Dazi, il 30% spaventa l’Ue ma si continuano le trattative

L’ottovolante dei dazi non ha ancora terminato la sua corsa che anzi sembra ancora lunga. Tra giri della morte e avvitamenti, Donald Trump impone una nuova sterzata alla politica commerciale di molti Stati. Le famose lettere con le quali il presidente Usa avvertiva i governi nazionali di imposizioni tariffarie salvo trattive sono giunte anche in Europa. Questa volta la minaccia è il 30%, con inizio al 1° agosto. Una via di mezzo tra il 50% ipotizzato dal tycoon e il 10% auspicato dall’Ue. Intanto Ursula von der Leyen spinge per una linea morbida, aperta alle trattative ancora in corso a Washington. Ma Francia e Spagna premono per uno scontro aperto e una risposta immediata.

La spaccatura dei 27

La scelta da fare ora è il modello da seguire: “cinese” o “britannico”. Il primo, auspicato da Francia e Spagna, prevede una risposta eguale alle azioni statunitensi. Per il governo di Parigi è necessario arrivare ai negoziati con una proposta seria di contromisure. L’aumento europeo dei dazi non è sufficiente e ci sono proposte per imporre limiti agli investimenti delle aziende a stelle e strisce. Il secondo, invece, è di attesa e di rappacificamento con gli Usa in attesa di più miti consigli di Trump. Germania e Italia spingono per questo approccio, soprattutto per difendere gli interessi nell’export verso gli States. Il governo italiano in un comunicato ha dichiarato di sostenere le decisioni della Commissione Europea, di confidare nella «buona volontà» delle parti a trovare un accordo vantaggioso per tutti e di voler evitare di polarizzare il dibattito. La presidente del Consiglio ha anche cercato di far valere i suoi buoni rapporti con Donald Trump per facilitare le trattative. Tattica, però, fino ad ora risultata fallimentare.

Perché le nuove lettere

Ci sono alcuni fattori che hanno spinto Donald Trump a un nuovo rocambolesco cambio di linea nell’ambito dei dazi. Da un lato c’è l’incremento delle entrate doganali. Già si sono superati i 100 miliardi di dollari e per la fine dell’anno si potrebbero toccare i 300. Cifre non ancora sufficienti per finanziare la Big Beautiful Bill, ma un importante flusso. C’è poi la questione inflazione. Nonostante i numerosi avvertimenti di economisti ed esperti del settore, il carovita negli Usa non si è ancora presentato e rimane solo un fantasma. Una conferma per Trump che quindi continua su questa strada.
Purtroppo l’Ue ha poche “carte da giocare” durante le trattative. Europei, come anche giapponesi e coreani, esportano in America 4,5 milioni di veicoli. Un settore sul quale la politica trumpiana ha puntato sin da subito e vuole rendere totalmente made in Usa. I cinesi rimangono partener fondamentali per le industrie a stelle e strisce per le forniture di terre rare e componentistica tech. Allo stesso modo del Regno Unito che produce, con Roll Royce, motori aereonautici fondamentali sia per Boeing che per il settore militare.

L’arma finale

Per il momento Bruxelles continuerà a trattare. Il pacchetto sanzionatorio da 21 miliardi è posticipato al 1° agosto, in linea con quello americano. In giornata, però, il Commissario Sefcovic illustrerà alla controparte americana un ulteriore progetto di sanzioni del valore di 70 miliardi, che potrebbe entrare in vigore già nel mese di settembre. Nello scenario peggiore, l’Ue potrebbe applicare misure molto più severe: da una web tax ai colossi digital a stelle e strisce, fino a cosiddetto “bazooka”, lo strumento contro la coercizione di Trump che potrebbe spingersi sino all’esclusione totale di aziende Usa dal mercato europeo.

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