Selene Caramazza: «Ogni ruolo mi lascia qualcosa. E qualcosa si porta via…»

L’attrice siciliana della serie The Bad Guy, attualmente al cinema con la commedia agrodolce Arrivederci tristezza, è stata ospite in video call al Master di Giornalismo IULM di Milano. Intervistata dagli studenti del secondo anno, si è raccontata con generosità e passione

Selene Caramazza non recita. Abita i personaggi. Entra nella loro pelle, parla con la loro voce e con i loro silenzi. Nella serie tv The Bad Guy, in cui interpreta Leonarda, le basta uno sguardo o una camminata per raccontare la tensione nervosa del personaggio. È un approccio istintivo ma rigoroso, frutto di una preparazione che parte dal corpo e passa per sottrazioni, immersioni, playlist emotive. Dopo il premiato esordio al cinema in Cuori Puri di Roberto De Paolis ha attraversato set molto diversi: da Prima che la notte a Spaccaossa, passando per le serie Christian e Mare Fuori. È reduce dalla seconda stagione di The Bad Guy, che le è valsa la candidatura ai Nastri d’Argento, e da un ruolo da protagonista in Dal Nulla, un nuovo thriller in uscita. Attualmente è in sala con la commedia agrodolce Arrivederci tristezza di Giovanni Virgilio con Alessio Vassallo e Nino Frassica. L’abbiamo intervistata – in esclusiva per Master X – in una lunga video call. È gentile, sorridente e piena di grazia, al contrario del personaggio tosto, arrabbiato e in guerra contro tutti nella serie The Bad Guy

Quando si trova davanti a un nuovo personaggio, da dove parte per costruirlo?

La fase di preparazione è la più importante per me. Inizio dalla sceneggiatura, poi lavoro molto sul corpo: come il personaggio cammina, come guarda il mondo. Creo anche delle playlist per ogni ruolo, per capire a che ritmo si muove. Per Cuori Puri, ad esempio, ho vissuto per tre mesi in una comunità religiosa. Entrare in realtà diverse è una delle cose che amo di più: cerco di viverle al cento per cento, di non simularle mai. Per questo “lascio” il personaggio solo a fine riprese, mi piace rimanere connessa al mondo altro in cui mi sono immersa. Per trovare la durezza di Leonarda in The Bad Guy, invece, ho fatto una preparazione fisica intensa, tre volte a settimana, con un coach. Alla fine, è il corpo ad arrivare prima della parola…

Ha parlato di playlist: che ruolo ha la musica nel suo lavoro?

È vitale per me. Oltre ad aiutarmi a entrare nel personaggio, mi accompagna anche sul set, nei momenti più delicati. Quando devo girare una scena emotivamente difficile, metto le cuffie, mi isolo per un attimo: la musica mi porta subito in uno stato di connessione con il carattere da interpretare.

Prima di diventare attrice studiava giurisprudenza. Come è stata presa dalla sua famiglia la scelta della recitazione?

All’inizio ero troppo timida per immaginarmi davanti a una macchina da presa. Dopo la maturità non ho avuto il coraggio di dire subito ai miei genitori che volevo fare l’attrice, così mi sono iscritta a giurisprudenza. Già in quell’anno, però, sono partita per Roma e mi sono iscritta alla scuola Teatro Azione. L’idea era fare un anno di preparazione e poi provare il Centro Sperimentale di Cinematografia. In quei mesi ho cominciato a fare i primi provini. Ho ottenuto un ruolo in una serie tv e poi è arrivato Cuori Puri, che è stata la mia occasione… Però giurisprudenza l’ho portata avanti e l’ho anche finita (sorride nda)!

Si ricorda cosa si è regalata con i primi soldi guadagnati?

Un viaggio a New York! Lo desideravo da tanto tempo e me lo sono pagata tutto da sola. È stato bellissimo.

C’è stato un momento in particolare in cui ha capito di aver fatto la scelta giusta?

Con Cuori Puri. Mi ha ricordato Rosetta dei fratelli Dardenne, uno dei miei film del cuore. Ho fatto un percorso di preparazione intenso per vestire i panni di Agnese (la ragazza di una comunità cattolica integralista al centro del film, ndr) ed è lì che ho capito che volevo davvero fare questo lavoro. Ho capito che sul set accadono cose che non riesco a trovare altrove. Quando tornavo a casa provavo a raccontarle ai miei genitori, ma non riuscivo a trasmettere davvero quella sensazione. Si crea una magia vera. Con il film Cuori Puri ho un legame profondo. La prima volta che l’ho visto sono tornata a casa turbata: non avevo visto Agnese, avevo visto me stessa. Il regista, Roberto De Paolis, ha riscritto la sceneggiatura su di me. Quindi ogni sorriso, ogni sguardo, il modo di camminare… tutto mi apparteneva.  

Nello selezionare un ruolo per lei conta di più la “testa” oppure la “pancia”?

Entrambe, ma cerco di seguire sempre la pancia. Quello che cerco è sempre un cambiamento. Mi piace l’idea di fare cose diverse, dei personaggi anche distanti da me o che mi portino a una trasformazione. Chiedo spesso ai registi di rendermi irriconoscibile.

Selene Caramazza, foto di Alessandro Cantarini
Selene Caramazza, foto di Alessandro Cantarini
Nella seconda stagione di The Bad Guy il suo personaggio, Leonarda, cambia significativamente. Come ha lavorato su di lei?

