Non c’è due senza cinque: alla prossima Mostra del cinema di Venezia (28 Agosto – 7 Settembre) di ventuno film in concorso cinque sono italiani.
Chiamiamoli col loro nome. A concorrere per il Leone d’Oro, nella giuria presieduta da Isabelle Huppert, i registi Gianni Amelio, Maura Delpero, Giulia Louise Steigerwalt, Luca Guadagnino, Fabio Grassadonia e Antonia Pozza. Dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla più celebre latitanza della criminalità organizzata italiana, ecco i cinque film in concorso.
Campo di Battaglia, di Gianni Amelio
Ambientato agli sgoccioli della Prima Guerra Mondiale, Campo di Battaglia racconta uno spaccato della vita di due amici d’infanzia che lavorano nello stesso ospedale. Entrambi assistono ogni giorno i feriti più gravi in arrivo dal fronte. Due amici i cui caratteri sono per certi versi speculari e contrari. Stefano, plasmato dal rigore della famiglia altoborghese da cui proviene (suo padre sogna per lui una vita in politica), il cui atteggiamento nei confronti di questi malati è tanto ossessivo quanto severo. Giulio, avulso alla vista del sangue e con una propensione allo studio della biologia, apparentemente più empatico e tollerante.
Non manca la presenza femminile. Anna, amica di entrambi, che sogna di fare il medico ma che si trova a fare i conti con la costrittiva condizione femminile dell’epoca. E’ durante il suo lavoro da volontaria per la Croce Rossa che si accorgerà che all’interno dell’ospedale potrebbe esserci un sabotatore che provoca l’aggravarsi delle condizioni dei pazienti.
Nel cast Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini, Giovanni Scotti, Vince Vivenzio, Alberto Cracco, Luca Lazzareschi, Maria Grazia Plos e Rita Bosello
Vermiglio, di Maura Delpero
Coproduzione internazionale tra Italia (Cinedora), Francia (Charades), e Belgio (Versus), il secondo lungometraggio della regista e sceneggiatrice Maura Delpero è figlio del suo percorso di sceneggiatrice allo ScriptLab del TorinoFilmLab nel 2021.
In un piccolo paese di montagna, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il mondo si accinge a ristabilire il proprio equilibrio, un maestro e la sua famiglia perderanno il loro.
Diva Futura, di Giulia Louise Steigerwalt
Milano, anni 80/90. Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger. Queste ragazze della porta accanto devono il loro ingresso da star nell’universo delle dive del porno a Riccardo Schicchi. Interpretato da Pietro Castellitto, il porno manager Schicchi è protagonista dell’opera seconda di Steigerwalt.
Nel cast, affiancano Castellitto Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan e Lidija Kordić.
Queer, di Luca Guadagnigno
Diverso, Checca. Sono alcuni dei titoli con cui, negli anni 80, l’editoria italiana ha distribuito il romanzo-scandalo Queer, di William Borroughs, uno dei padri della beat generation. Guadagnino ha desiderato di realizzare una trasposizione dell’opera per più di 35 anni.
<< Nella tristezza profonda non c’è posto per il sentimentalismo. È definitivo come le montagne: un dato di fatto. Eccolo. Quando te ne rendi conto non puoi lamentarti >>. William Borroughs, Queer
Una storia complessa e intricata, quella di Queer, che narra la relazione omossessuale tra Lee, un espatriato americano in fuga dalla madrepatria per evitare il coinvolgimento in una storia di droga (ma che in Messico non riuscirà a frenare la sua passione per la cocaina), e Allerton, un militante della marina militare in congedo, che condivide la stessa dipendenza.
Le fonti parlano di “ una sinfonia ipnotica di ben tre ore”, in riferimento alla trasposizione di Guadagnino. Nei panni del protagonista, l’attore britannico Daniel Craig: un’occasione, quella offerta dal regista di Chiamami col tuo nome, per scrollarsi di dosso gli abiti da 007.
Iddu, di Fabio Grassadonia e Antonia Pozza
Da Leopardi a Ligabue, da un manager dell’Ilva crudele e senza scrupoli a Enrico Berlinguer. Nella vita privata voleva – e vuole – nascondersi, Elio Germano, definito più volte il miglior attore italiano per il suo trasformismo attoriale. Ora, però, è al cinema nei panni del latitante di mafia più famoso della storia italiana: Mattia Messina Denaro.
Ispirati dagli innumerevoli “pizzini” trovati nel corso degli anni della latitanza del boss, i registi spiegano come questi abbiano avallato “la funzione pratica di comunicazione criminale” lasciando così emergere la personalità di Denaro e “il mondo insensato, tragico e ridicolo, che nel latitante si specchiava e intorno a lui volteggiava spericolatamente.”
L’orto americano, di Pupi Avati
Spetterà invece all’horror gotico di Pupi Avati, L’orto americano, la chiusura di Venezia 81. Può un colpo di fulmine tramutarsi in una situazione terrificante? È quello che accade nell’ultima opera del Maestro Avati, che ha dichiarato: << Ancora una volta affrontiamo il genere ‘gotico’, in questo caso non solo confermando quei luoghi della nostra regione che sono risultati così significativi, ma allargandoci per la prima parte del racconto a quell’America rurale che è del tutto simile alla nostra Emilia-Romagna >>.