Un aiuto durante il periodo Covid a chi era «disconnesso». L’impegno di Mario Donadio, informatico 62enne milanese, è stato premiato agli Ambrogini d’Oro 2024. Con il sostegno di circa 150 associazioni, ha ricondizionato e donato computer inutilizzati alle famiglie che non potevano permetterseli. Poi la vicinanza alle periferie con le donazioni di giocattoli. Una storia di volontariato, dedizione e solidarietà.
Come è nata questa iniziativa del riuso di computer riparati donati agli studenti durante la pandemia?
È iniziata durante l’epoca del lockdown. Il lavoro era diminuito, per noi come per tutti e quindi in quel contesto, avendo i permessi di poterci spostare per fare assistenza tecnica ci siamo inventati questa raccolta dei computer usati per ricondizionarli gratuitamente e metterli a disposizione di chi non ne aveva. Era il periodo dell’insegnamento a distanza e molti ragazzi non avevano né disponibilità economica né i mezzi per poter utilizzare questo sistema di insegnamento.
La cosa è iniziata per scherzo, poi ha preso sempre più vita e anche incremento. All’inizio lo facevo io e altri due collaboratori dell’azienda, poi abbiamo deciso di aumentare il numero dei volontari facendo una ricerca su internet. Ci siamo ritrovati quindi un bel po’ di ragazzi, alla sera ci trovavamo una volta alla settimana e ci suddividevamo i compiti. C’era chi andava a ritirare i computer che venivano donati e poi qui da noi li ricondizionavamo. Per quanto riguarda il discorso della donazione, passavamo attraverso le associazioni. Ad oggi siamo passati attraverso 150 associazioni circa.
Durante questa esperienza ha ricevuto dei feedback particolarmente toccanti da qualche famiglia?
Mi ricordo in particolare una famiglia in cui, per l’insegnamento a distanza, il bambino seguiva la lezione sul cellulare e la mamma prendeva appunti cartacei. Il problema è che, non ci si preoccupa mai di chi è più agevolato ad avere dei sistemi più flessibili dall’altra parte e chi invece magari, non avendo disponibilità economica, è costretto a fare i salti mortali solo per prendere appunti e quindi rimane un po’ indietro rispetto agli altri.
Poi c’è stata l’iniziativa in collaborazione con ALER di questi punti di raccolta di giocattoli per bambini nei quartieri delle periferie.
Sì, quello è stato un passo successivo. Dopo il lockdown abbiamo ripreso a lavorare quindi i tempi erano un po’ più stretti per star dietro al discorso del ricondizionamento. Oggi lo facciamo sempre con questi volontari, e ciascuno per conto proprio o altre realtà con cui ci siamo uniti, fa la propria parte nelle proprie sedi. Quindi ho voluto mettermi a fare qualche cosa di diverso e mi sono messo a raccogliere i giochi. Parliamo sempre di recupero di beni materiali che finirebbero in discarica, quindi c’è una sensibilità all’ambiente. Oggi faccio circa tre, quattro ritiri giornalieri di donazione di giochi dai privati.
Parto al mattino con il mio furgone, vado a recuperare questi giochi e poi vanno selezionati in funzione della tipologia. Le richieste sono diverse e una volta selezionati partono per queste postazioni che abbiamo creato nei quartieri popolari sia Aler che MM (Metropolitane Milanesi, ndr). La cosa bella è che noi non facciamo la donazione diretta a chi riceve, ma li lasciamo lì. Per cui i genitori che la sera rientrano nel caseggiato possono trovare dei giochi a disposizione e portarli alle proprie famiglie.
Come ha vissuto il riconoscimento all’Ambrogino d’oro di quest’anno per questa sua attività?
A parte la sorpresa, è stato principalmente un riconoscimento di insieme. In questi ultimi anni ho conosciuto veramente una marea di persone, poi le ho anche conosciute in un momento piacevole e positivo, perché chi dona ti accoglie sempre col sorriso al mattino quando vai a ritirare. Per cui si è innescata con alcuni anche una continuità di donazioni, cioè famiglie che hanno figli che crescono e poi man mano ti chiamano e ti ridonano. È un riconoscimento che considero globale.
Le nuove generazioni, secondo lei, quanto sono interessate alle attività di volontariato?
Le nuove generazioni sono molto sensibili al tema dell’usato, del volontariato su questa tematica. Certo, vanno formate perché molto spesso ci sono ragazzi che mi chiedono «cosa possiamo fare in più per aiutare?». Il vero problema è determinato da alcuni costi che chi fa volontariato purtroppo non sempre può supportare. Ad esempio io mi muovo e ci carichiamo grazie anche all’azienda che mi supporta con le spese del veicolo e i costi della benzina. Viceversa il volontario non sempre ha questa disponibilità. Se le amministrazioni agevolassero dei mezzi messi a disposizione gratuita di chi fa questo tipo di attività sicuramente sarebbe una cosa splendida.
Che prospettive future ha per la sua attività?
L’idea è di creare una maggior sensibilità partendo dalle scuole. Vogliamo creare all’interno della scuola dei luoghi di interazione con i giochi usati a costo zero. L’obiettivo è anche sensibilizzare sul tema del riciclo. Oggi le scuole purtroppo sono sempre bistrattate dall’avere fondi. In secondo luogo, vorremmo che le stesse nuove generazioni all’interno delle scuole si facciano carico di mandare avanti un progetto di recupero e donazione. Mi avevano invitato a parlare di queste tematiche al Municipio 6 e dei ragazzi delle scuole medie quando ne ho parlato si sono così entusiasmati che hanno convinto loro le amministrazioni a partire con un recupero sotto le feste. Ci sarà una giornata dedicata e gli stessi ragazzi prenderanno tutti questi giochi e li potranno regalare a chi ha bisogno.