AUSCHWITZ-BIRKENAU, VIAGGIO NELL’ORRORE

Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria. Una ricorrenza mondiale istituita dall’ONU nel 2005 per ricordare le vittime della Shoah, ovvero del genocidio di cui furono responsabili i nazisti tra il 1933 e il 1945.
Sono numerosi gli eventi in programma in tutta Italia per celebrare il Giorno della Memoria. Milano ricorda le oltre 15 milioni di vittime dell’Olocausto con diverse iniziative: al Memoriale della Shoah in Stazione Centrale sono organizzate visite guidate, mentre al Giardino dei Giusti nel Parco di Monte Stella è possibile visitare la mostra curata dalla onlus Gariwo. A Roma sono state organizzate diverse conferenze presso l’Università Sapienza con docenti dell’ateneo e veglie memoriali da parte degli studenti. In serata, all’Auditorium Parco della Musica della Capitale si tiene il concerto per il Giorno della Memoria di Raiz e Auditorium Band che affrontano musiche attinenti al tema della Shoah e delle discriminazioni, ma anche brani composti da artisti contemporanei ebrei. In televisione, da segnalare particolarmente il programma “Binario 21” trasmesso in diretta su Rai 1 alle 20:35 con la senatrice a vita Liliana Segre, accompagnata da Fabio Fazio, che conduce gli spettatori in un viaggio all’interno del Memoriale della Shoah della Stazione Centrale di Milano.

 

Auschwitz-Birkenau, la fabbrica di morte

Auschwitz- Birkenau produsse oltre un milione di vittime. Il 90% erano ebrei, ma tra quelle mura finirono anche oppositori politici, Rom, Sinti, omosessuali e testimoni di Geova.

È necessario specificare che Auschwitz e Birkenau sono due luoghi distinti (che distano circa tre chilometri l’uno dall’altro). Facevano parte di un unico complesso che comprendeva il campo di concentramento originario di Auschwitz, il campo di sterminio di Birkenau e il campo di lavoro di Monowitz. Spesso, però, le fotografie sono attribuite indistintamente ai due luoghi facendo sembrare i diversi campi come uno unico.

Inoltre, dobbiamo distinguere i campi di concentramento (Konzentrationslager), di lavoro (Arbeitslager) e di sterminio (Vernichtungslager) per quanto, in diversi casi, le tipologie di struttura si sovrapposero: i primi e i secondi erano per lo più prigioni in cui i deportati venivano sfruttati come schiavi, mentre gli ultimi erano privi di ogni infrastruttura e finalizzati all’eliminazione fisica dei cosiddetti “inabili al lavoro”.

Giungendo nel piazzale antistante l’entrata del campo di Auschwitz si viene travolti dal silenzio. Non ci si può nemmeno avvicinare a comprendere cosa sia avvenuto oltre quel filo spinato ottant’anni fa. Ora lo varchiamo da persone libere ma in un tempo non troppo lontano dal nostro è stata l’ultima cosa che separava la libertà dalla morte.

Il filo spinato che circonda il campo e gli edifici di Auschwitz.
Foto: Andrea Di Tullio

Sembra incredibile ma ad Auschwitz sono riusciti a conservare quasi tutto. In alcuni edifici sono state allestite delle mostre, mentre in altri sono conservati i resti e le fotografie di ciò che è stato trovato dopo la guerra.

 

Cosa succedeva realmente nei campi di concentramento

In uno dei blocchi sono custodite due tonnellate di capelli tagliati alle donne non appena scendevano dai treni composti solo da carri bestiame. Ecco, così erano considerati gli esseri umani: merce da sfruttare o eliminare in fretta. Una fotografia ritrae il piazzale di Birkenau poco dopo l’arrivo di un treno. Guardie e detenuti sono impegnati a recuperare e organizzare i beni portati con sé da uomini e donne che sono stati costretti ad abbandonare nei vagoni. Ogni cosa di valore veniva acquisita ad uso del Terzo Reich.
La stessa cosa succedeva negli spogliatoi prima di entrare nelle camere a gas, o dopo, quando una squadra speciale chiamata Sonderkommando, composta da detenuti, aveva il compito di tagliare i capelli e strappare i denti d’oro ai corpi prima di portarli al piano superiore, dove venivano bruciati nei forni crematori. Shlomo Venezia, uno dei pochissimi Sonderkommando sopravvissuti, nella sua testimonianza racconta che arrivato a Birkenau aveva detto di essere un barbiere ma gli unici capelli che ha tagliato erano quelli dei corpi usciti dalle camere a gas. Il suo amico dentista invece strappava i denti d’oro che poi venivano fusi in lingotti e trasportati in Germania.

