Giovanni Brusca, mafioso ora collaboratore di giustizia, torna libero dopo 25 anni

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Giovanni Brusca, uno tra i più feroci boss di Cosa Nostra dell’epoca stragista, torna libero dopo venticinque anni di reclusione. Brusca, arrestato nel 1996, divenne collaboratore di giustizia nel 2000. A causa del suo status di “pentito” e della legge 82 del 15 marzo 1991, l’ex boss ha potuto usufruire dei benefici previsti dalla suddetta legge che gli hanno permesso di tornare libero. Sarà sottoposto ad altri quattro anni di libertà vigilata. La legge 82 prevede per i collaboratori di giustizia, (non vengono mai chiamati pentiti nel testo) dopo accurate verifiche sull’attendibilità, un assegno di mantenimento e la protezione. Inoltre, il collaboratore di giustizia si vede scontata un quarto della pena, nel caso di ergastolo dieci anni.

CHI É GIOVANNI BRUSCA

Giovanni Brusca, siciliano originario di San Giuseppe Jato, è stato uno dei boss mafiosi più violenti e fedeli all’ex capo dei capi Salvatore Riina (morto nel 2017). Noto negli ambienti criminali come “U verru” (il porco, in dialetto siciliano) o “Lo scannacristiani”. La carriera criminale di Brusca iniziò da giovanissimo, quando venne affiliato dal mafioso Bernardo Brusca (suo padre) nel 1976. Fece subito la conoscenza di Riina di cui divenne immediatamente uno dei principali alleati. Proprio dall’ex capo di Cosa Nostra fu introdotto al cosiddetto “squadrone della morte”, un gruppo di ferocissimi serial killer al soldo di Riina. Proprio assieme a questi altri criminali, partecipò giovanissimo all’omicidio del Colonello Giuseppe Russo e alla preparazione della bomba che uccise Rocco Chinnici.

Brusca esplose in tutta la sua ferocia nel 1992 e negli anni successivi. Fu lui a attivare il radiocomando che uccise Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo tre uomini di scorta. La serie di omicidi di cui si è autoaccusato ammonta a circa centocinquanta. Tra i più efferati delitti commessi è rimasto nella memoria collettiva quello del dodicenne Giuseppe Di Matteo. Il ragazzino, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, venne strangolato e il corpo distrutto con l’ausilio di acido dopo ben tre anni di sequestro.

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Capaci, dove morì Giovanni Falcone, fu fatto saltare in aria da Giovanni Brusca

Arrestato nel 1996 grazie alle rivelazione dell’ex braccio destro dell’altro boss Leoluca Bagarella, Tony Calvaruso. Altri due collaboratori rivelarono l’ubicazione del suo arsenale, formato da una quantità incredibile di armi da guerra, tra cui anche missili, lanciamissili, granate, 400 kg di esplosivo e dieci bombe.

LE REAZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA

La scarcerazione di un criminale come Giovanni Brusca ha provocato ovvie reazioni di sdegno e stupore. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone di cui Brusca provocò materialmente la morte, ha commentato la vicenda: «Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso.»

L’ex autista di Falcone, Giovanni Costanza, ha espresso la propria contrarietà alla scarcerazione: «È una notizia che sicuramente non mi fa piacere. È un’offesa per le persone che sono morte in quella strage. Secondo me dovevano buttare via le chiavi. Sono trascorsi 29 anni da quel giorno, ma né Falcone, né la moglie, né i ragazzi della scorta potranno mai ritornare in vita. Che Paese è il nostro? Chi si macchia di stragi del genere per me non deve più uscire dalla galera.»

Infuriata la vedova di Antonio MontinaroTina Montinaro. Montinaro era uno degli agenti di scorta del giudice Falcone. «Sono indignata, sono veramente indignata. Lo Stato ci rema contro. Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l’uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero.»

LE CONDIZIONI DA COLLABORATORE DI BRUSCA

Come detto in apertura, in quanto collaboratore di giustizia Giovanni Brusca sarà sottoposto a regime di protezione da parte dello stato. La situazione di protezione continuerà fino a quando l’autorità non riterrà il rischio esaurito. Inoltre, continuerà a percepire un assegno di mantenimento. Una situazione che è prevista dalla legge ma che non può che far discutere visto il curriculum criminale infinito dell’ex boss di Cosa Nostra.

Umberto Maria Porreca

Sono volato dalla più profonda costa Abruzzese a Milano col sogno del giornalismo sportivo nel cassetto e poche certezze nelle tasche e nella testa. Mio padre mi voleva ingegnere, ma la matematica non sarà mai il mio mestiere. Amante della musica italiana e del buon cibo da ovunque esso provenga, ho scritto per due anni per il settimanale di calcio giovanile lombardo/piemontese Sprint&Sport e ho collaborato con The Shot, testata di basket. Lo sport (parlato, non praticato) è il mio pane e la mia vita è stata profondamente influenzata da Andriy Shevchenko. Inseguo il mio sogno sulle note di Fabrizio De Andrè.

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