«La mia professoressa mi ha salvata dalle SS»

Graziella Panconi a Savona a cavallo tra fine anni '40 e inizio anni '50.

«La mia professoressa mi ha salvato la vita. Ma io ero solo una ragazzina, non capivo davvero nulla». Gli occhi beige di Graziella Panconi, 93 anni, saettano per la stanza. Brillano, vivi e arzilli come 81 anni fa, quando con l’armistizio dell’8 settembre 1943 la Resistenza, fino ad allora sotterranea, uscì allo scoperto contro fascisti e tedeschi. A Savona, sua città natale, e nella sua esistenza.

«Mio padre non aveva capi»

«Mio padre – ricorda – era sempre stato antifascista. Guidava il locale Partito Repubblicano sin dal 1920. E in quel 1943 fondò il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale, ndr) provinciale insieme agli altri rappresentanti politici». Si chiamava Umberto Panconi, era nato nel 1899 e aveva creato una ditta di demolizioni navali che, negli anni ’30, era cresciuta fino a diventare una delle più grandi d’Europa.

Umberto Panconi a Mentone nel 1941, impegnato sui cantieri della ricostruzione cittadina.
Umberto Panconi a Mentone nel 1941.

«Ma con l’inizio della guerra, una sera a tavola, con occhi tristi ci disse: “Ora le navi le smantelleranno in altra maniera”». E così trasformò la sua attività in un’impresa edile. Ed ebbe talmente tanto successo che, nel 1941, il governatore militare italiano della Mentone occupata diede proprio a lui l’appalto per ricostruire la città francese. Nessuno sospettava delle sue simpatie antifasciste. E così fu fino all’armistizio del 1943.

Militari della Luftwaffe (Aeronautica) tedesca arrivano a Savona nell'agosto 1943, per installare le batterie contraeree.
Militari della Luftwaffe (Aeronautica) tedesca arrivano a Savona nell’agosto 1943, per installare le batterie contraeree.

L’inizio della lotta resistenziale lo vide lontano dai combattimenti: «Partigiano non è una parola adatta a lui, perché non aveva capi. Anzi, era lui stesso a comandare». Il suo ruolo è rimasto nell’ombra, anche a causa della distruzione dei documenti alla fine della guerra, ma grazie a successive ricerche si scoprì che Umberto Panconi, collaboratore stretto del futuro Presidente Sandro Pertini, aveva avuto compiti di coordinamento tra i vari gruppi attivi nell’Italia settentrionale, divisi per colore politico e area operativa. E per questo divenne obiettivo dei nazifascisti.

«Traslocammo sulle colline, e non mi piacque»

«La prima volta lo cercarono in ufficio, chiedendo di lui alla segretaria. Per fortuna si trovava lì e, precedendo la sua dipendente, disse ai fascisti di andare a cercarlo altrove. Non lo riconobbero e riuscì a scappare. Dopo quel giorno ci trasferimmo in campagna, sulle colline intorno a Savona». La signora Panconi guarda le foto appese al muro: «Queste cose le scoprii più avanti, all’epoca non ne avevo idea. Ero triste per il trasloco, e non capivo come mai mio padre stesse sempre più spesso fuori casa e, quando veniva a trovarci, si nascondesse dietro un armadio al minimo segnale di pericolo».

Il pergolato della casa della famiglia Nervi, in località Ranco a Savona, nei primi anni '50. FU in questa casa che i Panconi si nascosero quando Umberto (secondo da sinistra) divenne ricercato dai tedeschi.
Il pergolato della casa della famiglia Nervi, in località Ranco a Savona, nei primi anni ’50. Fu in questa casa che i Panconi si nascosero quando Umberto divenne ricercato dai tedeschi.

