L’agenzia Moody’s ha comunicato in tarda serata il 17 novembre la conferma del rating del debito pubblico italiano a Baa3. Scongiurata l’ipotesi della valutazione junk, o “spazzatura“.
Soddisfatto il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti: «È la conferma che stiamo operando bene per il futuro dell’Italia».
Nel frattempo altre due notizie hanno dominato la giornata: il tasso d’inflazione europeo aggiornato a ottobre e le ultime dichiarazioni della presidente della Banca centrale europea (Bce) Christine Lagarde.
Inflazione europea di ottobre
Il 17 novembre sono stati anche diffusi gli attesissimi nuovi dati sull’indice dei prezzi al consumo annuale dell’Ue aggiornati al mese di ottobre. Le previsioni parlavano di un calo deciso, dal +4,3% al +2,9%. Diminuzione che è stata centrata in pieno, complici anche le politiche restrittive della Bce sui tassi d’interesse, ai massimi storici ormai da mesi.
Deciso e decisivo il calo del costo dell’energia, che tocca il -11,2%. In controtendenza invece l’aumento di cibo, alcolici e tabacco, adesso più costosi del 7,4%. Il traguardo del 2% sembra vicino, e con esso dovrebbe terminare la morsa dei tassi decisa dalla Bce.
L’indice dei prezzi al consumo (IPC) misura il rincaro dei beni e servizi di consumo. Indica di quanto gli acquirenti devono aumentare o diminuire le loro spese sui singoli articoli per mantenere lo stesso volume di prodotti comprati, a dispetto delle variazioni dei prezzi.
Lagarde: «Serve una Sec europea»
Christine Lagarde ha parlato in mattinata, affrontando molte tematiche economiche calde. A partire dall’esigenza per l’Europa di munirsi di un ente simile alla SEC americana. L’acronimo richiama la Securities and Exchange Commission, l’ente federale statunitense che si occupa della vigilanza delle borse valori.
L’Europa, ha affermato Lagarde, deve affrontare tre grandi sfide: il fenomeno della deglobalizzazione, l’invecchiamento demografico e la decarbonizzazione del sistema economico: «Ci stiamo avvicinando a un punto di svolta demografico», ha dichiarato. Inoltre «l’impatto dei disastri climatici aumenta ogni anno, così come la necessità di azioni a favore del clima».
«Sono necessari ingenti investimenti in un breve lasso di tempo. Il momento di agire è adesso. Quindi incoraggio tutti noi ad essere audaci e a non lasciar passare questo momento», ha concluso Lagarde.
A cosa serve il rating delle agenzie
L’agenzia Moody’s adesso valuta il debito italiano a Baa3, solo un gradino sopra il livello “spazzatura” (o junk). Un declassamento avrebbe conseguenze negative, con lo spread Btp-Bund che secondo Barclays potrebbe arrivare a testare i 250 punti base dai 175 attuali.
Il rating delle quattro grandi agenzie (Moody’s, Fitch, S&P e Dbrs) serve a dare indicazioni sulla valutazione del rendimento di titoli obbligazionari del costo del debito per gli emittenti. In altre parole, più è alta la valutazione delle agenzie, più è considerata affidabile la nazione che eroga i Titoli di Stato, portando a migliori condizioni di emissione e interessi più vantaggiosi.
Una valutazione junk da più di tre delle quattro grandi agenzie porta alla vendita automatica delle obbligazioni dello Stato, nel nostro caso l’Italia, che verrebbe inserita nel gruppo dei Paesi ad alto debito e ad alto rischio e renderebbe l’investimento in titoli di Stato italiani “speculativo”.
Molti fondi di investimento sarebbero a questo punto forzati dai loro statuti a svendere i titoli italiani in portafoglio. Ciò perché il nostro debito cadrebbe al di sotto del livello di sicurezza che i fondi cercano di garantire ai clienti.
Cosa dicono le altre agenzie di rating
Tutte e 4 le agenzie internazionali hanno al momento confermato il rating BBB dell’Italia. Il 20 ottobre S&P ha mantenuto il giudizio a BBB con outlook stabile, evidenziando l’equilibrio tra consolidamento di bilancio lento e sostegno dai fondi UE.
Il 27 ottobre Dbrs ha confermato il rating BBB high con trend stabile, citando l’impatto positivo del Pnrr e del Mes nei prossimi anni. Infine, il 10 novembre Fitch ha confermato il BBB con outlook stabile, nonostante il debito al 140% del PIL contro una media del 54,9% per i Paesi BBB.
Gli analisti rimangono scettici sul declassamento. Le condizioni indicate da Moody’s per abbassare il rating (rallentamento della crescita, aumento del deficit, calo nell’attuazione delle riforme) non si sono ancora verificate.
Le agenzie sono concordi nell’affermare che il governo Meloni debba proseguire sulla strada della prudenza di bilancio, come dimostra la manovra 2023, per scongiurare i rischi di downgrade e mantenere inalterata la fiducia dei mercati.