Il ritorno allo Stivale bifronte forse non era nell’agenda di nessuno. Ma – a quanto dicono i risultati delle elezioni europee di sabato 8 e domenica 9 giugno – sembra essere la nuova realtà politica italiana. Fratelli d’Italia vicino al 30%, inseguito dal Partito Democratico al 24%. E tutti gli altri negli specchietti, metri e metri indietro, tutti sotto la soglia simbolica della doppia cifra percentuale.
Ora però inizia la seconda guerra: il totonomi. Dei 76 seggi che spettano all’Italia, 24 andranno al partito di Giorgia Meloni e 20 al Pd. Per Movimento 5 Stelle e Forza Italia saranno 9 a testa, 8 per la Lega e 6 per una sorprendente Alleanza Verdi-Sinistra. Chi li occuperà?
Giorgia Meloni o Giorgia
La battaglia del voto uninominale assomiglia più che altro a un plebiscito. Forse ha pagato la strategia di ammettere la doppia opzione sulla scheda elettorale (Giorgia Meloni per intero, ma bastava anche solo il nome di battesimo). Sta di fatto che la leader di FdI ha superato le due milioni e mezzo di preferenze. Ben oltre i 2,3 milioni di Salvini del 2019, ma Meloni è ancora lontana dai 3 che Silvio Berlusconi si era guadagnato 25 anni fa.
Certo, essere capolista in tutte e cinque le circoscrizioni aiuta. Anche se è ovvio che scrivere il nome Giorgia non la porterà a Bruxelles, essendo già impegnata a sufficienza nelle faccende romane. Ciò non toglie però il peso del risultato, che è una vera e propria bilancia dei suoi primi due anni di premierato. Quasi 400mila voti arrivano solo dalla Lombardia. E agli altri candidati di Fratelli d’Italia non rimangono che le briciole, come a certificare una lenta fusione tra il partito e il suo leader. «I festeggiamenti quando le elezioni vanno bene durano 5 minuti. Dopo tutto viene trasformato in responsabilità», è il commento del primo ministro.
Il resto della maggioranza
Attesissima la candidatura di Roberto Vannacci per il Carroccio. E non ha deluso, tanto da strappare un sorriso a un Matteo Salvini visibilmente deluso dai risultati. Per il generale più di 500mila voti, con un boom da 320mila al Nord, e la certezza di un seggio a Bruxelles. Una piccola vittoria entro l’amarezza di essere diventati la terza forza della maggioranza.
Dall’altra parte, invece, Forza Italia esulta e spera. «Ora si punta al 20% per le prossime politiche» è il grido di battaglia di Antonio Tajani. Il segretario del partito, nonché vicepremier, ha raccolto circa 415mila voti. Il miglior risultato al Sud, con oltre 140mila preferenze. Meno bene al Nord-Ovest per Letizia Moratti, sotto quota 45mila.
La nuova opposizione
Per Elly Schlein una strategia speculare a quella di Giorgia Meloni. Candidata (la leader del Nazareno solo al Centro e nelle Isole) pur già sapendo di cedere il proprio seggio ad altri. Per gli elettori del Pd, però, la sua futura assenza in Europarlamento sembra aver pesato di più. Sono solo 200mila le preferenze per Schlein contro le 495mila per Antonio Decaro, sindaco uscente di Bari e assoluto dominatore della scena meridionale nonostante le grane giudiziarie.
E proprio Decaro non batte solo la segretaria dem ma anche la capolista prescelta nella circoscrizione Sud Lucia Annunziata, che comunque supera quota 230mila. Al Nord-Est bene il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (385mila voti), così come fa Cecilia Strada nel Nord-Ovest (255mila).
Ultima forza a superare la soglia di sbarramento è Alleanza Verdi-Sinistra. Il big name Ilaria Salis sembra aver pagato i suoi dividendi. La 39enne, ancora ai domiciliari in Ungheria, ha ottenuto oltre 175mila voti tra Nord-Ovest e Isole. Ma rimane da definire se l’elezione all’Europarlamento le garantirà o meno l’immunità dalla condanna.
Rimangono poi gli anonimi (ma neanche troppo) sconfitti. I 200mila che hanno scritto il nome di Matteo Renzi si sono visti negare un seggio a Bruxelles per lo 0,25%. Disastro invece per Azione e Carlo Calenda (70mila). Esattamente come fallimentare la strategia del M5S di non candidare il leader Giuseppe Conte in nessuna circoscrizione. Il risultato? Una lista di gente pressoché sconosciuta all’elettorato. Che di fatti (eccetto quel 9,96% di anonime ‘x’ sul simbolo di partito) non ha registrato nessun exploit. L’unico degno di nota è Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, che a Sud ha racimolato 116mila preferenze.