L’arte di dar vita a una canzone: intervista a Luca Di Blasi, il talento dietro ai successi di Bresh, Tedua e Sayf

Dalle sessioni improvvisate ai progetti discografici più attesi: il produttore e compositore Luca “DiBla” è stato ospite al Master di Giornalismo dell’Università IULM di Milano per un’intervista esclusiva degli studenti del primo anno.

«Se vuoi proporre qualcosa di veramente diverso, devi setacciare e dare qualcosa “in più” all’ascoltatore. Immagina un viaggio in auto: alla radio senti brani tutti uguali, poi arriva un pezzo che si distingue e, finalmente, è… un’esperienza!» osserva il musicista, produttore, compositore e coautore Luca Di Blasi, ospite al Master di Giornalismo dell’Università IULM di Milano.
Il suo non è un nome che si sente urlare durante i concerti, ma sta dietro agli artisti più impattanti della nuova scena musicale italiana: Tedua, Bresh e Sayf, perfino Emma Marrone. Pavia come punto di partenza, Genova come “casa creativa”, Sanremo come palco conquistato e un tour europeo avviato con successo.
Nel silenzio dello studio o tra le note di una chitarra al tramonto, Di Blasi cuce musica addosso a chi la vive, mescolando lampi di genio e ascolto profondo, senza mai perdere il tono amichevole.
Tra aneddoti privati e riflessioni sull’equilibrio delicato tra industria e autenticità, emerge il ritratto di un artigiano moderno, che non ha mai perso il contatto con ciò che lo circonda. Di Blasi ci porta nel suo mondo, parlando dei retroscena dei progetti e del significato del successo e in sogni fanta musicali…
«Vorrei poter tornare negli anni Novanta con i due Gallagher o trovarmi in studio con Fabrizio De André o divertirmi con Dalla…» dichiara. Ma soprattutto ricorda che, nell’epoca dei tormentoni “fast food”, si dovrebbe tornare a cucinare lentamente, rivendicando il diritto di vivere – e far vivere – la musica con i propri tempi.

Come è iniziato il suo percorso nella musica?

Ho cominciato nella mia città (Pavia), suonando da solo la chitarra, poi ho messo su una band con altri ragazzi e, dopo circa dieci anni di centri sociali e altri posti “fuori dai canoni”, ho iniziato a lavorare con un mio vecchio amico, Shune (Luca Ghiazzi, producer di Tedua e Bresh, nda). Da lì abbiamo lanciato vari progetti.

Come lavora sulla composizione con i tanti cantanti con i quali collabora?

Nella composizione con i ragazzi (Bresh, Tedua e Sayf, nda) va tenuto conto dei loro ascolti e influenze. È come quando inviti qualcuno a mangiare: se sai già bene o male cosa gli piace, si parte da una base possibile. Poi loro vengono dalla stessa città, Genova, quindi in linea di massima parlano la stessa lingua e il processo compositivo nasce in maniera molto naturale.

Da dove vengono i temi dei brani?

Ognuno ha le sue passioni e il proprio modo di comunicarle, ma per me è essenziale passare molto tempo insieme, infatti ho questa filosofia secondo cui la musica viene fatta per il 50% fuori dallo studio. Ci troviamo a bere un caffè, a parlare di attualità, di un film visto, un libro letto o di qualsiasi altra cosa, poi scriviamo insieme e involontariamente abbiamo già un filo conduttore comune. È spesso una fotografia istantanea del periodo che stiamo vivendo.

Luca Di Blasi insieme a Tedua sul suo profilo Instagram
Com’è nata l’idea di fare un album con un titolo dantesco, La Divina Commedia (terzo album di Tedua)?

Quando Mario (Tedua, nda) aveva finito Mowgli (suo secondo album) aveva accennato a questo lavoro sia perché aveva il trip, una vera fissazione, per Dante, sia perché i fan lo chiamavano “il Poeta”. Era una promessa fatta al pubblico e, avendo io studiato Lettere a Pavia, abbiamo potuto lavorare insieme al progetto, che credo sia molto diverso dal grande disco di Murubutu (rapper italiano che ha pubblicato il disco Dante a tempo di rap).

Com’è stata creata, invece, la canzone di Bresh Guasto d’Amore? E come è diventata l’inno del Genoa?

Bresh è “figlio della gradinata” e conosce il linguaggio di quell’ambiente. Con quel pezzo ha parlato la lingua di chi va allo stadio, ma senza avere l’idea o l’“imposizione” di farlo diventare l’inno del Genoa. La canzone è nata spontaneamente davanti al mare, cantando su un giro “italianissimo”. Avevamo, però, già realizzato il disco e pubblicato alcuni singoli. Semplicemente poi a Roma l’abbiamo suonato e registrato live, tenendolo esattamente com’era e pubblicandolo nel 2023…

Bresh quest’anno ha partecipato al Festival di Sanremo con La tana del granchio. Lei come si è sentito in quel contesto?

Erano tre anni che con Bresh si parlava di Sanremo. Lui però non voleva mai andare fino in fondo e quasi si “auto sabotava”. Quest’anno ci siamo detti: «Beh, proviamoci!». Sanremo ti mette addosso paura, perché non stai più parlando al tuo pubblico, che capisce il tuo “viaggio”. Parli a tutti ed è una vetrina che crea e distrugge carriere. In generale è andata bene, ma gli artisti sul palco dovrebbero sempre essere se stessi, non fare mai una canzone per piacere a tutti.

