Arrestata nella mattinata di venerdì 3 marzo Rosalia Messina Denaro, sorella del superboss di Cosa Nostra catturato lo scorso 16 gennaio. L’inchiesta, coordinata dalla procura di Palermo, ha permesso ai carabinieri del Ros di risalire all’identità della donna grazie a un “pizzino”. L’appunto era nascosto nell’intercapedine di una sedia della sua abitazione. L’accusa è di associazione mafiosa: la donna avrebbe assistito il fratello per tutti gli anni di latitanza e gestito la “cassa” per conto della “famiglia”.
La cattura, i pizzini e la cassa
La cattura di Rosalia Messina Denaro è stata possibile grazie al ritrovamento di un appunto all’interno del suo appartamento privato a Castelvetrano lo scorso 6 dicembre. I militari si erano recati sul luogo per piazzare delle cimici per acquisire nuovi elementi nelle indagini. Nel “pizzino” la donna descriveva le condizioni di salute del boss, quello che è stato definito un vero e proprio “diario clinico di un malato di cancro”. È stata la prima traccia che ha permesso ai Ros di capire dove Matteo Messina Denaro svolgeva le sue cure, dando il via al suo arresto dopo 30 anni di latitanza.
Secondo i magistrati della procura di Palermo, il ruolo di Rosalia è stato fondamentale nella gestione degli affari della cosca. Oltre alla trasmissione di decine di pizzini, la donna si sarebbe occupata anche della contabilità del capo mafia, gestendo tutti gli affari e rendicontando entrate e uscite. Gli appunti contenevano nomi in codice, ordini e somme di denaro. In uno di questi, ad esempio, il boss rendicontava a un destinatario anonimo una grossa provvista (64.100 euro) e le spese già sostenute (12.400 euro). Inoltre lo stesso Messina Denaro impartiva ordini su quanto spendere in futuro: «per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400 euro».
Una donna di mafia
Rosalia – detta Rosetta – è la maggiore delle quattro sorelle di Messina Denaro. Il suo albero genealogico parla per sé. La figlia, Lorenza Guttadauro, è l’avvocato che assiste il boss fin dal giorno del suo arresto. Suo marito, Filippo Gattadauro, ha scontato 14 anni per associazione mafiosa e si trova tuttora in carcere in regime di “ergastolo bianco”. Si tratta di una misura di sicurezza senza termine riservata agli internati socialmente pericolosi o malati di mente. Questi vengono periodicamente sottoposti a verifiche e accertamenti della loro condizione. Il secondogenito Francesco, nipote preferito del superboss, sta scontando una condanna a 16 anni sempre per associazione mafiosa.