Lo squalo di Steven Spielberg: 50 anni fa nelle sale il primo blockbuster

«Guardatelo prima di andare a nuotare», così recitava il trailer di Jaws – in Italia, Lo Squalo, – cult dell’horror firmato Steven Spielberg, che terrorizzava per la prima volta il pubblico nelle sale americane il 20 giugno 1975. Un film che ha cambiato la realtà di Hollywood, ma non solo. Due note sufficienti a far salire l’angoscia in chi guarda, una regia sapientissima, il successo al botteghino, fino ai tre Premi Oscar nel 1976. Un incasso da record, 476 milioni di dollari a livello mondiale. Nel 1998 rientra nella lista dei 100 migliori film americani al 48esimo posto, per volere dell’American Film Institute. Uno dei film più noti di Spielberg festeggia mezzo secolo di anniversario, il primo vero blockbuster della storia del cinema che tutt’oggi conserva il suo fascino.

Quando il cinema diventa storia

«Quest’uomo sa davvero come raccontare una storia sullo schermo», scriveva Frank Rich sul New York Times in riferimento a Spielberg. Solo una delle tante recensioni – tra i plausi e le bocciature – che la critica dei tempi ha pubblicato dopo l’uscita del film. Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Benchley – ispirato dagli attacchi di squalo del Jersey Shore del 1916 – Lo squalo ha rivoluzionato il modo di fare cinema, dando vita ad un horror tutto alla luce del sole. Padrone della scena è il motivo musicale coniato da John Williams di sole due note, Mi e Fa, che accelerano ogni qual volta il predatore si avvicini ai bagnanti. Dalla battuta improvvisata di Roy Scheider, nel ruolo dello sceriffo Martin Brody, «Ci serve una barca più grossa», al monologo di Robert Shaw nei panni del lupo di mare Quint, nel quale racconta della sua sopravvivenza al disastro dell’USS Indianapolis. Nel 1976 Lo squalo si aggiudica tre Premi Oscar, contro ogni aspettativa di Spielberg che quasi pensava avesse segnato la fine della sua carriera. Miglior montaggio, miglior sonoro e miglior colonna sonora.

Steven Spielberg sul set del film
Steven Spielberg sul set del film
Una produzione complessa per un cult intramontabile

Per portare nelle sale Lo Squalo come lo conosciamo, Spielberg, all’epoca ventottenne, ha dovuto affrontare diverse difficoltà durante la produzione, tanto da definirla «un’esperienza orrenda». Le riprese si sono tenute sull’isola di Martha’s Vineyard in Massachusetts, tra maggio e settembre del 1974. All’inizio la durata stimata era di 55 giorni, diventati poi 159 a causa degli innumerevoli inconvenienti tecnici sul set. Primo fra tutti il problema degli squali meccanici: tre modelli progettati di cui uno per le riprese subacquee e due per far girare l’animale a destra o sinistra. Gli impianti idraulici dello squalo corrosi dall’acqua di mare, lo squalo affondato durante il giorno del collaudo. A complicare le cose anche il maltempo, che faceva slittare le riprese in mare aperto. Saliva così il budget di produzione da 4 a 9 milioni di dollari.

Il modello di squalo meccanico brevettato per il film
Il modello di squalo meccanico brevettato per il film
Un guasto per un espediente narrativo

Ma non tutti i mali vengono per nuocere. I continui guasti dello squalo meccanico portano Spielberg a reinventare il linguaggio visivo del film, mostrando l’animale solo con inquadrature parziali o attraverso dettagli. Dal guasto tecnico all’architettura magistrale della tensione: l’assenza visiva accresce la suspense, lasciando che sia l’immaginazione dello spettatore a colmare l’orrore. Spielberg ricorre anche all’uso della soggettiva nelle scene di attacco del predatore e al celebre effetto Vertigo, coniato dal regista Alfred Hitchcock, una strategia che mescola zoom in avanti e carrellata indietro per accentuare il senso di pericolo. Un’impresa per girarlo, pochissimo tempo per farlo diventare cult. Ancora oggi, quando si entra in acqua, lo si fa ripensando a quella colonna sonora, guardandosi intorno.

Giulia Spini

Laureata in Interpretariato, penso in inglese e in spagnolo ma parlo italiano. Appassionata di tutto ciò che riguarda la settima arte. Il mio sogno nel cassetto? Lavorare come giornalista di spettacolo.

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