Umberto Panconi faceva avanti e indietro tra Savona e le varie brigate partigiane del Piemonte e della Liguria. Sempre ricercato, sempre nel mirino. Mettendo in pericolo anche la sua famiglia: «Mia mamma mi diceva, quando andavo a scuola, di non passare mai per la strada. Dovevo seguire i sentieri nell’erba. E quando tornavo mi chiedeva sempre: “Ti ha fermata qualcuno?”. Era frustrante, non capivo il motivo di tante premure. Pensai che fosse una sua idea: lei era strana, credeva nel rapporto tra uomo e natura, e così mi convinsi che voleva solo farmi seguire il suo credo facendomi camminare nei campi».

«Vattene a casa e non farti più vedere»

I mesi passarono, fino al marzo 1945: «Una mattina, passando in centro a Savona, vidi dei manifesti listati a lutto. Ero incuriosita e li lessi. Era un proclama delle SS tedesche che titolava: “Sono stati condannati a morte i seguenti sovversivi”. Tra i nomi c’era quello di mio padre. Fu allora che capii davvero cosa stava succedendo». Sbatte gli occhi la signora Panconi, che diventano lucidi per un solo istante. Il dramma, per lei, doveva ancora arrivare.

Il Regio Ginnasio "Gabriello Chiabrera" di Savona in una cartolina d'epoca.
Il Regio Ginnasio “Gabriello Chiabrera” di Savona in una cartolina d’epoca.

Qualche giorno dopo, mentre era a lezione di greco nella sua aula del Regio Ginnasio “Gabriello Chiabrera”, bussarono alla porta. La professoressa aprì, trovandosi davanti due soldati delle SS con elmetto in testa e mitra a tracolla: «“C’è Panconi Graziella?”, chiesero. La docente, rapida, disse di no. Che ero ammalata e non ero venuta a lezione. I due se ne andarono, rimanendo all’ingresso principale della scuola. Allora lei venne da me e, segnalandomi un’uscita secondaria dell’edificio, mi disse: “Vattene a casa. Non parlare con nessuno e non farti più vedere qui”».

Terrorizzata, Graziella vagò per ore nel centro di Savona, senza sapere dove andare. Senza sapere perché dovesse scappare. «Quando tornai a casa raccontai tutto a mia madre e le chiesi perché fossi dovuta andare via da scuola. Mi rispose semplicemente che “era meglio così”. Per due mesi non sarei più andata in città, fino alla fine della guerra».

«Non so se l’abbiano mai ringraziata»

Ripensa a quei giorni e a quelli che vennero. Alla liberazione di Savona, con le squadre partigiane guidate da suo padre che entrarono in città il 24 aprile 1945. Al dopoguerra, con Umberto Panconi nel consiglio comunale e impegnato, nel privato, nella ricostruzione materiale e sociale del Comune.

Le squadre partigiane sfilano nel centro di Savona il 25 aprile 1945, il giorno dopo la liberazione della città.
Le squadre partigiane sfilano nel centro di Savona il 25 aprile 1945, il giorno dopo la liberazione della città.

Ma il suo pensiero indugia su quel mattino di marzo 1945. Si ferma, ragiona e conclude: «La professoressa sapeva di mio padre e probabilmente era stata istruita su cosa fare. Ma è stata la sua prontezza a salvarmi. Perché lei mi ha salvato la vita. Senza non sarei mai stata qui. E non so se i miei genitori, per questo, l’abbiano mai ringraziata».

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Umberto Cascone

Nasco a Savona in un rovente mattino di agosto del 2000. Sin da bambino mi interesso di tematiche militari, passione che porto avanti ancora adesso. Negli anni nuovi argomenti iniziano a affollarmi la mente: dalla politica estera a quella interna, passando per una dose abbondante di storia. L'università mi regala l'amore per la radio, che mi spinge a entrare in RadioIULM e a prendere le redini prima del reparto podcast (marzo 2022-ottobre 2023) e poi dell'intera emittente (settembre 2022-gennaio 2023). Ho tanta voglia di fare, di raccontare il nostro tempo, fatto anche di argomenti spesso trascurati, eppure importantissimi. Ci riuscirò? Sarebbe bello dire, alla Manzoni, che lo giudicheranno i posteri. Ma l'unica risposta sincera è: lo spero.

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