L’ultimo film di Woody Allen, Coup de Chance:
dalla Nouvelle Vague a Match Point
Servono una grande acutezza di mente e una leggerezza intelligente per raccontare le più intricate relazioni umane con così tanta disinvolta eleganza.
“Ecco l’ennesimo film minore”, “è marginale, come gli ultimi altri…”, “niente in confronto ai suoi primi. film.”
Criticare Woody Allen sembra essere un diritto acquisito di quello che può considerarsi un club di cultori del regista newyorkese. Ne faccio parte anche io, sia chiaro. E questa consapevolezza mi porta oggi, ascoltando le ennesime e ridondanti esternazioni di delusione per “Coup de Chance”, a citare quel vecchio detto di Groucho Marx che Allen usa nel monologo iniziale di Annie hall: “non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me.”
Mi spiego. Manhattan, Annie Hall, Decostructuring Harry, Amore e Guerra… Sono film, quelli del da molti compianto primo Woody Allen, che hanno inevitabilmente plasmato l’immaginario collettivo del nostro intellettualissimo club. Sembriamo essere tutti affetti da una sindrome Gatsby, così ossessionati dal pretendere una ripetizione del passato da non goderci il presente. Anche quando è così genuinamente godibile. Forse ci dimentichiamo quello che è, in primissima istanza, il cinema: intrattenimento. E Woody Allen, a 88 anni e al suo primo film diretto interamente in francese, intrattiene il pubblico con classe, ironia, vivacità, sex-appeal, mistero, intelligenza.
Coup de Chance è disinvolta eleganza in tutto: forme, colori, luci, ritmi, dialoghi, interpretazioni. È un film che ci riporta al cinema francese degli anni 60, quello della Nouvelle Vague.
Bastano un uomo e una donna che conversano camminando l’uno accanto all’altro sullo sfondo di un’avenue parigina per ricordarci quell’ultimo respiro godardiano.
Quella dell’incontro fortuito di Fanny e Alain, i due protagonisti del film, è una scena girata con calma, in piano sequenza. Un lungo, rilassato respiro prima di un’affannata e complicata storia d’amore clandestina. Fanny e Alain erano compagni di liceo a New York. Contro ogni logica e aspettativa – di Alain, da sempre innamorato di Fanny – i due si rincontrano per caso, ormai adulti. Fanny lavora nel mercato dell’arte ed è sposata con Jean, un ricco e charmant uomo d’affari (che tipo di affari, non lo capiremo mai). Alain è uno scrittore bohémienne impegnato nella stesura del suo romanzo e che vive in una mansarda. Il matrimonio borghese della donna sembra perfetto.
Eppure Fanny s’innamora di Alain, scatenando un vortice di malizia, sospetti, dubbi, passioni, insoddisfazioni, crimini, indagini.
Come in Match Point la fortuna è il narratore invisibile di Coup de Chance. E anche in questo caso, la fortuna è una questione di prospettiva, una lente che cambia la messa a fuoco a seconda di chi la indossa.
Chi è la fortuna o la sfortuna di chi? Jean, il marito apparentemente premuroso e perfetto di Fanny é veramente la fortuna della donna? La vendetta architettata e messa in atto da Jean dopo aver scoperto il tradimento, non porterà forse alla più tragica sfortuna dell’uomo?
E Fanny, il primo amore finalmente ritrovato di Alain, è davvero la fortuna dell’affascinante scrittore? Infine, a proposito di fortuna/sfortuna: mi chiedo, sorridendo, se qualcuno come me ha rivisto in Camille, la madre di Fanny, il buon vecchio mago Splendini…
Commedia sentimentale, dramma, thriller: spesso le relazioni – anzi, la vita – sono tutti questi generi insieme. Con Coup de Chance, Woody Allen ce li restituisce perfettamente oliati, illuminati, orchestrati.
Colpo di fortuna? Piuttosto, un gran coup d’ésprit.