Un anno di ChatGPT: e OpenAI già pensa a “Q*”

Un anno fa, Il 30 novembre 2022, ChatGPT debuttava sulla scena mondiale. Si presentava come uno strumento rivoluzionario basato sull’intelligenza artificiale (AI) generativa, in grado di conversare e rispondere a domande su qualsiasi argomento.

Creato da OpenAI – startup fondata nel 2015 da Sam Altman, Greg Brockman ed Elon Musk – ChatGPT ha raggiunto la cifra record di 100 milioni di utenti in soli 2 mesi. Un record successivamente battuto solo dal nuovo social di Meta, Threads.

Nel giro di un anno, l’AI generativa è entrata con prepotenza nelle nostre vite. ChatGPT può «aiutare nello studio e nel lavoro, comporre testi complessi in pochi secondi o intrattenere con conversazioni stimolanti», come si legge sul sito di OpenAI.

Ma siamo solo agli inizi. Secondo fonti Reuters, a un anno dal rilascio al pubblico di ChatGPT, OpenAI starebbe già ultimando il suo successore. Il tutto tra la preoccupazione generale del suo stesso team di sviluppo. Vediamo i retroscena di quello che potrebbe essere l’argomento centrale del 2024: parliamo di Q*.

Il progetto segreto di OpenAI

Tra gli intrighi meno noti su OpenAI, c’è quello del discusso modello Q*. Di cosa si tratta? Viene definito da Reuters come «forse la prima vera intelligenza artificiale generale in grado di imparare e ragionare in piena autonomia, come un essere umano».

L’intelligenza artificiale generale è considerata la diretta evoluzione delle intelligenze artificiali generative. Sarebbe capace di agire con maggiore autonomia e prendere più iniziative. Sempre meno strumento, sempre più agente.

Un dettaglio degli interni degli uffici di OpenAI. Al centro, il simbolo della compagnia

Il salto di qualità potrebbe essere rappresentato dalle capacità matematiche dei vari modelli. ChatGPT non è in grado di risolvere da zero anche dei problemi di matematica semplici. Al contrario, il modello Q* avrebbe già adesso l’abilità e la competenza necessaria a risolvere i problemi matematici di un bambino delle elementari.

Non sembra un granché, eppure la competenza logico-matematica è ritenuta la base necessaria per un upgrade che renda le AI più simili al modo di pensare degli esseri umani. E non finisce qui. Il modello Q* sarebbe capace di crescere e apprendere in autonomia attraverso l’esperienza. Una mente elettronica in evoluzione senza i limiti fisici di un organismo biologico.

Preoccupazioni e retroscena

Ma quali sarebbero le conseguenze di un simile passo in avanti? Il 17 novembre 2022 alcuni ricercatori, tra cui Jakub Pachocki e Szymon Sidor, avrebbero manifestato in una lettera interna forti preoccupazioni sugli sviluppi di Q*, ritenendolo un «potenziale rischio per il genere umano».

Il timore è che questa AI, grazie alla sua straordinaria capacità di apprendimento autonomo, possa sfuggire al controllo degli sviluppatori diventando una minaccia. I due ricercatori erano anche tra coloro che avevano minacciato di lasciare l’azienda dopo il licenziamento di Altman. Forse solo una curiosa coincidenza.

O forse proprio il modello Q* è stato uno dei motivi del burrascoso allontanamento del CEO Sam Altman, poi reintegrato solo 5 giorni dopo grazie alle pressioni dei dipendenti e degli investitori di OpenAI, in primis da Microsoft, la Big Tech che ha investito circa 11 miliardi di dollari sulla visione di OpenAI.

Il futuro tra AI etica e minacce esistenziali

Il primo anno di ChatGPT ha segnato una svolta epocale per l’intelligenza artificiale. Modelli come Q*, se non già esistenti, sono destinati ad apparire. Essi spingeranno ancora più in là i confini della ricerca, ma anche i rischi che corriamo nello sviluppare questi modelli. Tra la versione 3.0 di ChatGPT e la 4.0, come abbiamo visto, il divario è già enorme. Possiamo solo immaginare cosa riesca a fare un modello conversazionale ripensato da zero da OpenAI, sulla base dell’esperienza già fatta.

Intanto, dopo un anno di sviluppo, la grande novità di ChatGPT è la possibilità di usarlo per creare intelligenze artificiali personalizzate. Con ChatGPT Turbo adesso si può addestrare da zero una intelligenza artificiale generativa a compiere un compito preciso, non più generico. Il tutto senza dover utilizzare un linguaggio di programmazione. Una prospettiva di cui ci occuperemo più nel dettaglio in futuro, per capirne meglio i limiti ma anche le enormi potenzialità.

La schermata in cui è possibile programmare e addestrare senza linguaggi informatici un’intelligenza artificiale specializzata

Il dibattito è aperto tra chi mette in guardia da potenziali minacce esistenziali poste da questi sistemi IA sempre più autonomi, e chi invece confida in uno sviluppo eticamente responsabile dell’AI a beneficio dell’umanità. Senza pensare che questa tecnologia sia nelle sole mani di OpenAI. Sono infatti tanti i modelli che partecipano a questa corsa, tra i quali ricordiamo i due progetti finanziati da Google: Claude e Bard.

Ivan Torneo

Giornalista praticante. Siciliano trapiantato a Milano. Motivato, eclettico, curioso. Laurea Magistrale in Scienze Cognitive e Teorie della Comunicazione. Il mio obiettivo è il giornalismo televisivo, la mia motivazione incrollabile.

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