«Quel giorno nacque lo stupore», verso l’anniversario del cinema dei Lumière

Nel Salon indien du Grand Café, lungo il boulevard des Capucines di Parigi, hanno spento le luci. Ognuno ha il suo posto su una delle strette sedute in legno. Non sanno cosa aspettarsi, qualcuno è diffidente, altri sono pieni di curiosità, pronti ad essere stupiti. Il fondo della sala è occupato da un macchinario che in pochi hanno mai visto dal vivo, una cinepresa. D’un tratto, dal piccolo foro dell’oggetto targato Lumière esce proprio questo: luce. È il 28 dicembre 1895 e le persone scoprono un nuovo modo di stupirsi, il cinema dei fratelli Auguste e Louis Lumière.

La prima proiezione dei fratelli Lumière

«Se qualcuno mi dovesse chiedere che cosa significa raccontare la celebrazione della nascita del cinema, innanzitutto direi che il cinema non nasce il 28 dicembre 1895. Il cinema è parte della compagnia dell’anima e della solitudine dell’uomo da anni prima, secoli prima, forse millenni prima. Quello che accade e che diventa epocale, è che si istituzionalizza uno dei sentimenti più difficili per l’essere umano: lo stupore», spiega Giuseppe Carrieri, regista e professore dell’Università IULM.

 

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Quel giorno di quasi 130 anni fa, la coppia della luce mostrò al pubblico i suoi primi dieci cortometraggi. Ad aprire le danze fu L’uscita dalle officine Lumière, un corto che mostrava degli operai, in gran parte donne, che uscivano dalla fabbrica Lumière a Monplaisir, alla periferia di Lione. Una fabbrica ormai demolita, ma di cui resta il capannone mostrato nel film, che ora ospita la sala cinematografica dell’Istituto Lumière. Questo corto incarna alla perfezione la meticolosità dei fratelli. La scena fu girata più volte, con il fine di garantire una narrazione interessante e una durata adatta alla bobina cinematografica. Con le sue versioni con abiti primaverili e invernali, i Lumière non solo hanno posto le basi del cinema costruito, ma hanno anche introdotto il concetto di remake. Indizi come le ombre di mezzogiorno, l’abbigliamento curato degli operai non in tuta da lavoro e l’ordine con cui si muovono suggeriscono una regia precisa.

L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat
L’arrivo del treno, la nascita dello stupore

Se L’uscita dalle officine Lumière fu il primo corto presentato al pubblico, è con un altro film che i fratelli mostrano il loro essere visionari. L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat è l’emblema dello stupore che si può raggiungere attraverso il cinema. «Dentro quella sala, con un foro di luce nel buio, stava succedendo qualcosa che avrebbe cambiato non solo le arti, ma il senso di guardare il mondo, di scoprirlo e di stupirsi davanti a tanta meraviglia», spiega Carrieri.
Quarantacinque secondi capaci di generare così tanta meraviglia che, a distanza di 130 anni, fanno ancora parlare di loro. Ma se ancora se ne parla, è anche per la reazione che gli spettatori ebbero in sala. Dopo aver pagato solo un franco per assistere alla proiezione, molti di loro, vedendo il la locomotiva in arrivo, scapparono dalla sala per paura di essere travolti. Altri, più curiosi, andarono invece a cercare risposte dietro al telo. «Forse il cinema, paradossalmente, è proprio questo. È svelare, ma è anche nascondere. Mi piace credere che ancora oggi potremo trovarci tutti lì, a guardare quello che ci stupisce, che ci rende diversi e a cercare dietro un telo l’origine di tutto questo stupore».

Elena Betti

Classe 2001, Laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione all'Università di Pisa

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