C’è una forte amicizia tra lei, Tedua e Bresh. Ci racconta un aneddoto memorabile delle giornate insieme?

Beh, credo sia da ricordare la volta in cui siamo andati a Disneyland a Los Angeles. Lì ci siamo fatti prendere un po’ la mano con i gadget di Harry Potter: abbiamo comprato tutti una bacchetta. La giornata è finita con noi in giro per la città che ci parlavamo lanciandoci “incantesimi” astrusi e improbabili, puntando bacchette tra noi e verso la gente. È stato molto assurdo e divertente (ride, nda)!

Luca Di Blasi insieme a Sayf sul suo profilo Instagram
Sayf invece è un rapper molto diverso dagli altri: suona perfino la tromba nei suoi live!

Ho conosciuto Sayf a Roma, mentre ero con Bresh a fare sessione. Lui suonava la tromba e io suono un po’ il sassofono, quindi ci siamo esibiti per i passanti sul balcone di casa per divertirci. Abbiamo deciso di inserire la tromba nei pezzi, sia perché è un aspetto peculiare di Sayf, sia perché è molto cool. Poi lui è solare e sorridente, non come altri rapper che ostentano un machismo che non serve a niente: se vuoi avere rispetto basta la tua storia e come la racconti.

Com’è stato lavorare con Emma al brano Vita lenta del 2024?

Per me lei “spacca” davvero, anche a livello caratteriale. L’ho conosciuta durante lo scorso Sanremo per la cover fatta con Bresh (Medley di Tiziano Ferro) e penso sia la ragazza con cui sarei uscito a mangiare un kebab a Pavia. Ci siamo ritrovati in studio e poi abbiamo realizzato il pezzo. È molto simpatica, ma soprattutto è “vera” e schietta: non ha paura di dire quello che pensa.

Le è mai capitato di avere un momento in cui ha avuto un blocco creativo? Come lo supera?

Mi è capitato. Ci sono nottate in cui dormi male, arrivi in studio e il tuo cervello non partorisce assolutamente niente. Lì ti fai stimolare, ascoltando brani o uscendo a fare un giro. Poi se non succede nulla per quel giorno “chiudi la serranda”. Mi capitava soprattutto quando ero nella band, perché scrivevo ancora di più e mi veniva l’ansia, entravo in competizione con me stesso per raggiungere un certo standard!

C’è un suo progetto che non ha raggiunto le aspettative o, viceversa, un progetto su cui non aveva grandi speranze e poi ha avuto successo?

Per fortuna la prima cosa non è successa. Anzi, spesso si fa un pezzo senza dargli tanto peso, e poi arriva in classifica. Quando è uscito Oro Blu di Bresh nel 2022 pensavamo: «Se va, va…». Ai primi concerti del tour spiavamo fuori (fa il gesto di aprire scostare la tenda del sipario, nda), dicendoci con una certa sorpresa: «Ah è venuta tanta gente!». Anche con Sayf abbiamo preso tutto ciò che veniva come “oro”. Con La Divina Commedia di Tedua, però, ho sudato freddo. Erano quattro anni che non pubblicava e i fan chiedevano un suo disco, quindi se non fosse stato capito sarebbe stato un problema. Invece è andata bene.

Luca Di Blasi insieme a Bresh sul suo profilo Instagram
Oggi il mondo della musica è fatto sempre più di “tormentoni”. Questo trend ha influenzato la sua scrittura?

Ho sempre lavorato senza compromessi e non mi sono mai messo a tavolino per scrivere un pezzo del genere. Non ne sono proprio capace e mi cringio (imbarazzo) anche solo all’idea di provarci. Il mercato musicale, però, ora fa da “canzonificio” perché c’è questa domanda: serve a chi vuole una musica di sottofondo per l’estate e vuole ricordare quattro parole.

Quanto il pubblico influisce sul percorso di un artista?

Un artista ha bisogno di far uscire pezzi per fidelizzare l’ascoltatore. Il problema sta nel pubblico che continua a chiedere altro e chi lavora in questo mondo si deve adeguare. A questo si aggiunge l’assenza di meritocrazia: una persona può sbagliare un disco e farne un altro “perfetto”, ma non viene quasi mai concessa una seconda possibilità perché questo è un Paese spietato. È complicato sia per gli emergenti sia per chi è nel pieno della carriera: si è sotto il costante giudizio di chi ascolta.

Com’è cambiato l’approccio all’ascolto con l’avvento di piattaforme come Spotify e Apple Music?

Ricordo che quando ero piccolo andavo in bicicletta con mio fratello al negozio di dischi. Scoprivo artisti e ascoltavo un album per tre anni prima che ne uscisse un altro di quella band, quindi facevo in tempo a capirlo, impararlo, approfondirlo davvero. Ora il pubblico vuole un consumo rapido: prima la musica era un ristorante stellato, poi è diventata una trattoria e oggi un fast food! Non si può pensare di ascoltare un disco due volte e scrivere già una recensione. Io ancora oggi ascolto soprattutto i brani dei Beatles e, ogni volta, scopro qualcosa di nuovo. Questo perché è bello immergersi nella musica con molta calma e senza fretta…

Intervista degli studenti del Primo anno del Master di Giornalismo IULM di Milano

Testo a cura di Michela De Marchi Giusto, foto di copertina a cura di Claudia Campoli

 

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