L’Antartide continua ad essere territorio di conquista italiano. Dopo che il 31 gennaio la nave rompighiaccio Laura Bassi ha toccato il punto più a sud mai raggiunto da un’imbarcazione, ora arriva un’altra importante scoperta per mano dei nostri connazionali. Nel ghiacciaio di Boulder Clay, vicino alla Stazione scientifica Mario Zucchelli, sono state rinvenute delle brine ipersaline. Si tratta di un ambiente unico nel suo genere caratterizzato da funghi e batteri che potrebbe avere risvolti negli studi spaziali. La ricerca, condotta dall’Istituto di scienze polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Messina (Cnr-Isp), potrebbe infatti fornire indizi riguardo la vita su Urano e Nettuno.
La ricerca
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports nell’ambito del progetto Ipeca coordinato dall’Università di Trieste, in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese, l’Università di Perugia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e la Libera Università di Bolzano. Il progetto, promosso nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra) finanziato dal Mur e coordinato dal Cnr per le attività scientifiche e dall’Enea per l’attuazione operativa delle spedizioni, ha consentito di indentificare delle brine endoglaciali.
«Abbiamo rinvenuto brine ipersaline all’interno dei ghiacci di questa zona antartica che, per la loro diversità microbica e geochimica, determinano un habitat unico rispetto alle brine finora studiate in quell’area. – osserva Angelina Lo Giudice, ricercatrice del Cnr-Isp – Questa diversità di microrganismi è la probabile conseguenza di una progressiva concentrazione di acqua marina nelle masse ghiacciate, che iniziò a verificarsi già in epoche remote».
Le somiglianze con l’ecosistema delle Blood Falls
L’ecosistema è molto simile al fenomeno delle “cascate di sangue“, chiamate così per via della colorazione rossa, trovate alle Blood Falls nelle Dry Valleys dell’Antartide orientale. In questo ambiente è presente un sistema idrologico di brine ipersaline all’interno del ghiacciaio Taylor. L’effetto sangue si origina in un lago salato sotterraneo, dove è presente una grande quantità di ferro che quando entra in contatto con l’aria si ossida.
«In questi habitat particolari, l’elevato contenuto di sale nel ghiaccio fa sì che le brine si mantengano allo stato liquido. – spiega Maurizio Azzaro, ricercatore del Cnr-Isp e coordinatore scientifico della 38esima spedizione italiana in Antartide – Questo ci fa ipotizzare che ci possano essere crioecosistemi simili anche in altre aree terrestri dove sono presenti ghiacciai». Queste tematiche, spesso considerate pionieristiche, sono studiate da parecchi anni dall’Istituto. «L’obiettivo delle ricerche è quello di acquisire maggiori informazioni sulla vita microbica in condizioni estreme, perché la nostra idea è che possano esistere crioecosistemi anche sui pianeti cosiddetti ghiacciati, ad esempio come Urano e Nettuno». Se l’ipotesi si rivelasse corretta, si parlerebbe di una scoperta epocale che potrebbe cambiare la nostra visione dello Spazio.