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Latino, il professore Loquendum: «Insegno la classicità in un modo pop»

Al Liceo classico Tito Livio di Milano gli studenti imparano il latino divertendosi grazie alle lezioni del professore Daniele Michienzi, diventato famoso sui social come Loquendum. Termine latino che viene dal verbo loqui, “parlare”. Se molti ritengono che questa lingua sia antica e non serva a nulla, per Michienzi può essere «una chiave d’accesso a una cultura sconfinata».

Com’è iniziato il suo amore per il latino?

La mia passione è nata quando frequentavo le medie. Non a scuola però. I miei genitori erano insegnanti e mi era capitato a casa di sfogliare un libro di latino, uno di quelli che danno ai docenti in visione gratuita. Subito ha catturato la mia attenzione perché era pieno di disegni colorati. Ho iniziato quindi a imparare il latino da autodidatta, poi ho approfondito sempre di più la materia scegliendo di frequentare il liceo classico e continuando gli studi all’università finché non è diventata il mio lavoro.

Come e perché nasce il percorso sui social?

La mia pagina sui social è nata l’anno scorso quando insieme ai miei studenti ho tradotto le canzoni di Sanremo 2024 in latino. Un’idea nata per far divertire i ragazzi mentre apprendono la lingua e che poi è sfociata in un qualcosa che è andato ben oltre le mura scolastiche. L’iniziativa, infatti, aveva attratto alcuni giornalisti che erano venuti a scuola a filmare la classe e a realizzare interviste. Poi sono stato intervistato anche da varie emittenti radiofoniche. Da lì ho deciso di aprire il mio profilo Instagram “Loquendum” facendone un luogo di divulgazione con slide e reel. Il mio obiettivo è di avvicinare le persone alla cultura classica. In questo senso mi ha aiutato molto avere acquisito una laurea in linguaggi dei media e comunicazione: avevo approfondito delle conoscenze che ora, inaspettatamente, mi stanno tornando utili.

 

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Qual è lo scopo della sua divulgazione? A che pubblico si rivolge?

Lo scopo di ciò che faccio sui social è arrivare a un pubblico vasto divulgando argomenti che io amo: la cultura classica, la linguistica e il latino. Sono consapevole che siano discipline considerate da molti noiose, ma io cerco di presentarle in maniera semplice e il più pop possibile. Senza allo stesso tempo perdere di vista la qualità dei contenuti che pubblico. Soprattutto, scrivo pensando al mio destinatario: in primis ragazzi che studiano all’università, anche se da poco ho aperto un mio profilo su Tiktok e ho visto che sta incuriosendo anche studenti più giovani.

Che rapporto ha con il suo pubblico?

Con le persone che mi seguono ho da subito instaurato un rapporto estremamente positivo. Da quando ho fondato la pagina, infatti, sotto i miei post ho ricevuto commenti entusiastici o spunti per futuri argomenti da trattare. In poco tempo, poi, il numero dei follower è aumentato esponenzialmente, anche oltre le mie aspettative. Ho creato un canale broadcast collegato alla mia pagina Instagram, ‘i Loquendini’, che mi consente di avere un rapporto diretto con le persone più interessate ai miei contenuti. In generale percepisco grande interesse e un certo affetto nei miei confronti da parte del pubblico che mi manda messaggi.

Il latino è ancora importante oggi? Perché?

Il latino è, insieme al greco, alla base della nostra cultura occidentale, quindi è importante non perderlo e dimenticarlo. La lingua latina viene etichettata spesso come morta e inutile, ma in realtà è uno strumento che ci dà l’accesso reale al mondo antico aprendoci nuovi orizzonti spesso inaspettati. Con il latino si accede a un patrimonio culturale che è alla base del canone letterario occidentale.

Come svecchiare l’insegnamento del latino nelle scuole?

Secondo me si dovrebbero innanzitutto utilizzare gli strumenti glottodidattici moderni, prendendo spunto dall’acquisizione delle lingue moderne. Un tentativo lodevole è stato fatto con il “Metodo natura” dal professore Hans Henning Ørberg (1920-2010).

Un metodo che ha come obiettivo insegnare il latino come se fosse una lingua moderna. Ørberg pensa a una via per gli alunni che possa avvicinarsi all’apprendimento “standard”, ovvero immergere lo studente in situazioni e frasi in lingua originale. Il tutto seguendo un percorso che va da aspetti più semplici e via via più complessi. Un metodo che però oggi, secondo Michienzi, «non è ancora così ben applicabile alla scuola italiana, che ha delle sue specificità e l’obiettivo finale è ancora la traduzione con il dizionario».

Cosa dovrebbero fare i professori?

Gli insegnanti dovrebbero far capire agli studenti che il latino non è qualcosa di cui avere paura o che serve solo a fare ginnastica mentale o ad allenare la logica. Il latino è una lingua e va insegnata come tale ispirandosi anche a metodologie mutuate delle lingue moderne.

 

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Come i ragazzi possono usare il latino nella quotidianità?

Non saprei trovare un vero uso quotidiano della lingua, a parte quello che provo a fare con i miei contenuti in cui uso il latino, per gioco, per ridoppiare filmati o ricantare delle canzoni moderne. Mi piacerebbe che il latino si insegnasse così bene agli studenti da consentire loro di poterlo utilizzare per leggere le opere degli antichi filosofi, letterati o poeti in lingua originale. Abbiamo un corpus sconfinato di opere che si possono leggere: imparando e comprendendo il latino si può accedere direttamente ai testi degli autori, godendone finalmente senza la necessità di consultare continuamente il dizionario.

Quali sono le difficoltà dei ragazzi nell’apprendimento del latino?

Il latino terrorizza molti studenti per la sua cattiva fama di lingua difficile e grammatica noiosa. Questa nomea immeritata ce l’ha anche il greco, ma bisognerebbe solo demistificare un po’ di preconcetti. Il latino è una lingua come le altre, né più facile né difficile: facendo capire questo agli studenti, secondo me si può creare un terreno fertile per l’apprendimento, togliendo di mezzo ansie che non servono a nulla. Per andare nel pratico, poi, riscontro spesso una difficoltà nella traduzione che è data dall’uso smodato del dizionario: si tende a tradurre parola per parola, non capendo che questo procedimento è assolutamente fallimentare. L’approccio giusto a una qualsiasi lingua è quello che mobilita una competenza che permetta di avere uno sguardo globale su quello che il testo ci sta comunicando. Prima bisogna cercare di capire questo e, poi, solo dopo, si passa all’uso del dizionario.

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