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Uno di quei giocatori che in campo fa la differenza senza troppo rumore. Con un overall di 79 nella Kings League e un passaggio da 88 punti, Manuel Galiano è il tipo di centrocampista che fa girare la squadra con intelligenza e visione di gioco. Dopo un percorso tra importanti squadre giovanili, un’esperienza negli Stati Uniti e un passaggio in TV, Maui – questo il suo nome social – ha trovato la sua dimensione negli Underdogs di Mirko Cisco.
Come e quando ti sei avvicinato al calcio?
Sembra incredibile, ma gioco a calcio da quando avevo due anni. Mio padre era un portiere e mi ha trasmesso la passione per il pallone. Il mio migliore amico giocava a calcio e, grazie a lui e a suo padre, mi sono unito alla sua squadra fin da piccolo. Da quel momento non ho mai smesso, anche se a volte sembra quasi una maledizione. Il calcio è la mia vita, con tutti i suoi pro e contro. Ho iniziato nel Savona. Da bambino, poi, ho avuto un brutto incidente dove sono quasi morto. Nonostante questo, ho continuato il mio percorso, passando per Milan, Genoa e Sampdoria.
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Ho giocato in Serie D e vinto un campionato di Serie C, ma ho anche avuto l’opportunità di giocare in America. Ho sempre vissuto di calcio, ma ho anche lavorato per mantenermi, provenendo da una famiglia umile. Per poter andare negli Stati Uniti, ho dovuto rispettare vari requisiti burocratici, tra cui avere una certa somma di denaro in banca e almeno un anno di università. Ho lavorato duramente per un anno e mezzo, facendo tre lavori per potermi trasferire.
Quanto tempo sei rimasto negli Stati Uniti?
Sono rimasto due anni e mezzo, grazie a una borsa di studio da 100.000 dollari che mi ha permesso di studiare gratuitamente in cambio di giocare per la squadra universitaria. Ai tempi non c’erano tante agenzie che facilitavano questo tipo di percorsi.
Avrei dovuto trasferirmi a Los Angeles grazie a un’altra borsa di studio, ma la vita mi ha portato in televisione, cambiando completamente la mia direzione. Nonostante tutto, ho sempre cercato di mantenere un legame con il calcio, creando contenuti a tema calcistico.
Quindi la televisione è stata solo una parentesi…
Sì, ha dato slancio alla mia popolarità, ma il calcio è sempre rimasto il mio focus. Quando ho partecipato alla Goa7 League, un format interamente dedicato al calcio, ero ancora poco conosciuto. Nonostante avessi già alcuni follower, nessuno mi conosceva in quell’ambiente.
Poi ho segnato 20 gol in un anno e mi sono fatto un nome. Tuttavia, voglio sottolineare che non sono entrato nella Kings League per la mia fama: ho sostenuto i provini, ho partecipato al draft e mi sono guadagnato il posto sul campo, non grazie alla mia visibilità.
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Quali sono le principali differenze tra la Kings League e la Goa7 League?
Pur avendo grande rispetto per la Goa7 League, le due competizioni sono molto diverse. La Kings League è più social, più orientata all’intrattenimento e segue un format ben definito. La Goa7 è sì ispirata alla competizione di Piqué, ma ha delle differenze.
Per esempio, i presidenti formano la propria squadra attraverso draft – come in Kings -, wild card e l’inserimento di vip. Poi, nonostante anche qui si giochino due tempi da venti minuti, negli ultimi tre si gira una specie di ruota della fortuna che stabilirà la modalità di gioco fino al triplice fischio dell’arbitro.
Sebbene la Goa7 League mi abbia dato visibilità e ho trovato parecchi amici, non è paragonabile alla Kings per struttura e impatto mediatico. Quest’ultima è qualcosa di spettacolare, ha un’atmosfera unica. Entrare in quell’arena è un’emozione incredibile. Per chi ama il calcio, è un’esperienza straordinaria.
Com’è stato il primo giorno con la squadra?
Essendo un uomo di calcio, integrarmi è stato naturale. Ho trovato un gruppo di ragazzi umili e volenterosi, tutti con il desiderio di mettersi in mostra. L’ambiente è molto stimolante e non ci sono stati problemi di adattamento: siamo un bel gruppo.
E come sono strutturati gli allenamenti?
Abbiamo due sessioni di allenamento fisse a settimana, a volte anche una terza, al campo dello Sport Village a Milano. Analizziamo le nostre prestazioni con il match analyst e studiamo gli avversari.
Trionfo degli Underdogs 🐶✅#kingsleague pic.twitter.com/G921sn6spd
— Kings League Lottomatica.sport Italy (@KingsLeague_IT) February 3, 2025
Stanno danno risultati vista la vittoria all’esordio… Ma quali sono i fattori decisivi per vincere?
Conta tantissimo la fame di vittoria. Puoi avere anche Cristiano Ronaldo in squadra, ma se non hai la giusta determinazione, non vincerai. In questo sport la fortuna gioca un ruolo, ma la voglia di emergere fa la differenza.
Secondo te, qual è il futuro di questa competizione in Italia?
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Sono sicuro che tra un paio d’anni il livello sarà altissimo. Le squadre si stanno strutturando come vere società sportive e arriverà il momento in cui i giocatori lasceranno le loro squadre per dedicarsi completamente alla Kings League, come già avviene in Spagna. È un format destinato a crescere sempre di più.
E tu come vivi questa attenzione mediatica?
Onestamente non la vivo con pressione, perché sono abituato alle telecamere grazie all’esperienza a Uomini e Donne su Canale 5. Anzi, l’adrenalina delle dirette mi carica. Non ho mai sofferto la pressione, nemmeno a scuola: più la sfida è grande, più mi esalto.