Geopod Ep.11 – Energia nucleare: a che punto siamo

Negli ultimi giorni in Italia si è tornati a parlare del nucleare come energia pulita e a basso costo. Il 6 luglio il Parlamento Europeo decide se includere il nucleare, insieme al gas, nella tassonomia delle attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, ma c’è chi sostiene che sarebbe un duro colpo all’impegno europeo per il clima e per il pianeta.

Dopo due referendum, quello del 1987 e quello del 2011, nei quali la popolazione si è espressa contro il nucleare, il Green Deal ha riaperto la discussione su questa fonte di energia. L’obiettivo a cui il nostro Paese ha aderito è, infatti, quello di portare a zero, entro il 2050, il bilancio netto di emissioni di gas serra, e il nucleare ha il vantaggio di avere delle emissioni di CO2 inferiori a quelle di carbone e petrolio. Ma è giusto classificare questa forma di energia come green?

Il nucleare è oggi la seconda fonte di energia a basse emissioni di gas serra dopo l’energia idroelettrica, ma presenta un altro fattore di inquinamento: infatti, nessuna tecnologia esistente ha ancora risolto definitivamente il problema delle scorie radioattive.

La ricerca punta al riciclaggio delle scorie nucleari per produrre ulteriore energia e alla riduzione dei tempi di decadimento della loro radioattività. Al momento esiste già la tecnologia in grado di riciclare completamente la componente radioattiva a lunga emivita delle scorie nucleari. Con questo processo si producono comunque elementi altamente radioattivi, ma si riducono drasticamente i tempi necessari di stoccaggio delle scorie. La radioattività degli elementi di scarto passa, infatti, da alcune centinaia di migliaia di anni a circa 200-300 anni. Sono sistemi promettenti, ma più costosi e ancora in via di sviluppo. La previsione è che entro il 2030 questi reattori di quarta generazione, già in funzione a fini dimostrativi, ci avranno dato le risposte necessarie e potremo quindi partire a costruire reattori a fini commerciali. Il 20 dicembre 2021, dopo dieci anni di lavori, la Cina, che è il Paese più avanti con la sperimentazione, ha collegato alla rete elettrica il primo reattore dimostrativo di quarta generazione e ha già pronto il progetto per un altro più grande. La Repubblica Popolare Cinese sta investendo centinaia di miliardi di dollari nel settore e intende costruire 150 nuovi reattori nei prossimi 15 anni.

Anche la Russia ha avviato la costruzione di un reattore dimostrativo di quarta generazione, che dovrebbe essere pronto entro il 2035. La federazione sta costruendo nuove centrali sul proprio territorio, e soprattutto è una delle principali esportatrici di tecnologia nucleare nel mondo. Le sue aziende stanno costruendo decine di nuove centrali nucleari in altri Paesi.

Nel frattempo, però, la maggior parte dei reattori operativi oggi sono ancora i cosiddetti reattori di seconda generazione, cioè quelli costruiti dalla metà degli anni’60 alla seconda metà degli anni’80.

La terza generazione di reattori nucleari è stata sviluppata, invece, dopo il disastro di Chernobyl e differenzia da quella precedente sostanzialmente solo per i sistemi di sicurezza applicati. A questa generazione appartengono quasi tutti i reattori attualmente in fase di costruzione.

Anche in Europa l’energia nucleare ha un ruolo importante. Ma quanta se ne produce? In numeri assoluti, nel 2020 si è trattato di 760mila GWh. Oggi si contano 103 reattori nucleari operativi, che garantiscono quasi un quarto dell’elettricità totale prodotta in Europa.

Nei Paesi dell’Unione Europea, però, l’energia nucleare è un argomento molto divisivo, dato che 13 nazioni hanno reattori mentre le restanti 14 non producono energia nucleare e, al massimo, ospitano nel loro Paese un singolo reattore per scopi di ricerca. Il gruppo di Paesi capeggiato dalla Francia, che usa già il nucleare, intende aumentare o espandere le proprie centrali. Nell’altro gruppo ci sono invece Paesi che hanno dismesso da decenni le proprie centrali, come l’Italia, o che le stanno già smantellando e preferirebbero non includere il nucleare nella lista delle fonti green. Tra questi troviamo il Belgio, la Germania, che intende dismettere le proprie centrali entro il 2022 e la Spagna che comincerà nel 2027 e terminerà nel 2035. Fuori dall’Unione Europea, anche la Svizzera ha approvato un referendum per dismettere tutte le sue centrali attualmente attive e non costruirne altre. Ci sono inoltre due Paesi, la Polonia e l’Estonia, che pur non avendo al momento delle centrali nucleari, progettano di costruirne nei prossimi anni.

Nel frattempo, la produzione di energia nucleare in Europa continua a calare e non soltanto a causa delle decisioni prese dai Paesi, ma perché le infrastrutture sono vecchie e richiedono sempre più manutenzione. Un esempio piuttosto evidente è quello della Francia, che con i suoi 56 reattori genera il 52 per cento di tutta l’energia nucleare prodotta in Europa. Negli ultimi tempi, almeno cinque centrali sono state chiuse temporaneamente per via delle riparazioni necessarie. Il risultato è che la produzione di energia nucleare in Francia è ai minimi da decenni.

Tra le varie considerazioni da fare, nella scelta delle fonti di energia, ci sono i costi e i tempi. La costruzione da zero di una nuova centrale richiede almeno 10 anni ed enormi investimenti. Sia i tempi che i costi spesso sono più del previsto. Per esempio, i lavori per la costruzione della centrale nucleare francese di Flamanville, con reattore di terza generazione, sono iniziati nel 2007 e dopo 15 anni non sono ancora terminati, mentre dal costo previsto inizialmente di 3,7 miliardi di euro si è passati a oltre 12 miliardi.

 

In conclusione, abbiamo visto che sul nucleare l’Europa è divisa a metà. Centrali ormai vecchie faticano a tenere il passo con la domanda di energia, mentre quelle nuove spesso richiedono tempi di costruzione lunghi e costi elevati. Ma ci sarebbero altre aspetti da considerare: da una parte i rischi legati alla siccità che già ferma alcune centrali perché manca il liquido di raffreddamento e la difficoltà di individuare siti di stoccaggio, dall’altra le nuove possibilità che si intravedono nei microreattori, più facili da trasportare e già commercializzati, e nella fusione nucleare dal minor impatto ambientale rispetto alla fissione, ma ancora in fase di studio.

Puoi ascoltare qui le altre puntate di Geopod, il podcast di geopolitica.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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