Aprono i seggi in Russia. Da venerdì 15 a domenica 17 marzo si gioca la partita per il Cremlino. Una corsa che però ha già il suo vincitore. Più che un’elezione democratica, infatti, si tratterà di un plebiscito che riconfermerà per la quinta volta Vladimir Putin come presidente. Insomma, una grande operazione di propaganda in uno dei momenti più delicati della sua reggenza, che – direttamente o indirettamente – va avanti dal 1998. I risultati saranno resi noti la notte tra domenica e lunedì.
Tra hacker e voto di scambio
In una Russia che aggredisce i Paesi vicini e uccide i nemici politici, i principi democratici sono ormai un miraggio. Qual è dunque il senso di aprire al voto i 17 milioni di chilometri quadrati di territorio? L’obiettivo è duplice, e guarda in due direzioni opposte.
In primo luogo, per quanto riguarda la politica interna, riconfermare l’immagine di Putin come l’incarnazione di sicurezza e stabilità per il Paese. Soprattutto dopo il fallimento del blitzkrieg in Ucraina, che ha portato a repressioni del dissenso e migliaia di morti al fronte. In secondo luogo, guardando al di fuori dei confini, il Cremlino ha bisogno di dimostrare che il sostegno dei 150 milioni di russi non è venuto meno.
E se nel 2018 il conteggio ufficiale (ma vero?) delle preferenze in favore di Putin recitava 56 milioni, è probabile che questa volta si alzi ulteriormente l’asticella. Anche questa una semplice strategia politica per dimostrare ‘con i fatti’ che il supporto non solo non diminuisce, ma aumenta di mandato in mandato. Secondo il New York Times, per garantire il raggiungimento di questo obiettivo, alcuni seggi elettorali promettono regali (legna da ardere, elettrodomestici, ecc) in cambio del voto. E continua l’operazione di schermaggio di siti che non cibino i loro utenti della propaganda pro-putiniana.
Chi sono i candidati fantoccio
Non è un caso che i tre altri candidati oltre l’attuale presidente siano membri della Duma, il parlamento di Mosca, e sostengano posizioni del tutto allineate con Piazza Rossa. Dall’invasione dell’Ucraina alla limitazione dei diritti degli omosessuali.
Nikolai Kharitonov, 75enne del Partito Comunista, fu già candidato nel 2004. E anche allora, vent’anni fa, perse contro Putin. Vladislav Davankov del Partito della Nuova Gente, il più giovane dei concorrenti con i suoi 40 anni, ha tenuto una posizione duplice negli ultimi 24 mesi. Sotto l’egida del suo proclamato liberalismo, anche le richieste di una pace con Kiev si sono spente dietro a un sostegno totale delle politiche putiniane. Da ultimo Leonid Slutsky, 56 anni del Partito Liberal Democratico, che ha già messo le cose in chiaro: non mobiliterà gli elettori contro il presidente.
Quattro candidati per un posto già assegnato. Nessuna possibilità di un risultato a sorpresa. Tutti i politici che hanno manifestato posizioni anti-guerra sono stati arbitrariamente esclusi dalla corsa. E nei diversi seggi sarà permesso l’ingresso di osservatori indipendenti (i cosiddetti monitors) solo previo assenso da parte dei candidati. Dopo aver esteso la durata del mandato da quattro a sei anni nel 2018 e aver azzerato d’ufficio il numero dei suoi mandati nel 2020, Putin potrebbe rimanere in carica fino al 2036. Ben più dei 29 anni, primato registrato dal 1924 al 1953 da Josip Stalin.
Novità e contestazioni
Due sono le grandi novità delle elezioni russe. I seggi saranno aperti anche nei ‘nuovi territori’: vale a dire le quattro regioni del Donbas (Donetsk, Lugansk, Zaporozhzhia e Kherson) che il 30 settembre 2022 si erano autoannesse a Mosca con un referendum non riconosciuto. Il Cremlino parla di 4.5 milioni di potenziali votanti, cifra che secondo il New York Times non è verificabile durante il conflitto. Per permettere una più ampia partecipazione alle urne, poi, da Piazza Rossa hanno deciso di implementare la modalità di voto online. Il problema? Tutti gli elettori sono inseriti in un unico grande listone, senza possibilità di distinguere da dove il voto sia stato emesso.
Gli ultimi avvenimenti, in particolare la morte del dissidente Alexei Navalny, preoccupano non poco Putin. Da qui la necessità di proibire le manifestazioni pubbliche. La Fondazione Anti-Corruzione (FBK), fondata dallo stesso Navalny, ha indetto un Noon Against Putin. Un richiamo per tutti i contestatori dell’attuale presidente ad affollare i seggi domenica a mezzogiorno. Il confronto con la polizia sarà probabilmente inevitabile. Esattamente come la vittoria, in fin dei conti, dello stesso Vladimir Putin.