 

Il campo di sterminio di Birkenau

Il primo aggettivo che si pensa entrando nel campo di sterminio di Birkenau è “immenso”. Dal principio del cancello d’entrata quasi non si riesce a scorgerne la fine. A differenza di Auschwitz, qui quasi ogni cosa è stata ricostruita. Sulla sinistra si trovano le prime baracche costruite riservate alle donne. Sono in mattoni ma ben presto ne vennero aggiunte molte altre in legno: più economiche e più rapide da costruire e smantellare come fecero i nazisti nel momento in cui la guerra stava giungendo al termine. Sulla destra si trova invece il settore maschile, ben più numeroso e interamente composto da baracche di legno. Qui quasi tutto è stato distrutto, ma diversi “ripari” sono stati ricostruiti negli anni successivi al termine del conflitto.

Le baracche in legno circondate dal filo spinato. Birkenau
Foto: Andrea Di Tullio

 

L’interno di una delle baracche maschili a Birkenau
Foto: Andrea Di Tullio

 

Alcuni di questi edifici erano adibiti a “bagni comuni” composti solo da lunghe file di aperture dove i prigionieri dovevano espletare i loro bisogni fisici. Altre strutture erano adibite a “lavatoi pubblici” dove chi era scampato alla selezione iniziale veniva spogliato, rasato, tatuato, lavato con un getto di acqua gelata o bollente e vestito, se così si può dire, con una divisa usata “disinfettata” con il vapore e consegnata bagnata. Niente biancheria, calze, cappotto o altro indumento. Da quel momento solo un numero tedesco, vietato farsi chiamare per nome o parlare la propria lingua.

L’interno di un lavatoio pubblico a Birkenau
Foto: Andrea di Tullio

 

In fondo al lungo viale centrale dove arrivavano i treni si trovavano i quattro forni crematori con le annesse camere a gas. Questi sono le uniche strutture del campo delle quali non rimane alcuna traccia: poco prima di abbandonare il complesso, infatti, i nazisti le fecero esplodere e non vennero ricostruite dopo la liberazione. L’unica camera a gas e forno crematorio rimasti si trovano all’interno del campo di Auschwitz.

Il lungo viale di Birkenau. In fondo si trovavano i forni crematori
Foto: Andrea Di Tullio

Poco prima del terzo forno crematorio c’era la baracca dove Josef Mengele torturava centinaia di migliaia di prigionieri conducendo esperimenti dolorosi e debilitanti. Diverse delle sue vittime furono gemelli, spesso bambini e persone affette da nanismo. Molte di queste persone morirono atrocemente a causa degli esperimenti.

 

Il 27 gennaio: la giornata della memoria

L’epilogo finale dei campi di concentramento nazisti è ben rappresentato dalla villa del comandante di Auschwitz, Rudolf Höß, che si trova appena fuori il perimetro del campo. Nel giardino è stato costruito il patibolo dove il nazista venne impiccato il 16 aprile 1947 dopo essere stato condannato al processo di Norimberga.

Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, intorno alla metà del gennaio 1945, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60 mila prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra nove e 15 mila sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi incessanti della marcia.

Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz e Birkenau vengono abbattuti dall’esercito sovietico e i circa nove mila prigionieri riacquistarono la libertà. Nonostante gli ultimi campi di concentramento furono liberati soltanto nel maggio seguente, la data del 27 gennaio ha assunto col tempo un significato simbolico: la fine della persecuzione del popolo ebraico.

Nel 1979 il campo di Auschwitz è diventato patrimonio dell’umanità protetto dall’UNESCO.

Il 1° novembre 2005, in occasione del 60esimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato ufficialmente il 27 gennaio Giornata Internazionale in memoria delle vittime dell’Olocausto. La risoluzione ONU si aggiunge ai numerosi Paesi che avevano già istituito giornate commemorative nazionali il 27 gennaio, tra cui la Germania (1996), l’Italia (2000) e il Regno Unito (2001).

Durante la commemorazione della Giornata della Memoria al memoriale di Auschwitz di quest’anno, non sono stati invitati i rappresentanti russi in seguito all’aggressione russa contro l’Ucraina. Lo fa sapere il sito museale: «Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione di quest’anno dell’anniversario della liberazione di Auschwitz»  ha detto il portavoce del museo Piotr Sawicki.

Il principale ideatore del nazionalsocialismo, Adolf Hitler, non presenziò mai in nessun campo di concentramento e sterminio.

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