Mia nonna e suo padre, “partigiani” prima dei partigiani

«Chissà se un giorno potrò mangiare tutto il pane con le olive che voglio», ripeteva da bambina mia nonna Tina a suo padre, Corrado Daniele. Siamo a Siracusa: è la primavera del 1943. Pochi mesi prima dello sbarco degli alleati in Sicilia.

La Resistenza ha avuto tante forme, alcune non ufficiali e apparentemente poco rilevanti per la Storia. E questa, di storia, non è mai stata raccontata fuori dalle mura di casa. Un racconto di fame e paura, di coraggio e astuzia. La seconda guerra mondiale vista con gli occhi di un padre e una ragazzina: mia nonna.

La Sicilia prima dello sbarco

Tina Daniele oggi ha 91 anni. È nata il 16 giugno 1932, quando Mussolini e il fascismo regnavano in Italia da quasi 10 anni. Seconda di tre fratelli, durante il periodo dello sbarco in Sicilia era poco più che undicenne. All’epoca il padre di mia nonna, Corrado, era capotreno per le ferrovie lungo le prime tratte attive in Sicilia. Un lavoro onesto, che regalava a lui e ai familiari alcuni benefit.

La famiglia Daniele pochi anni dopo la fine della guerra. Al centro, ...; Tina Daniele è la seconda persona partendo da sinistra
La famiglia Daniele pochi anni dopo la fine della guerra. Al centro, Corrado Daniele; Tina è la seconda persona partendo da sinistra

Ad esempio dei biglietti gratuiti, una volta al mese, con i quali poteva portare tutti nelle campagne di Giarratana. Un paesino oggi noto per produrre una varietà di cipolla dolce e di grosse dimensioni. Lì, vivevano i genitori di Corrado e altri parenti.

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Durante i bombardamenti precedenti allo sbarco degli alleati in Sicilia, Tina e la sua famiglia abitavano a Siracusa, in via Piave. Se nel centro storico di Ortigia esistevano gli Ipogei – profonde caverne in cui era sicuro ripararsi -, nelle zone circostanti si doveva ricorrere a rifugi improvvisati e poco efficaci.

«Passavamo ore nel rifugio. C’era chi mangiava e chi giocava a carte per ingannare il tempo. In quelle lunghe notti sono nate anche storie d’amore», racconta mia nonna. «Quando cadevano le bombe, tutti stavano in silenzio. Io invece gridavo e piangevo, ma il frastuono era tale che a malapena riuscivo a sentirmi. Alla fine si usciva, e gli adulti parlavano tra loro di chi era morto quel giorno, o di quale edificio avevano raso al suolo».

L’operazione Ladbroke

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le forze speciali inglesi e i paracadutisti iniziano una serie d’infiltrazioni nel territorio intorno a Siracusa. Si dà il via all’operazione Ladbroke, parte della più larga operazione Husky, che avrebbe segnato l’inizio dello sbarco in Sicilia e il successivo armistizio di Cassibile. Armistizio che prevedeva la resa incondizionata delle forze armate italiane alle forze alleate. Lo sbarco alleato più su larga scala prima del “D-Day” in Normandia, ha inizio il 10 luglio 1943 sulle coste siracusane, più precisamente a Cassibile, nella spiaggia di Fontanebianche.

 

Le forze britanniche avrebbero dovuto marciare fino al “Ponte Grande”, sul fiume Anapo. Una conquista strategica che avrebbe bloccato l’afflusso di riserve tedesche dall’entroterra verso la zona di sbarco di Cassibile. La battaglia dura giorni. Alle 15:30 del 10 luglio gli italiani hanno la meglio e l’avanguardia inglese si arrende. Il giorno dopo un ribaltamento porta alla conquista definitiva del ponte e alla liberazione dei prigionieri inglesi.

In quelle settimane le persone comuni vivevano nella paura. «Un pomeriggio due soldati si avvicinano a casa nostra. Hanno addosso armi e uniformi. Mia madre li vede dalla finestrella e sussurra a me e a mia sorella maggiore ‘sotto il letto, svelte!’ Loro ci chiamano da fuori con parole che non conosco. Noi stiamo in silenzio, accovacciate sotto il letto, mia madre pallida contro il muro. I due soldati bussano con  insistenza, guardano attraverso i vetri, ma dopo qualche minuto se ne vanno».

L’operazione “pane”

Oltre che la paura, i civili erano costretti a fronteggiare lo spettro della fame. Beni di prima necessità come la farina, l’olio e il pane servivano tutti al sostentamento delle forze dell’Asse. «Ci arrangiavamo mangiando quello che i soldati non volevano», racconta mia nonna.

«Facevamo il pane con le carrube, una farina nera e asciutta, ma per noi era buona perché non c’era altro. Una volta sono riuscita a trovare un uovo in campagna, la gallina lo aveva appena deposto. Ero felicissima».

Degli ufficiali tedeschi in posa al Teatro greco di Siracusa, uno dei principali monumenti della città
Degli ufficiali tedeschi in posa lungo le gradinate del Teatro greco di Siracusa, uno dei principali monumenti della città

Corrado, in qualità di capotreno, di cibo ne vedeva a bizzeffe. Aveva il compito di sorvegliare e scortare grosse quantità di quei viveri lungo la ferrovia che da Siracusa portava fino a Messina.

Ogni giorno guardava tonnellate di farina correre fino alle forze nazifasciste. Poi tornava a casa ed era costretto a sentire la fame della figlia raccontata attraverso i suoi sogni: «Chissà se un giorno potrò mangiare tutto il pane con le olive che voglio». Trovava la fame anche negli occhi dei parenti, degli amici e dei conoscenti.

Dopo pochi giorni Corrado decise che non poteva più stare a guardare. Iniziò a sottrarre parte del cibo destinato alle forze dell’Asse, portandolo in gran segreto fino alle campagne di Giarratana. La figlia Tina e sua sorella maggiore, Gina, lo aiutavano a nascondere i sacchi di cibo, che poi distribuivano anche a parenti e amici.

Falsificava i quantitativi e celava le merci: se lo avessero scoperto, avrebbe rischiato la morte. Sacchi di farina, barattoli di olive e il tanto agognato pane. Grazie al suo coraggio molte famiglie non morirono di fame nelle settimane e nei mesi in cui la guerra imperversava attraverso la Sicilia.

La Storia, come si sa, è fatta anche dalle singole persone e dalle loro scelte. E così Corrado, scegliendo di nutrire familiari e conoscenti, a modo suo fece la Storia. A modo suo disobbedì. A modo suo, fu partigiano prima che nascessero i partigiani.

Il dopoguerra

Anche grazie a quella scelta, nei primi anni del dopoguerra Tina divenne una donna bella e in salute. Pochi anni dopo mia nonna si sposò, e fu proprio suo padre Corrado a condurla all’altare.

 

La giustizia e la Resistenza, come spesso accade, hanno trovato rifugio nella quotidianità. In un padre che voleva dar da mangiare alla figlia. E che per farlo ha sfidato, disarmato, la più grande guerra del XX secolo.

Ivan Torneo

Giornalista praticante. Siciliano trapiantato a Milano. Motivato, eclettico, curioso. Laurea Magistrale in Scienze Cognitive e Teorie della Comunicazione. Il mio obiettivo è il giornalismo televisivo, la mia motivazione incrollabile.

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