Azerbaijan ovvero la terra “protetta dal sacro fuoco”, almeno secondo una delle versioni etimologiche tramandate nel corso della storia. Dal IV secolo a.C., in particolare, quando la regione si rese indipendente dai Seleucidi e passò sotto il controllo del satrapo Atropate. Oggi a “proteggere” il Paese attraversato dalla catena del Caucaso è Ilham Aliyev, 62enne alla guida dell’Azerbaijan dal 2003. Ereditata la carica dal padre Heydar Aliyev, presidente dal 1993 al 2003, ha vinto ben quattro elezioni. E nella giornata di mercoledì 7 febbraio ha infilato il quinto “trionfo”. Al pari delle precedenti, anche questa tornata elettorale è stata segnata da brogli, come riportato da Amnesty International.
Elezioni anticipate
Di fatto, Aliyev si è riconfermato nel suo ruolo senza grossi grattacapi. Ha totalizzato il 93,9 per cento dei consensi, su una quota di votanti pari al 76,73 per cento degli azeri totali. Le elezioni, inizialmente in programma per il 2025, sono state anticipate dal capo di Stato azero, in modo da sfruttare la popolarità conseguita con la riconquista dell’exclave armena del Nagorno-Kharabakh.
Nessuna possibilità di competere per gli altri sette candidati. A riguardo, Arif Hajili del partito d’opposizione Musavat, ha commentato la sua decisione di non gareggiare: «Molti giornalisti e attivisti politici sono in carcere. Ci sono più di 200 prigionieri politici. Ci sono gravi problemi con la legge elettorale e le commissioni elettorali sono sostanzialmente sotto l’influenza delle autorità». Un’analoga rassegnazione si legge nelle parole del leader del Fronte del popolo dell’Azerbaijan, Ali Karimli: «Queste elezioni sono un insulto alla democrazia».
Urne azere in Nagorno
Il presidente Aliyev e la moglie Mehriban Aliyeva hanno esercitato il proprio diritto di voto a Khankendi, in Nagorno-Kharabakh. Un gesto dalla forte valenza simbolica, dal momento che questa regione è stata per decenni oggetto di contesa tra l’Azerbaijan e l’Armenia. E che da gennaio, grazie a un’iniziativa militare dello scorso autunno messa in atto dal capo di Stato azero, è ufficialmente un territorio controllato da Baku. Ma che storia c’è dietro questo lembo di terra di poco più di 4 mila chilometri quadrati?
Tutto ha inizio nella primavera del 1921, quando le autorità sovietiche conferirono alla Repubblica socialista sovietica azera il controllo sulla regione del Nagorno. Nel corso dei decenni successivi, la comunità armena ha rivendicato a più riprese la sovranità su quella zona, nonostante si trovasse all’interno dei confini di Baku.
La dissoluzione dell’Urss ha modificato gli equilibri nella regione. A seguito di uno scontro armato tra le due compagini, nel 1994 il Nagorno ha ottenuto l’indipendenza de iure, non riconosciuta da alcun Paese nell’Onu. Il conflitto, però, ha lasciato strascichi enormi, marchiando con l’odio reciproco un’intera generazione. Il Nagorno è rimasto così a lungo una mina inesplosa su cui sia Baku che Erevan intendevano mettere le mani.
Questo fino al 2020, quando l’Azerbaijan è tornato nella regione con un’offensiva militare. I tre anni successivi sono stati segnati da un’escalation bellica su larga scala, che ha portato al disarmo delle truppe del Nagorno e all’esodo di migliaia di azeri alla volta di Erevan nel settembre del 2023. In seguito all’invasione, il presidente del Nagorno, Samvel Sahramanyan, ha annunciato di aver firmato un decreto che sanciva la dissoluzione della repubblica separatista del primo gennaio 2024.
Chi è Aliyev
Ilham Aliyev governa l’Azerbaijan dal 2003, dalla morte di suo padre Heydar. Questa famiglia controlla il paese caucasico dalla caduta dell’Unione Sovietica e ha raggiunto un’influenza totale nella politica interna ed estera della nazione. Nelle quattro elezioni che si sono succedute dalla morte del padre, tutte tacciate di brogli dalle opposizioni e da diverse organizzazioni internazionali, è stato eletto con percentuali stratosferiche: 76, 87, 85 e 86 per cento. La sua famiglia si è arricchita grazie agli stretti legami con le imprese statali, oltre che con il possesso di importanti quote delle principali banche azere.
Per quanto concerne la politica estera, l’Azerbaijan storicamente ha ottimi rapporti con la Turchia, paese con la quale ha affinità linguistiche, etniche e religiose. Con la Russia di Putin sono state mantenute relazioni altrettanto forti, pur con qualche differenza in politica estera, a causa del conflitto del Nagorno-Karabakh. Le autorità del Cremlino si sono ufficialmente dichiarate neutrali, ma di fatto hanno armato l’Armenia.
La diplomazia del caviale
Fin dagli inizi della sua presidenza, Aliyev ha intensificato i rapporti con l’Occidente. Proprio la sua politica equilibrista tra paesi occidentali e Russia ha garantito alla propria nazione un prestigio non indifferente. Cosa non scontata: la nazione caucasica ha un conflitto con la vicina Armenia e quindi ha bisogno di legami sia economici che politici forti e duraturi per la propria stabilità. Poco importa se questo vuol dire, in certi casi, elargire regali ad alcuni politici europei in cambio di un’immagine positiva del paese. Un esempio di “ospitalità orientale” che in realtà nasconde un’attività di lobbying.
Nonostante la situazione democratica del paese venga definita preoccupante, l’Europa si fida ciecamente di Aliyev. Questo grazie alla stabilità che il paese gode all’interno di una regione piena di conflitti. Non vanno dimenticate le notevoli riserve di petrolio e gas naturale. In un momento storico dove la Russia è soggetta a sanzioni a seguito della guerra in Ucraina, l’Europa è costretta a guardare ad altri paesi. Musica per le orecchie della famiglia Aliyev, che ha visto aumentare gli accordi per le esportazioni.
I rapporti con Israele: una singolare alleanza
L’Azerbaijan gode di eccellenti relazioni con lo Stato ebraico, una delle poche nazioni a maggioranza islamica a farlo. Durante i conflitti con l’Armenia, Aliyev ha avuto due grandi alleati militari: la Turchia e Israele. Due paesi che hanno testato i nuovi prodotti delle loro industrie militari proprio in questo conflitto.
Ma, oltre i legami militari, il paese caucasico viene accusato dal vicino Iran di ospitare basi segrete del Mossad israeliano. Basi dalle quali potrebbe partire un potenziale attacco contro obiettivi strategici, tra cui i siti utilizzati per la realizzazione della tanto discussa bomba atomica iraniana. E che Tel Aviv vuole evitare a tutti i costi. Questa alleanza si è mantenuta nonostante il recente inasprirsi del conflitto israelo-palestinese.