Dante Alighieri, Alessandro Manzoni, Matilde Serao. Ma anche Italo Calvino, Elsa Morante e Umberto Eco. Fino ad arrivare a Elena Ferrante. L’Italia ha donato i natali ad alcuni dei più grandi scrittori del panorama letterario internazionale. Eppure, si sa, gli italiani non sono un popolo di lettori.
Quando il 10 aprile il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato la riapertura di alcune attività fondamentali, citando tra queste le librerie, molti ne sono rimasti sorpresi.
Stando ai dati ISTAT – pubblicati il 3 dicembre 2019 e riferiti al 2018 -, a partire dal 2000, quando la quota dei lettori di libri era al 38,6%, l’andamento è stato crescente fino a toccare il massimo nel 2010 con il 46,8%, per poi diminuire di nuovo fino a tornare nel 2016 al livello del 2001 (40,6%), restando stabile fino al 2018.
Nel 2018 la quota più alta di lettori continua a essere quella dei giovani, che tra i 15 e i 17 anni, è pari al 54,5%. Il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 19 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno).
«Non è un gesto simbolico, ma il riconoscimento che anche il libro è un bene essenziale», ha commentato così il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini. L’aver riconosciuto, in un Paese come l’Italia, i libri come un bene essenziale per i cittadini è un grande passo avanti. Ma per molte librerie indipendenti la Fase 2 si appresta a diventare il più difficile dei rompicapo.
Come previsto dal nuovo decreto di governo, firmato il 10 aprile, le librerie hanno potuto riaprire al pubblico già dal 14. Non tutte le Regioni, però, si sono adeguate alle disposizioni dell’esecutivo. Cinque di esse hanno prorogato il lockdown: Lombardia, Piemonte, Campania, Sardegna e Trentino hanno riaperto il 3 maggio, mentre nel Lazio le librerie potevano già essere operative dal 20 aprile.
Milano, Pisa, Napoli: le voci dei librai italiani
Il mantra della Fase 2 è il distanziamento sociale. Lo ha ribadito più volte Conte. Si è passati così dall’«Io resto a casa» al «Se ami l’Italia, mantieni le distanze».
Quel ramo del lago di Como
Rispettare questa indicazione, però, non è sempre semplice, «perché i clienti spesso sono amici e esprimono un bisogno di esclusività, che tende a censurare questa regola», spiega Marina di Scaldasole Book, una libreria indipendente di Milano situata nell’omonima via. «Spesso l’allontanamento viene vissuto come rifiuto. Una grande città come Milano, difficile da vivere, ha bisogno di piccole oasi di umanità», continua Marina.
Nel negozio sono stati tolti alcuni tavolini per rendere i locali più spaziosi. Sono state fatte le dovute sanificazioni e gli apparecchi di uso comune vengono igienizzati due volte al giorno. Inoltre, «nella libreria sono stati messi a disposizione dei clienti disinfettante e mascherine», spiega Marina.
E durante questi mesi in cui le serrande di Scaldasole Books sono state abbassate, le consegne a domicilio hanno riscontrato un certo successo. Un servizio che proseguirà, perché «è un modo per proteggere e proteggersi».
«Una piccola libreria è luogo di discussioni e incontri. Bisognerà trovare un altro modo per confrontarsi», aggiunge Marina. Sì, perché la cultura non è qualcosa che si potenzia soltanto con letture in solitaria. Il confronto è un momento fondamentale per mettere in discussione le nostre conoscenze e guardare le cose da un altro punto di vista: «Noi abbiamo la fortuna di avere un giardino condiviso nella via».
Un altro strumento fondamentale si è rivelato il web. Attraverso i social network, Marina spiega che sono riusciti a mantenere un contatto diretto con i clienti più affezionati, consigliando letture e spunti di riflessione.
L’animo degli amanti dei libri, si sa, è molto sensibile e riesce a cogliere delle chiavi di lettura diverse della realtà che ci circonda. Così Marina racconta che «nonostante il bilancio dei morti e dei positivi, è stato un periodo bellissimo, un viaggio in un mondo possibile, calmo, interiore, libero. Saper bastare a sé e poter essere davvero presenti per l’altro al momento della necessità».
Alla domanda «Quali aiuti chiedereste al governo per la vostra categoria?», Marina risponde: «Abbiamo ricevuto il bonus di 600 euro e ne siamo grati, ma le spese sono state solo dilazionate e la situazione, comunque, non era rosea neanche prima», e aggiunge: «Fateci lavorare. Occupatevi della sanità territoriale, fateci i test, ma non metteteci i bastoni tra le ruote per ogni tentativo di farci conoscere».
