L’industria della moda è in allarme rosso a causa della pandemia. Se i negozi rimarranno chiusi per due mesi, l’80% delle società di moda quotate in borsa in Europa e in Nord America sarà in grave difficoltà finanziaria. Non solo: a livello globale un gran numero di aziende potrebbe fallire nei prossimi 12-18 mesi. I fashion leader di tutto il mondo stanno ora gestendo la crisi di un’industria con un fatturato globale di 2,5 trilioni di dollari. Ma intanto, lanciano anche uno sguardo al futuro: questo potrebbe essere il momento migliore per riformulare il settore della moda, a cominciare dalle abitudini dei consumatori.
A fornire questi dati e a fare una previsione su quello che accadrà al business della moda, è il report The State of Fashion 2020, pubblicato l’8 aprile dal Business of Fashion (BoF), sito conosciuto in tutto il mondo per le sue analisi nel settore. Il documento, realizzato in collaborazione con McKinsey & Company, analizza i dati raccolti attraverso interviste e sondaggi condotti su più di 1400 professionisti del settore e oltre 6mila consumatori.
La situazione in Italia
L’Italia è il primo Paese in Europa per la produzione del tessile, dell’abbigliamento e degli accessori, ed è anche il primo produttore al mondo di moda del lusso. A causa dal virus, l’eccellenza del Made in Italy è a rischio. Per questo motivo, Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), il 19 marzo ha inviato al governo un documento con una serie di proposte a sostegno della seconda industria del Paese.
Nel testo, Capasa chiede di inserire il settore della moda tra quelli maggiormente colpiti da Covid-19, al pari di turismo e trasporti. A questo, si aggiunge anche la richiesta di riaprire le aziende entro il 20 aprile, perché altrimenti «non avremo i tempi tecnici per consegnare le produzioni moda autunno/inverno che vanno inviate entro luglio in tutto il mondo. Non potremo produrre le collezioni primavera/estate 2021 per la vendita di giugno che dovrà essere fatta anche a distanza agli addetti ai lavori», continua Capasa nella lettera.
I cinque temi del report
Cosa succederà alle aziende: istinti di sopravvivenza e shakeout darwiniano
Il coronavirus porterà l’industria della moda ad una “selezione naturale”, come quella teorizzata da Darwin per la sopravvivenza della specie: la crisi scuoterà le aziende più deboli, rafforzerà quelle forti e accelererà il declino di chi già da prima stava lottando. Adattamento e resilienza saranno le nuove parole d’ordine.
Questo significa che, per garantirsi un futuro, le aziende dovranno adattare i loro modelli operativi al nuovo mercato. Per farlo, le società di moda dovranno ricorrere ad interventi mirati a rafforzare il proprio core business, prima di mettersi alla ricerca di nuovi mercati e strategie. Inoltre, la ripresa dalla pandemia coinciderà con un mercato recessivo, caratterizzato da una discesa dei consumi e da un rallentamento della produttività.
Le nuove abitudini dei consumatori: discount mindset e escalation digitale
Dopo la pandemia, le abitudini e le necessità dei consumatori non saranno più le stesse. La nuova normalità orienterà gli acquisti verso due tendenze: il risparmio e il digitale. I consumatori saranno, dunque, alla continua ricerca di piattaforme online che permetteranno il risparmio. E per stare al loro passo, le aziende dovranno dare priorità urgente al digitale.
A confermare l’importanza del digital first, sono anche i dati riportati nell’analisi: quasi un quarto dei consumatori americani ed europei prevede di aumentare la propria spesa nei canali digitali durante il mese di aprile 2020. Inoltre, a questa previsione si aggiunge anche un 13% di nuovi compratori europei, che navigheranno negli e-tailer online per la prima volta.
Tuttavia, per riguadagnare la fiducia e l’entusiasmo dei clienti, gli sconti non saranno sufficienti. Anche perché, secondo il report, in Europa e negli Stati Uniti più del 65% dei consumatori prevede di diminuire la spesa per l’abbigliamento. Solo il 40%, invece, prevede di ridurre la spesa totale delle famiglie.
Per questo motivo, se le aziende vogliono raggiungere un numero più ampio di compratori, dovranno orientare i propri modelli di business verso tematiche nuove. Tra queste, ad esempio, la sostenibilità, a cui i brand possono puntare riutilizzando le scorte esistenti o personalizzandole.
Imperativo dell’innovazione
«Non lasciare che l’innovazione si fermi, perché questa potrebbe essere la finestra delle opportunità» – Doug Stephens, Retail & Consumer Futurist
Videoconferenze, smart working e sfilate virtuali, come quelle già sperimentate durante la Fashion Week di Milano. Sono questi alcuni dei nuovi strumenti che il settore della moda sta utilizzando per affrontare l’impatto del virus e cercare di limitarne i danni. Grazie alle nuove tecnologie, il settore del fashion potrà apportare dei cambiamenti radicali a tutti i livelli della sua struttura.