Quante cose dobbiamo alla luna. Se non esistesse, dove avrebbe potuto recarsi Astolfo per recuperare il senno di Orlando? O quale corpo celeste avrebbe vigilato sull’uomo pazzo d’amore cantato da Fred Buscaglione? Insomma, senza il satellite terrestre la nostra cultura sarebbe un po’ più povera. Basti pensare anche a quanti modi di dire comuni nella vita quotidiana derivano dall’influenza lunare: chi, in una giornata “no”, non si è mai sentito apostrofare con un «Hai la luna storta?».
Celebre è anche la luna di miele, con cui gli inglesi indicano il primo mese di nozze, ovvero quello che dovrebbe essere il periodo più romantico in una relazione. Perché la luna è anche – e soprattutto – romantica. È una compagna fedele che osserva dall’alto della Via Lattea, e rischiara l’oscurità della notte. Fin dall’alba dei tempi, ben prima di Netflix e compagnia, le coppie trascorrevano le serate ad ammirarla, proprio come si fa oggi di fronte al piccolo schermo.
Ma è stata anche desiderio di superare i limiti. Qualcosa che fino al 20 luglio 1969 sembrava potesse essere solo frutto di una fervida immaginazione. A cinquant’anni dall’allunaggio della missione statunitense Apollo 11, da quel «Un piccolo passo per l’uomo, ma un gigantesco balzo per l’umanità», ripercorriamo alcune delle influenze che il satellite terrestre ha avuto sulla nostra cultura.
Cantare la luna
C’è una grande tradizione che la richiama, dalle note pop al rock allo stato puro. Non sempre è la protagonista: a volte è una comparsa, una confidente o una metafora per parlare dell’uomo. Nel 1959 Fred Buscaglione cantava Guarda che luna, che entrò prepotentemente nelle classifiche nella primavera di quell’anno. L’introduzione richiama in modo raffinato l’inizio della Sonata Chiaro di luna di Beethoven, come a voler dire che l’ispirazione è qualcosa che si tramanda ma cambia sempre forma. Qualche anno dopo, nel 1964, è il turno di Frank Sinatra, che rese immortale Fly me to the moon, scritta da Bart Howard dieci anni prima.
Nell’anno dell’arrivo sulla luna esce Space Oddity di David Bowie, un vero inno allo spazio. L’astronauta italiano Luca Parmitano ha ricordato il cinquantenario del brano di Bowie, dichiarando che è stato d’ispirazione per lui, per i suoi colleghi astronauti e per centinaia di migliaia di persone che si sono così interessate all’universo.
Can you hear me Major Tom? Happy 50th to @DavidBowieReal's #SpaceOddity, released today in 1969 and now one of our most recognised space anthems! #Apollo50th #SpaceOddity50 #MissionBeyond #SpaceRocks pic.twitter.com/Fl47SBqbFJ
— Luca Parmitano (@astro_luca) July 11, 2019
1973: è l’anno di Dark Side of The Moon, l’album dei Pink Floyd interamente dedicato al lato nascosto della mente, in cui la luna è metafora della psiche umana.
In Italia nel 1978 esce Anna e Marcodi Lucio Dalla, che si immagina la luna come il faro che illumina la periferia dei due innamorati. Un anno dopo esce Walking on the Moon dei The Police, che Sting scrisse da ubriaco pensando alla sensazione che si prova quando si è innamorati: per lui era come camminare sulla luna. Il video della canzone fu girato al Kennedy Space Center e i membri del gruppo suonano in mezzo a esposizioni di astronavi, inframezzati con filmati della NASA. Mentre nel Bel paese Loredana Bertè cantava una storia di rifiuto e disperazione in E la luna bussò.
Nel 1983 Michael Jackson, durante un’esibizione sul palco, fece il primo moonwalk sulle note di Billie Jean. Il suo passo divenne celebre perché dava l’impressione di una passeggiata sulla luna.
Di poesie, racconti e romanzi
Alla luna Dante dedicò un’intera cantica della Divina Commedia. Il secondo canto del Paradiso si svolge nel cielo della luna, in cui risiedono le anime di quanti mancarono ai voti fatti. Dalla penna di Ariosto invece scaturì il racconto del viaggio di Astolfo sul pianeta, raccontato nel XXXIV esimo canto dell’Orlando Furioso. In Canto notturno di un pastore errante dell’Asia Giacomo Leopardi immaginò la luna muta, ma partecipe delle vicende umane. A lei dedicò anche uno dei piccoli idilli.
Nell’immaginario popolare alla luna si associano i licantropi, uomini colpiti da un morbo che li trasforma in lupi. Nel 1913 Luigi Pirandello scrisse Male di luna, novella in cui Batà si ammala di licantropia dopo l’esposizione alla luce lunare.
Dino Buzzati, nel suo Non deluderci, luna, ribaltò l’immaginario dell’allunaggio. Mentre il mondo si ferma per assistere a questo evento, la protagonista guarda il satellite dal balcone di casa e spera che lei reagisca all’invasione dell’uomo.
Protagonista del grande schermo
Il più recente lungometraggio dedicato al satellite della Terra è First Man, di Damien Chazelle, uscito nelle sale nel 2018. Il film ripercorre la storia personale di Neil Armstrong, che si intreccia a quella pubblica in uno dei momenti che ha cambiato la storia dell’umanità. Ma partendo dall’inizio, non si può non citare Le Voyage dans la lune di Georges Méliès. Film muto del 1902, dalla durata di 14 minuti, racconta le vicende di un gruppo di esploratori dai nomi curiosi, come Nostradamus o Micromega, che arrivano sulla luna a bordo di una navicella che si conficca sul volto del satellite. Rimane uno dei più citati nella storia del cinema.
Nel 1958 uscì Totò nella luna, che narra di Achille Paoloni, fattorino appassionato di storie spaziali. Gli scienziati americani scoprono nel suo sangue il glumonio, una sostanza adatta per i voli spaziali e da qui prende vita una commedia di equivoci con spie, battute e lazzi che si prendono gioco della fissazione per lo spazio degli anni Cinquanta.
L’anno prima dello sbarco di Neil Armstrong venne rilasciato 2001: Odissea nello spazio del regista Stanley Kubrick. Un film che ha segnato la storia del filone fantascientifico e del cinema più in generale e racconta una favola apocalittica sul destino dell’umanità e dello sviluppo tecnologico. Anche il mondo di James Bond venne a contatto con il satellite terrestre in Agente 007 – Una cascata di diamanti, uscito nel 1971. Nella pellicola Sean Connery/James Bond entra in un set in cui si sta inscenando lo sbarco di un astronauta sul terreno lunare.
Nel 1990 è stato il turno dell’italiano Federico Fellini, nella sua ultima volta dietro alla cinepresa. In La voce della luna il satellite dialoga con gli umani e arriva persino ad annunciare la pubblicità. Cinque anni più tardi è sbarcato sul grande schermo Apollo 13, classico che unisce la colonna sonora degli Aerosmith alla bravura di Tom Hanks.