«Nell’Europa occidentale, ci troviamo in mezzo ad un momento populista. Questa situazione è frutto dell’espressione di una varietà di resistenze alla trasformazione politica ed economica che si è svolta negli ultimi trent’anni di egemonia neo-liberalista. Tale evoluzione ha portato ad una condizione che potremmo chiamare “falsa democrazia”, per indicare l’erosione dei due pilastri dell’idealismo democratico: uguaglianza e sovranità popolare».
Così Chantal Mouffe, politologa belga, racconta l’attuale scenario politico europeo durante la presentazione del suo ultimo libro, For a Left Populism, alla Fondazione Feltrinelli.
Secondo la studiosa negli ultimi decenni si sono alternati partiti di centro-destra e centro-sinistra accomunati dalla scelta di accettare in modo acritico i dettami imposti dalle necessità finanziarie. In questo clima l’economia finanziaria si è sviluppata a scapito di quella produttiva, e con l’avvento di politiche di austerity imposte in seguito alla crisi del 2008, diverse classi sociali si sono trovate in difficoltà. «E non si tratta» continua la Mouffe «solo della classe operaia ma anche della classe media, che si trova in una situazione di perenne precarietà. Il risultato dell’egemonia del neo-liberalismo è stata l’istituzione sia dal punto di vista sociale che economico di un’oligarchia di pochi privilegiati che non tengono conto dei bisogni degli altri».
Il populismo, secondo la Mouffe, è una forma di resistenza all’egemonia del neo-liberalismo e alle scelte di quell’élite che è sempre più lontana dal resto della società.
«Inizialmente la maggior parte delle resistenze politiche contro questo consenso (falsamente) democratico sono state rappresentate da partiti di destra. In molti Paesi questi partiti hanno interpretato le istanze del settore popolare che erano state a lungo ignorate dai partiti di centro perché incompatibili con il progetto neo-liberalista». La politologa spiega che successivamente sono però nati anche dei gruppi progressisti che possono essere definiti populisti, dunque «il populismo non è un’ideologia e non ha uno specifico orientamento politico, può essere sia di destra che di sinistra».
Gli obiettivi che queste diverse correnti populiste hanno non sono però gli stessi: «non tutti i movimenti populisti hanno come obiettivo l’uguaglianza, anche quando la resistenza è portata avanti nel nome di ridare il potere al popolo. Entrambi i movimenti populisti vogliono rispondere alle domande rimaste fino ad ora inascoltate, ma lo fanno in modi diversi».
Secondo la Mouffe, il populismo di destra sostiene di voler riportare la sovranità popolare e restaurare la democrazia, ma la sovranità popolare è intesa come sovranità nazionale. Questo populismo non risponde alle istanze di uguaglianza, esclude infatti varie categorie, tra cui solitamente gli immigrati, che sono visti come una minaccia al benessere e all’identità della nazione. A questo proposito si può ricordare la politica migratoria adottata da diversi leader populisti di destra: Matteo Salvini in Italia, Donald Trump negli Usa e Viktor Orban in Ungheria. «La vittoria di questi partiti condurrebbe ad una forma di liberalismo nazionalista e autoritario che, pur sostenendo di voler riportare la democrazia, di fatto ridurrebbe drasticamente la democrazia stessa».
Al contrario l’obiettivo del populismo di sinistra è di restaurare realmente la democrazia e di renderla più radicata.
I partiti di centro non sono stati in grado di fronteggiare il movimento populista e di rispondere alla sua sfida: non sono infatti capaci di soddisfare le richieste di cui si sono fatti interpreti i partiti populisti di destra, «che sono in realtà istanze democratiche a cui deve essere data una risposta progressista».
Classificare i partiti populisti di destra come “neofascisti” e attribuire il loro successo alla mancanza di educazione o cultura degli elettori è, secondo la Mouffe, molto conveniente per le forze di centro-sinistra: è un modo per squalificarli senza riconoscere le proprie responsabilità e mancanze nei confronti di quegli stessi cittadini.
«Sono convinta che una strategia di demonizzazione di questi partiti, per quanto possa essere moralmente confortante per quelli che vogliono considerarsi “buoni democratici”, dal punto di vista politico sia destinata ad essere perdente. Per fermare l’avanzata dei patiti populisti di destra, è necessario delineare una risposta politica adeguata attraverso un movimento politico di sinistra che riunisce tutti gli sforzi democratici contro la “finta democrazia” che vige attualmente».
La tesi sostenuta dalla politologa nel suo saggio è dunque che sia necessario riconoscere il nucleo democratico che è alle origini di molte delle istanze dei partiti populisti di destra, «il populismo di sinistra dovrebbe poi intervenire utilizzando un diverso vocabolario per orientare queste istanze verso obiettivi egualitari».