Il Veneto potrebbe diventare la prima regione italiana a dotarsi di una legge sul fine vita. Una proposta di legge promossa dall’Associazione Luca Coscioni sarà discussa a partire dalle 10.30 di martedì 16 gennaio in Consiglio regionale.
La proposta al vaglio
Il Consiglio regionale del Veneto dovrà esprimersi sulla regolamentazione del suicidio medicalmente assistito. La delibera oggetto della seduta è il progetto di legge “Liberi subito”: si tratta di una proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta dall’Associazione Luca Coscioni, da anni in prima linea nella battaglia per il diritto all’eutanasia.
La proposta approda all’attenzione del Consiglio dopo aver raccolto novemila firme, ben oltre le settemila necessarie. Il progetto di legge punta ad agevolare l’accesso al suicidio medicalmente assistito, ovvero all’autosomministrazione del farmaco letale. Farmaco che comunque non sarebbe distribuito in maniera indiscriminata, ma secondo le indicazioni stabilite dalla Corte costituzionale nel 2019. L’obiettivo è perciò quello di definire tempi certi e a uniformare le modalità, fornendo supporto e assistenza a chiunque ne dovesse fare richiesta.
Perché la proposta diventi legge occorreranno la maggioranza assoluta (il 50% più uno) dei voti dei consiglieri presenti in aula. Alla votazione sarà presente anche il governatore Luca Zaia, che ha parlato di «una richiesta civile e legittima di migliaia di cittadini». Ai suoi occhi, aggiunge, si tratterà di «un voto su un tema etico e non un pronunciamento politico».
Il suicidio assistito in Italia ad oggi
Una decisione favorevole del Consiglio regionale andrebbe a colmare, almeno in Veneto, quello che è oggi un vero e proprio vuoto normativo nel panorama italiano. Attualmente a fungere da criterio normativo, per quanto blando, è un pronunciamento del 2019. I giudici della Corte Costituzionale all’epoca individuarono una ristretta casistica entro la quale l’incriminazione per suicidio assistito non sarebbe conforme alla Costituzione.
Non si tratta dunque di indicazioni circa tempi o modalità, ma soltanto l’individuazione di quattro requisiti. Da questi risulta che chi richiedesse il suicidio assistito debba essere anzitutto tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (ad esempio l’idratazione e l’alimentazione artificiale). In secondo luogo, il paziente deve risultare affetto da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche. Queste sofferenze devono poi essere reputate intollerabili, ma non compromettere la facoltà dell’individuo di prendere decisioni libere e consapevoli.
A verificare la presenza di tali condizioni deve essere una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale. Negli ultimi anni non sono mancati i casi in cui le richieste dei pazienti hanno trovato accoglienza. In particolare, è di pochi mesi fa la notizia di una donna triestina la cui morte assistita volontaria ha ricevuto completa assistenza dal sistema sanitario nazionale.
Il dibattito tra le forze politiche
Il governatore Zaia si è detto favorevole alla proposta, ma nessuno si aspetta una seduta facile. Il risultato della votazione non è affatto scontato e ha già incontrato pareri discordanti tra le varie forze politiche, anche fra quelle tra loro alleate. La Lega, di cui Zaia – seppur con una propria lista – fa parte, ha lasciato libertà di coscienza ai suoi membri, mentre Forza Italia si è detta contraria.
Di parere negativo anche Fratelli d’Italia, che lancia un appello trasversale a «quanti credono sia doveroso avere la massima cautela, pudore e rispetto della dignità della vita dell’uomo». A sostenere il partito di Giorgia Meloni anche l’Associazione Pro Vita & Famiglia. La onlus ha minacciato un travaso di voti dal Carroccio a Fratelli d’Italia, qualora i voti favorevoli dei leghisti dovessero essere decisivi. «Sarebbe la diretta conseguenza di un tradimento politico e valoriale», ha spiegato il portavoce, Jacopo Coghe.
Dall’opposizione, il M5S esprime un parere favorevole, così come la maggioranza del PD. L’impressione è che a fare la differenza potrebbero allora essere i “franchi tiratori” del centrodestra, in questa occasione apparso più progressista del solito in materia etica. Per la radicalità delle posizioni il voto assumerà anche i contorni di una mozione di fiducia (o sfiducia) allo stesso Zaia, con eventuali ricadute su tutte le politiche della Regione.
In attesa di una legge a livello nazionale, quel che è certo è che la delibera del Consiglio regionale in Veneto – quale che sia – resterà una decisione storica su questo tema nel nostro Paese.
A cura di Davide Aldrigo