Ripartire non è stato semplice neppure per Sergio e Carla, soci di una piccola libreria indipendente di Milano, che dal 4 maggio è aperta al pubblico. Libreria Aleph si trova in piazzale Lima e nonostante la situazione complicata della Lombardia la piccola bottega di libri, specializzata in psicologia, «non si è mai fermata davvero» ci dice Anna, psicologa e collaboratrice dell’attività.
«Anche quando c’è stato il lockdown abbiamo continuato a spedire, prima con Amazon e poi aderendo all’iniziativa Libri da Asporto, un consorzio di librerie a cui ci siamo affidati proprio in questo specifico periodo». Per contrastare il calo drastico delle vendite causato dalla quarantena, ma non solo: «Lo abbiamo fatto soprattutto per far vedere ai clienti che c’eravamo, che non eravamo spariti». Quello che manca soprattutto agli acquirenti, storici e non, è proprio il contatto con l’altro. «Da quando abbiamo aperto non c’è stato un grande afflusso – specifica Anna – ma chi è passato a trovarci aveva voglia di scambiare qualche parola, dopo tanti giorni di isolamento».
Anche a Sergio e Carla mancava il contatto con i clienti, per questo hanno aperto un profilo Instagram e rinforzato la pagina Facebook. «Se hai voglia di comunicare con i clienti per trasmettere quello che sei lo puoi fare anche online, senza scendere troppo a compromessi o vendere l’anima al diavolo, mantenendo la tua identità o umanità, dipende da come lo fai», continua Anna.
Ma c’è un altro modo in cui la Libreria Aleph ha cercato di reagire, con le presentazioni di libri online. Prima per il negozio era impossibile ospitare l’autore di una nuova opera tra i suoi scaffali, lo spazio non lo permette, ma adesso grazie alle dirette Facebook e i collegamenti Zoom sono già alla seconda presentazione. Anche lo psicoterapeuta Matteo Lancini, l’8 maggio, ha utilizzato la Libreria Aleph come tramite per promuovere il suo nuovo libro Cosa serve ai nostri ragazzi, e Anna fa intuire che ce ne saranno altre.
Conclude: «Sergio e Carla sono determinati a reagire con grinta, è la loro bottega ed è inevitabile reagire quando a una cosa ci tieni così tanto».
Sciacquare i panni in Arno
«Le librerie indipendenti sono quelle che hanno più problemi in questa riapertura». A parlare è Leonardo, titolare della libreria Tra Le Righe nel centro di Pisa e punto di riferimento per gli studenti delle facoltà umanistiche.
«Abbiamo saputo della riapertura il venerdì prima di Pasqua e ci ha lasciato molto perplessi». Continua spiegandoci che nella categoria c’è stato chi ha plaudito al provvedimento, per poi ricredersi una volta resosi conto che riaprire non era così semplice. Ha dovuto far fronte alla sanificazione, si è procurato guanti e disinfettante da fornire ai clienti, tutto a spese proprie; ma la sfida è stata riorganizzare il locale per far sì che l’utenza possa entrare in tutta sicurezza.
«Fino ad adesso le istituzioni non si sono mai preoccupate della categoria, nonostante le richieste, e oggi siamo simbolo nazionale?» Leonardo non è contrario alla riapertura in sé, ma quello che contesta è il modo frettoloso e poco chiaro con cui il governo ha comunicato come e quando poteva aprire. La sensazione è quella di essere stati buttati allo sbaraglio. «Una libreria rimane comunque un’azienda, io sono da solo, pago un affitto e le bollette. Devo pagare i fornitori. Noi piccole librerie non siamo come i grandi store con un bel po’ di soldi alle spalle».
La riapertura non è quindi stata semplice per Tra Le Righe. Contando solo sulle proprie forze, Leonardo ha trovato la soluzione per ripartire a modo suo. «Ho convertito il servizio e mi sono trasformato in raider, consegno a domicilio». Come Amazon, ma in tempi anche minori, se si tratta di portare un libro nei dintorni di Pisa. In questo modo riesce a competere con la grande distribuzione, che spesso rischia di soffocare le piccole realtà.
Ma alla consegna a domicilio si è affidata anche la Libreria Ghibellina, in Borgo stretto, cuore del centro storico pisano. Per due settimane, a partire da fine marzo si sono affidati al servizio offerto da NW, la società di consulenza e marketing editoriale, che consegna in città e tutta Italia. «Per non appesantire il corriere alcune consegne in città le facevamo noi stessi, armati di guanti e mascherine», ci dice Rimedia. Il servizio a domicilio era però supportato dagli editori stessi che finanziavano l’iniziativa tramite un fondo. Le prime settimane di aprile il fondo si è esaurito e «rischiavamo di non poter più offrire il servizio». Grazie all’intervento della Confcommercio e il Comune, che hanno messo a disposizione un corriere, la consegna a domicilio è tornata ad essere disponibile per Pisa e provincia.
