La Difesa comune sembra solo più una bella dichiarazione di intenti. Dopo mesi di richiami all’unità e alla cooperazione anche industriale tra i 27 membri dell’Unione Europea, un nuovo tassello arriva a scardinare le parole con i fatti. L’11 giugno, con due comunicati stampa, i colossi militari KNDS e Leonardo hanno annunciato la rottura dei negoziati per una partnership strategica per la produzione di carri armati. Le ricadute sono un chiaro segnale di quanto sia lunga la strada verso l’integrazione europea.
Tentativo di accordo
Tutto inizia nel dicembre 2023. Rispondendo alle esigenze dell’Esercito Italiano, che chiede da tempo nuovi e più moderni carri armati e veicoli da combattimento per la fanteria, il gruppo Leonardo (ex-Finmeccanica) si attiva alla ricerca di partner. La scelta ricade, di concerto con il Ministero della Difesa, sulla joint-venture franco-tedesca KNDS.
Il colosso mitteleuropeo è il produttore del veicolo selezionato da Roma per le sue unità corazzate, il Leopard 2 A8. Viene firmata una lettera di intenti e iniziano i negoziati. L’Italia, dal canto suo, chiede di poter produrre parte delle componenti del carro armato negli stabilimenti di Leonardo (si parla della torretta e dell’elettronica, in parte da sostituire con elementi nostrani), lasciando a KNDS lo scafo e il motore.
Il no di KNDS
È qui che iniziano i problemi. I franco-tedeschi non vogliono cedere le linee produttive. Per loro il carro, adottato da 18 Paesi europei, è già perfetto così. Dunque nessuna modifica, se non marginale, e produzione tutta in Germania. Il braccio di ferro è andato avanti fino a giugno, quando i due consorzi hanno annunciato la fine delle trattative. Inaccettabile per uno Stato come l’Italia, con una lunga e eccellente tradizione nell’industria militare, rinunciare a rilanciare il settore terrestre nei propri stabilimenti. Soprattutto considerando che alla Norvegia, che pure ha adottato il Leopard 2 A8, è stato concesso di produrlo sul proprio territorio e con una serie di modifiche particolari.
La vera posta in gioco
In realtà, a pesare sul piatto è stato anche un altro programma, questa volta futuro: l’MGCS (Main Ground Combat System), il nuovo carro armato che KNDS sta studiando per il continente, con entrata in servizio attorno al 2040. Da anni l’Italia tenta di inserirsi nella fase progettuale, ma Parigi e Berlino chiudono: vogliono essere loro, e loro soltanto, a immaginare e produrre il nuovo mezzo. Che, pubblicamente, presentano come “europeo”, per tutti, ma che deve essere in realtà solo un prodotto da vendere a destra e a manca.
L’ingresso di Roma nel consorzio, pur portando un grosso know-how tecnologico, avrebbe diluito i profitti. Per questo, sin dall’inizio, è stata tenuta fuori con la scusa della poca dimestichezza nell’industria militare terrestre pesante. Il contratto di produzione del Leopard avrebbe eliminato questo problema, aprendo le porte dell’MGCS al nostro Paese.
Danno economico e programmatico
Piccole parzialità capitalistiche, si potrebbe dire. Possibile, ma si tratta comunque di gravi problemi per un’Unione Europea che professa l’unità d’intenti e la cooperazione anche in ambito militare. Per non parlare del valore economico effettivo. Solo per i nuovi carri armati l’Italia ha stanziato oltre 8 miliardi di euro, ma il programma completo, che include il nuovo veicolo da combattimento per la fanteria AICS (Armored Infantry Combat System), ammonta a quasi 20 miliardi.
La luce in fondo al tunnel
E ora? Formalmente il contratto Leopard 2 A8 è ancora in vigore, ma è improbabile che si proceda alle condizioni di KNDS. Piuttosto, Leonardo è già alla ricerca di nuovi partner. La scelta più ovvia sembra ricadere su un’altra tedesca, Rheinmetall, con cui l’Italia già collabora. La storica azienda ha presentato, un anno fa, un nuovissimo carro armato: il KF-51 Panther. Anche se ancora in fase di prototipo, il veicolo è il più moderno al mondo nella sua categoria. Di conseguenza è stato anche studiato un veicolo per la fanteria, il KF-41 Lynx.
Entrambe le soluzioni sono altamente sofisticate, molto più recenti di quelle KNDS (in fondo il Leopard 2 è stato progettato negli anni ’70) e garantirebbero maggiore competitività su un arco di tempo decisamente più lungo. Infine, Rheinmetall sembra più propensa a concedere le licenze di produzione: lo ha già fatto con l’Ungheria, che acquisterà il KF-51. In definitiva, all’Italia potrebbe essere andata bene. Quanto allo sviluppo di un’industria della difesa europea unitaria, la strada sembra invece ancora molto lunga e in salita.