Nella seconda stagione della serie Leonarda non è solo dura e spavalda, ne emerge la parte più vulnerabile. Non si sente al sicuro e non è protetta da nessuno. La sua è una fragilità nascosta, perché fa comunque parte dell’Arma dei Carabinieri. Non può mai abbassare la guardia o venire meno, deve essere sempre molto proiettata verso il mondo, in ascolto. La sua “durezza”, però, è in continuo affanno. Con i registi (Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, ndr) abbiamo lavorato anche sui micromovimenti del volto, sugli sguardi. Quando ho letto le sceneggiature ho pensato: «Leonarda è pura elettricità!». Alle prime letture tornavo a casa stanchissima, ma mi è piaciuto poter lavorare sulla tensione emotiva del personaggio, che cresce progressivamente. Solo nel finale, per la prima volta, vediamo Leonarda disarmata. Quasi tornata bambina…

A volte agli attori si chiede «cosa hanno “dato” a un personaggio», le domando invece che cosa le ha “lasciato” Leonarda?

Lei è spavalda, decisa, sicura. Cammina a testa alta con le spalle aperte. Un atteggiamento che, da introversa, non mi appartiene. Interpretarla è stato quindi quasi terapeutico e lasciarla andare, molto difficile. Cerco sempre di dare qualcosa di mio ai personaggi e ogni personaggio mi dà e mi toglie qualcosa. Separarmene è difficile e quando finisco di girare mi piace portarmi via, anche fisicamente un dettaglio che me li possa ricordare. Di Leonarda ho il casco, di Luisa nel film  Spaccaossa il gesso, firmato da tutti. È il mio modo di rimanere connessa a quella realtà, anche dopo che il set è finito.

Tra i protagonisti di The Bad Guy c’è il suo conterraneo Luigi Lo Cascio. Che rapporto si è creato?

Luigi è un attore eccezionale. Purtroppo, non abbiamo tante scene insieme. Nella seconda stagione abbiamo girato alcune sequenze in cui entravamo in contatto, ma in modo indiretto, sensoriale, senza dialoghi. Anche senza parole, però, Luigi rilascia un carico di energia incredibile. Nei giorni in cui non giravo andavo sul set a osservarlo. È estremamente preciso, ha un controllo incredibile del corpo e della gestualità. Mi ha aiutata anche con il dialetto: lui è palermitano, io di Agrigento, ma serviva un suono comune. È nato un bel rapporto, siamo in contatto e ci chiamiamo “fratello” e “sorella”.

Il dialetto, la Sicilia. Che ruolo hanno avuto per lei in questa serie?

Conosco bene i contesti che racconta la serie racconta. The Bad Guy è innovativa perché racconta uno spaccato di Sicilia, di Italia, con un tono diverso, senza cadere nei soliti cliché. E questa volta, finalmente, abbiamo potuto usare il dialetto siciliano stretto, autentico. Ad esempio, per cercare la formula giusta da utilizzare nella scena dove prendo a pugni il distributore di fazzoletti sono anche andata con il mio coach al mercato di Ballarò. È stato un grande lavoro di ascolto.

Leonarda è un personaggio tosto: donna lesbica in un ambiente molto maschile e spesso maschilista…

Leonarda è forte, libera, non “chiede il permesso”. Nessuno crede in lei, all’inizio nemmeno il fratello. Eppure, si fa strada in un ambiente prettamente maschilista, dove le donne sono poche. Non c’è mai un dubbio sulla sua sessualità, anche qui nessun cliché. Quando ho letto il personaggio, così libero e indipendente, me ne sono innamorata.

Secondo lei sta cambiando qualcosa nel modo in cui le donne vengono raccontate nel cinema italiano?

Credo di sì. Molte donne oggi sono più libere, più autonome, meno vincolate a figure maschili e questo si riflette anche sui personaggi di fiction: si raccontano storie di ribellione, di affermazione. Un certo tipo di cinema e di serie tv mettono a fuoco quello che succede realmente nella società. Finalmente vediamo donne libere anche sullo schermo.

Nel suo percorso ha lavorato anche con nomi importanti, come Claudia Cardinale (nella serie tv Il bello delle donne… alcuni anni dopo). Com’è stato?

Un grande privilegio. Mi raccontava de Il Gattopardo di Visconti, aneddoti innumerevoli su Fellini… Ascoltarla era come fare un viaggio nel tempo che mi riportava a un cinema che ho amato molto. E poi lei, con quel primo piano in C’era una volta il West di Sergio Leone, è il cinema!

Tra i suoi film in uscita c’è il thriller Dal nulla di Joe Juanne Piras. Può raccontarci qualcosa?

È una storia drammatica, ambientata in Sardegna, fatta di traumi rimossi, di abusi sessuali. Ruota intorno alla scomparsa di una bambina e alla scoperta del cadavere di una giovane donna, la mia migliore amica… Il mio personaggio parla poco: è stato un lavoro di sottrazione, di sguardi. È stato stimolante anche perché il thriller è un genere in cui volevo cimentarmi. Inoltre, è un’opera prima, e io amo lavorare con registi esordienti: c’è più scambio, più protezione reciproca.

Parlando di “protezione”: nella vita reale, sui social come nel lavoro, lei sembra proteggere molto il suo spazio privato. 

Faccio un lavoro dove sono già esposta a trecentosessanta gradi: quando interpreto un personaggio mi espongo, quando vado a un evento sono sotto i riflettori. Il mio privato, invece, lo proteggo il più possibile. È un po’ come la timidezza: quando ero piccola pensavo fosse “un problema da risolvere”, ma poi ho capito che invece è qualcosa da custodire. Mi permette di creare un mio spazio, un micromondo che mi protegge e mi aiuta a trovare una mia dimensione.

E per il futuro, che cosa desidera?

Interpretare personaggi sempre più lontani da me. E continuare a sorprendermi. Sempre.

 

Intervista degli studenti del Secondo anno del Master di Giornalismo IULM di Milano.
Testo a cura di Rebecca Saibene, foto di Alessandro Cantarini

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