Il periodo è di transizione ma sono quasi certi che continueranno con il servizio anche a emergenza finita. «Tante volte ci siamo sentiti dire “preferisco me lo portiate voi, non lo voglio da Amazon”, la gente è sensibile ai piccoli commercianti e quando una persona vede la propria città completamente vuota, con tutte le serrande abbassate, lo diventa ancora di più», ricordia Rimedia.
I negozi di Borgo stretto sono ancora tutti chiusi, aperti ci sono solo questa piccola libreria e una farmacia. All’indomani dell’inizio della Fase 2 le persone che passeggiano cominciano a crescere, entrano e comprano. Perché la Ghibellina, come Tra Le Righe, durante tutta la quarantena ha continuato a tener vivo il rapporto con i clienti.
Qui su l’arida schiena | Del formidabil monte | Sterminator Vesevo
«I primi risultati sono sconfortanti, ma riaprire era un passo necessario ed indifferibile. Navighiamo a vista e cerchiamo di fare quello per cui siamo nati: resistere». A pronunciare queste parole è Alberto, socio e libraio di IoCiSto. Una libreria indipendente, situata in via Cimarosa a Napoli, creata da un gruppo di cittadini con l’intento di promuovere la lettura e la cultura dal basso. «Abbiamo aperto con un solo libro e duemila persone in una piazza», racconta Grazia, socia e fondatrice di IoCiSto.
È un progetto che vive grazie al sostegno di chi si associa, di chi compra i libri e di chi va a fare i turni. Dopo sei lunghi anni di attività e numerosi eventi, laboratori, presentazioni e incontri nelle scuole della città, i soci si dicono soddisfatti del risultato. «Ma essere la libreria di tutti significa esserci sempre, per tutti quelli che avranno bisogno di uno spazio che dia voce alle idee, ai valori e ai diritti», spiega Grazia, che aggiunge: «per noi la cultura e il sociale sono uniti in maniera indissolubile».
«Riapriamo con tanti timori e la consapevolezza che i problemi non sono finiti, anzi dal punto di vista commerciale, cominciano adesso», racconta Alberto. Tanta è la voglia di ripartire, ma gestire il flusso di clienti, rispettando il distanziamento sociale, può non essere semplice. Il negozio ha quattro sale, quindi mantenere le giuste distanze non è così complicato: «Abbiamo preparato un percorso obbligato che evita assembramenti. Alla cassa sono stati sistemati schermi divisori in plexiglass. In tutte le sale ci sono presidi igienizzanti e all’ingresso guanti e mascherine per chi ne fosse sprovvisto». Prima della riapertura è stata effettuata la sanificazione e quotidianamente i soci igienizzano superfici, ambienti e libri.
IoCiSto ha attivato anche il servizio di consegna a domicilio: «Non avevamo mai organizzato il delivery e l’esperimento è riuscito», racconta Alberto. Dato il grande successo, i soci hanno deciso di portare avanti quest’attività anche dopo l’emergenza.
«L’essenza associativa di IoCiSto è talmente caratterizzata e il suo essere quasi una famiglia così marcato che soprattutto i soci sono passati subito a salutare». È questo il clima che si respirava al momento della riapertura spiega Alberto, che aggiunge: «Ogni giorno l’afflusso aumenta». Questo periodo di lontananza non ha fatto che aumentare la voglia di coltivare un rapporto, quello con il proprio libraio di fiducia, che è fondamentale per qualsiasi frequentatore di librerie indipendenti, «anche se la consegna a domicilio piace molto ai clienti».
I social network sono stati uno strumento essenziale per tenersi in contatto con i propri clienti con presentazioni in diretta streaming di nuove pubblicazioni o con consigli quotidiani di lettura. «Anche quando la situazione si normalizzerà, continueremo sfruttando le tecnologie che abbiamo sperimentato e probabilmente attivando un canale web tv sul nostro sito», racconta Alberto.
«Sgravi, finanziamenti anche a fondo perduto, in particolare un intervento sui fitti con agevolazioni dirette ai proprietari dei locali. Uno sgravio per i contributi dei dipendenti per un periodo che permetta di ripartire», sono le misure che, secondo Alberto, potrebbero aiutare la categoria.
In questi due mesi abbiamo riscoperto il valore dei libri. Abbiamo letto capitoli su capitoli, ci siamo immersi in storie di cui ignoravamo l’esistenza per fuggire da una anomala quotidianità, che ci stava stritolando. Abbiamo usato le pagine come ali per atterrare in altre epoche e in altri mondi. L’augurio è che questa pratica ci accompagni anche nella Fase 2 e che cresca sempre di più il supporto nei confronti delle librerie indipendenti, luoghi in cui il libro non è solo un oggetto, fonte di guadagno, ma baluardo di cultura e libertà.