Washington Post, negli ultimi venti anni la partnership militare tra i due Stati ha raggiunto la cifra record di 70 miliardi di dollari, attestandosi al 32% del budget totale destinato al supporto militare estero. Israele è la seconda nazione, dopo l’Afghanistan, con il 50% del totale,  ad aver guadagnato di più dal legame con gli USA. A completare il podio c’è l’Iraq, che ha ricevuto circa il 15% del budget.

Israele e Stati Uniti sono alleati strategici che collaborano fin dalla nascita dello Stato ebraico

La partnership si è ovviamente rafforzata negli ultimi mesi di guerra con Hamas. I trasferimenti più notevoli riguardano  mille bombe a piccolo diametro, 312 missili Tamir per il sistema di difesa Iron Dome, 1800 bombe JDAM, più di 10mila granate e 1 milione di munizioni per le mitragliatrici. Inoltre, il 9 dicembre Biden ha aggiunto un fondo di emergenza da oltre 106 milioni di dollari per l’acquisto di 14mila proiettili anti carri armati.

USA-Ucraina: stop alla pioggia di risorse

Dall’inizio dell’invasione lanciata da Putin nel febbraio del 2022, gli USA hanno speso il 97% delle risorse disponibili destinate al supporto dell’Ucraina. Il totale ammonta a circa 44 miliardi di dollari di assistenza militare. Mentre, inserendo nel bilancio i supporti economici e umanitari, si arriva alla vertiginosa cifra di 113 miliardi di dollari solamente nel 2022. Di più di quanto richiede annualmente la gestione del ministero degli Interni della Casa Bianca.  

Ora però la situazione è diversa. L’ultima visita di Volodymyr Zelensky a Washington è stata definita come «tinta di disperazione» dalla BBC. Vicino all’esaurimento delle risorse belliche, il leader ucraino ha tentato prima di convincere il Congresso americano a continuare a supportare Kiev e poi ha incontrato Joe Biden in un bilaterale.  Zelensky sa che senza l’aiuto degli Stati Uniti perderà. Mosca ha munizioni e armamenti sufficienti per continuare a combattere, mentre la controffensiva di Kiev ha perso efficacia. Con l’inverno alle porte e l’aumento della stanchezza di Washington e  delle cancellerie europee, presto Kiev potrebbe essere costretta a sedersi al tavolo delle trattative senza un potere contrattuale adeguato.

Secondo gran parte delle agenzie americane, il fronte mediorientale e la vicinanza tra Mosca e Pechino potrebbero rendere controproducente continuare a supportare Kiev. A testimonianza di questo, il Congresso, a maggioranza repubblicana, sta tenendo sotto scacco Joe Biden. La richiesta dei parlamentari è di avere un cambio di rotta nelle politiche migratorie per approvare un nuovo pacchetto di aiuti militari per l’Ucraina.

 

A cura di Ettore Saladini

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Tondelli, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson. In futuro mi vedo come giornalista televisivo.

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