Nei recenti scontri tra Israele e Palestina le armi più utilizzate sono razzi e missili. Sistemi dalla gittata e potenza variegata, tutti caratterizzati da un’alta letalità. Per far fronte al tiro palestinese, le IDF (Israeli Defence Forces) hanno sviluppato diversi sistemi intercettori. Individuare, seguire, distruggere: questa la sequenza seguita dai moderni strumenti della difesa aerea di Tel Aviv. Due in particolare sono il fiore all’occhiello dello stato ebraico: «Iron Dome» e «David’s Sling». Ma cosa sono di preciso? E come funzionano?
Una cupola di ferro
Nonostante il conflitto tra Palestina e Israele non conosca una fine, l’idea di base è sempre stata di limitare le possibili escalation. Nella maggioranza dei casi, la violenza è una conseguenza di attacchi contro obiettivi israeliani. Per questo, la soluzione all’accendersi del conflitto è impedire che gli ordigni nemici raggiungano il bersaglio, mietendo vittime. Dal 2011 è quindi attivo un sistema missilistico chiamato «Iron Dome» (letteralmente «Cupola di Ferro»). Pur essendo tecnologicamente molto complesso, il suo scopo è semplicissimo: individuare e intercettare gli ordigni nemici in pochi secondi, distruggendoli in volo evitando danni a cose e persone.
Sviluppato per colpire obiettivi con un raggio dai 4 ai 70km, «Iron Dome» è stato progettato e prodotto dall’azienda israeliana Rafael Advanced Defence Systems. Il sistema è composto da tre parti: il radar di scoperta e tracciamento bersagli, il centro controllo e gestione di combattimento e l’unità di lancio dei missili. Ogni lanciatore contiene fino a 20 armi, lunghe tre metri e con un diametro di 16 centimetri.
«Iron Dome» si è dimostrato efficacissimo, con oltre il 90% dei bersagli effettivamente abbattuti. Israele schiera al momento 10 batterie, ma l’idea è di acquisirne altre cinque (anche per l’impiego a bordo delle corvette classe Sa’ar 6).
Una fionda di fuoco
Cosa succede se l’ordigno avversario è troppo lontano da una batteria «Iron Dome»? Le IDF hanno progettato un sistema di difesa a più livelli: se la prima linea fallisce, una seconda è subito pronta a intervenire. Colonna portante di questa è il complesso missilistico «David’s Sling» (traducibile con «Fionda di Davide», in riferimento all’episodio biblico della lotta del giovane ebreo con il gigante Golia).
Entrato in servizio nel 2017, il sistema è stato sviluppato da Rafael Advanced Defence Systems in collaborazione con l’azienda americana Raytheon. Formato da due stadi, un booster a propellente solido e il missile vero e proprio, l’arma è progettata per intercettare bersagli aerei, ordigni balistici e proiettili d’artiglieria a una distanza compresa tra i 70 e i 250km.
Attualmente l’aviazione israeliana impiega due batterie, più che sufficienti a coprire l’intero territorio nazionale. «David’s Sling» è un sistema avanzatissimo, dotato di sensori in grado di distinguere il bersaglio reale dai cosiddetti decoy, piccoli corpi che aerei e missili balistici possono rilasciare per confondere le armi avversarie. La tecnologia di guida, per garantire questa capacità, è basata su due differenti rilevatori a raggi infrarossi. La testata finale, poi, è realizzata in maniera vagamente asimmetrica, che facilita manovre strettissime nelle fasi finali di approccio al bersaglio.
«David’s Sling» è attualmente uno dei migliori intercettori antibalistici in circolazione. Il 5 aprile 2023 la Finlandia lo ha selezionato come nuovo sistema di difesa ad alta quota. Anche la Svizzera, diversi paesi arabi e l’India hanno in questi anni dimostrato un certo interesse.
Futuro fantascientifico
Con il proseguire delle tensioni tra Palestina e Israele le IDF continuano il loro infinito cammino di modernizzazione. Ormai ben coperti sulle medie e lunghe distanze, gli israeliani sentono ora la necessità di un sistema di difesa a corto raggio, in grado di abbattere missili indirizzati in punti troppo vicini ai siti di lancio «Iron Dome» e «David’s Sling». In loro soccorso arriva la fantascienza. La soluzione potrebbe essere un cannone laser.
Non parliamo di qualcosa uscito direttamente da Star Wars. In gergo tecnico si parla di directed-energy weapon. Questi sistemi convogliano un’altissima quantità di energia su uno specifico punto del bersaglio, causandone l’immediata distruzione. Con la sola necessità di una connessione alla corrente elettrica (o a un generatore), queste armi hanno un costo di utilizzo irrisorio, oltre a non presentare un limite massimo (almeno a livello temporale) di spari.
Israele ha iniziato nel 2014 lo studio di una sua directed-energy weapon, che sarà operativa entro il 2024/25. Il progetto è denominato «Iron Beam» («Raggio di Ferro») ed è in grado di produrre un’energia superiore a 100kW. Nel futuro è prevista anche la sua installazione su unità navali. Il dispiegamento del sistema consentirà di estendere le capacità difensive delle IDF, coprendo definitivamente anche gli ultimi spazi vulnerabili agli attacchi palestinesi.