I 32 anni dei Simpson, la serie tv più irriverente

«Stiamo provando a rafforzare la famiglia americana, in modo da farla assomigliare di più ai Waltons e di meno ai Simpson», disse George Bush Sr. durante il suo unico mandato (1989-1993) da Presidente degli Stati Uniti d’America. I Simpson, si sa, sono una delle serie televisive più seguite, amate e premiate di sempre, hanno rivoluzionato la televisione americana ma anche il concetto di sit-com. Che cosa spinse, però, l’uomo più potente del mondo a citare un prodotto simile a un cartone animato come un modello da evitare e abolire dalla società statunitense?

La celebre “famiglia gialla”, ideata dal fumettista Matt Groening, aveva fatto il suo debutto sulla Fox proprio nel 1989 ed era diventata in poco tempo un fenomeno mediatico e non solo. I Simpson funzionarono fin da subito: il primo episodio trasmesso, Simpsons Roasting on an Open Fire (“Un Natale da cani”, nella traduzione italiana), era stato un successo e conteneva già le stigmate del capolavoro. Sembrava già un prodotto collaudato, seppur la sit-com fosse al suo debutto assoluto nella tv americana. E, in effetti, era in parte così.

1989: “Simpsons Roasting on an Open Fire” (Un Natale da cani), il primo episodio di sempre della serie

Non tutti, infatti, sanno che i Simpson avevano già avuto un’esperienza nel piccolo schermo. Accadde il 19 aprile 1987 durante il Tracey Ullman Show, un varietà condotto dalla comica ed ex cantante inglese, trasmesso sulla Fox come secondo programma della fascia di prima serata. Prima e dopo le interruzioni pubblicitarie, andavano in onda i cosiddetti bumpers, brevi episodi animati. Durante la prima serie si alternarono settimanalmente i Simpson (che esordirono con Good Night, della durata di 1 minuto e 50 secondi) e Il Dr.N!Godatu. Mentre quest’ultimo venne interrotto per la stagione successiva, il prodotto di Groening ottenne un riscontro positivo dal pubblico e fu riconfermato. Nel giro di due anni, la platea appassionata dei Simpson si sarebbe allargata e la Fox avrebbe chiesto al suo ideatore di produrre una serie con episodi da una ventina di minuti circa. Nonostante i dubbi e le perplessità relativi alla tenuta di un contenuto così grottesco per una fascia di tempo così prolungata, la prima stagione non deluse le attese e i Simpson diventarono in breve tempo una tendenza.

 

I Simpson rappresentavano qualcosa che la televisione non aveva mai visto prima. In primo luogo, per la forma: la pelle dei personaggi è gialla e, soprattutto all’inizio, i disegni erano volutamente sommari, con tante imprecisioni. Questo perché, a primo impatto, i Simpson dovevano catturare l’attenzione dello spettatore, il quale inizialmente provava ribrezzo nel vederli, ma allo stesso tempo ne rimaneva incuriosito.

I Simpson, tuttavia, sono stati rivoluzionari nella sostanza. Groening, per la sua idea, partì dal panorama seriale americano, constatando che, negli anni ’70 e soprattutto ’80, i prodotti che si concentravano sulla famiglia americana la dipingevano sempre come un perfetto modello da seguire. Il divertimento e le risate non mancavano, ma secondo Groening quella rappresentazione era più un’iperbole che la realtà. Decise così di creare una propria iperbole, consapevole, partendo da una concezione opposta della famiglia americana, ossia piena di difetti.

La scena finale di “Good Night”, il primo episodio dei Simpson, trasmesso il 19 aprile 1987

Il protagonista dei Simpson è Homer, padre e marito inadeguato a entrambi i ruoli, incompetente ispettore alla sicurezza della centrale nucleare di Springfield, che adora mangiare, bere birra, guardare la tv e passare più tempo a ubriacarsi al bar con gli amici invece di stare con la famiglia. È il perfetto stereotipo dell’americano medio, ricalcato con maestria da Groening fino al paradossale e al grottesco, che diventa il veicolo attraverso cui guardare da un’altra prospettiva, molto più cinica, la società americana. Marge è la moglie paziente e ingenua che sopporta tutti i pasticci compiuti dal marito, la madre iperprotettiva nei confronti dei figli: il ritratto fedele della casalinga statunitense. Bart è il figlio pestifero, ai limiti del teppista, che combina sempre guai che, furbescamente, non paga mai. Lisa è la figlia prodigio, il genio incompreso in una famiglia limitata. Maggie è la neonata che non cammina, non parla e la cui unica attività è fare rumore con il ciuccio.

Nonostante l’apparenza, I Simpson non sono un cartone animato, bensì un fumetto televisivo che rientra nella categoria della sit-com, genere principe della tv statunitense. L’effetto comico, tuttavia, non è il principale obiettivo della serie: attraverso le innumerevoli mancanze della famiglia, che produce episodi grotteschi e al limite del nonsense, Groening traccia un ritratto degli Stati Uniti che vuole sottolinearne tutti i difetti. Per questo motivo, il genere a cui i Simpson aspirano è la satira. Il lavoro di Homer nella centrale nucleare, può essere sfruttato per parlare delle questioni di carattere ambientale, la scuola che frequentano Bart e Lisa è fonte di ispirazione per il tema del sistema d’istruzione pubblico statunitense, la presenza capillare dell’universo mediatico (televisioni, radio) viene usata per prendere in giro l’industria dell’intrattenimento. La serie irride qualunque persona, carica, istituzione, senza tralasciare nessuno: i politici sono corrotti, i media sono asserviti al potere e fanno cattiva informazione, il reverendo Lovejoy è indifferente verso i suoi fedeli e la polizia locale, in particolare il commissario Clancy Winchester, è totalmente inefficiente.

“Two Bad Neighbors” (stagione 7, episodio 13), Homer e Bush Sr. mentre discutono

Tutto questo spiega sia il grande successo di pubblico sia la scomodità per le istituzioni dei Simpson. La famiglia è amata, per motivi differenti, da grandi e piccini: i primi vedono in qualche maniera giustificate le loro carenze e, in questo modo, possono riderci sopra, mentre i secondi non possono trattenersi dalle risate assistendo alle trovate geniali e malandrine di Bart e ai continui guai combinati da Homer. Allo stesso tempo, tuttavia, le lacune evidenziate da Groening nella società americana danno un’immagine degli Stati Uniti diversa da quella che i governi hanno sempre cercato di mostrare. Anche negli USA si ritrovano gli stessi problemi comuni a tutte le famiglie tradizionali di ogni parte del pianeta. E questo non è accettabile, a partire dalla più alta carica dello Stato, quel George H. W. Bush che verrà successivamente rappresentato nei Simpson come un uomo burbero, impaziente e intransigente.

A causa dei temi trattati e del linguaggio colorito che caratterizzava soprattutto le prime stagioni, la serie è incorsa più volte nella censura da parte delle emittenti e dei governi esteri, come in Gran Bretagna, Venezuela, Argentina ed è stata addirittura bandita in Russia e in Cina.

Nonostante ciò, sono più di 30 anni che i Simpson continuano a mantenere, se non ad aumentare, il loro consenso da parte del pubblico. Questo perché, proprio per l’obiettivo di essere una sit-com satirica, la realtà e la società continuano a essere una dispensa infinita di argomenti da trattare, sempre con la filosofia e la visione del suo autore, la cui vena cinica non è mai cambiata negli anni.

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