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I dazi di Trump, la risposta cinese e l’incognita Europa: «Guerra commerciale è una sconfitta per tutti»

Dazi, dazi, dazi. La politica economica di Donald Trump non si potrebbe riassumere in modo migliore. Tariffe del 25 per cento su tutti i prodotti provenienti da Canada e Messico, e del 10 per cento sui beni importati dalla Cina. Una “guerra commerciale” per «proteggere gli americani» dall’immigrazione clandestina e dal traffico di Fentanyl illegale. E se a poche ore dalla loro introduzione Donald Trump ha fatto marcia indietro, concedendo ai Paesi confinanti un periodo di 30 giorni per adeguare la sicurezza alle frontiere. Diversa è la situazione con la Cina di Xi Jinping, che a sua volta ha risposto varando un pacchetto di dazi contro gli Stati Uniti.

Cina, tech e Tim Cook

«È interessante notare che la risposta cinese non si è limitata ai dazi, ma ha incluso anche restrizioni contro le aziende statunitensi in Cina e controlli sulle esportazioni, in particolare sui metalli rari, di cui la Cina è uno dei principali fornitori mondiali» ha commentato Martin Klein, Professore di economia internazionale alla Martin-Luther-Universität Halle-Wittenberg. Metalli rari, appunto, utilizzati soprattutto nella produzione di prodotti ad alta tecnologia. Il cui prezzo, quindi, potrebbe salire.

«Bisogna considerare che se gli Stati Uniti tassano i prodotti cinesi, tassano anche gli iPhone, per esempio. Tant’è che durante il primo mandato di Trump, Tim Cook chiese e ottenne un’esenzione» ricorda Emilio Colombo, Professore di politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tuttavia, non è detto che il CEO di Apple sia in grado di raggiungere nuovamente un accordo di questo tipo. E qui si torna ad una delle principali conseguenze dei dazi annunciati da Trump: l’aumento dei prezzi.

Controsensi

«Il primo effetto dei dazi di Trump è che i consumatori americani pagheranno di più una serie di prodotti, sia direttamente che indirettamente. Quindi – aggiunge Colombo – da questo punto di vista è una politica che, così come disegnata, non aiuta l’economia americana». Economia che al momento sta vivendo un periodo di crescita solida, con il PIL aumentato del 2,5% solo nel 2024, registrando inoltre un incremento dei consumi. «La cosa più bizzarra di tutta questa vicenda è proprio questa. Se si impone un dazio è evidente che le importazioni verranno ridotte, ma se gli altri paesi implementano dei dazi di risposta e politiche di retaliation, l’effetto finale non è per niente chiaro».

Inoltre, proprio per l’impatto che i dazi hanno sui prezzi, la Banca Centrale Usa, o Fed, ha deciso di non tagliare i tassi. La ragione? Attendere l’impatto inflattivo delle misure protezionistiche trumpiane. «L’esito di questo è che il dollaro si è apprezzato, determinando un aumento delle importazioni e una diminuzione delle esportazioni, cioè va contro, diciamo così, l’effetto iniziale delle tariffe» sottolinea il Professor Colombo.

Economia? No, politica

Se da un punto di vista economico, quindi, la situazione è piuttosto intricata. È chiaro invece l’intento politico dietro la decisione di imporre delle tariffe. Oltre che le ragioni dichiarate, ovvero la riduzione dell’immigrazione e dell’ingresso del Fentanyl negli Stati Uniti, Trump usa i dazi come metodo per acquisire una posizione forte in ambito negoziale. «Gli Stati Uniti sono un paese grande, quindi questo metodo è utile con una controparte che ha dimensioni minori, come nel caso del Messico; gli riesce meno bene quando la controparte ha una dimensione economica paritaria, come la Cina».

Dopo l’annuncio dei dazi del 25% su Canada e Messico, infatti, entrambi i leader hanno convenuto fosse utile negoziare, accettando una proroga di 30 giorni in cambio del loro impegno a rafforzare la sicurezza ai rispettivi confini con gli Stati Uniti. A differenza, quindi, dell’immediata risposta cinese. Oltre ai dazi, però, ci sono altre strategie che gli Stati Uniti potrebbero adottare per affrontare il deficit commerciale con la Cina, che alla fine del 2024 ammontava circa 300 miliardi di euro.

Deficit della bilancia commerciale di beni USA per paesi partner (Fonte: Export Planning)

Come ricorda il Professor Martin Klein, infatti, «alcune misure non tariffarie stanno già emergendo negli Stati Uniti. Ad esempio, limitando l’accesso al regime di esenzione doganale che finora ha permesso di importare dalla Cina pacchi di basso valore senza dazi. Un’altra possibile strategia sarebbe attrarre investimenti diretti cinesi negli Usa, sostituendo le esportazioni con la produzione locale». Tuttavia, queste misure andrebbero contro le strategie di “decoupling”, o disaccoppiamento tra le due maggiori economie, e riduzione dei rischi. Dunque, per il momento rimangono poco probabili.

Anche l’Europa si deve preoccupare?

Infine, cosa accadrebbe se Trump decidesse di introdurre dazi anche nei confronti dell’Unione Europea, con cui gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale che si è allargato dai 170 ai 237 miliardi di dollari nel 2024? «La strategia standard prevederebbe l’imposizione di dazi europei mirati su settori specifici dell’economia statunitense. Tuttavia, l’UE, e in particolare l’Italia, hanno bisogno degli Stati Uniti sia come partner commerciale sia come alleato nella NATO. Permettere che la relazione degeneri in una guerra commerciale totale sarebbe un errore politico da evitare a tutti i costi» commenta Klein.

Posizione, la sua, simile a quella del Professor Colombo che dichiara: «Spesso gli europei prendono posizione senza aprire un dialogo. Tuttavia, se Trump vuole sedersi al tavolo delle trattative, l’Europa deve avere un approccio pragmatico e trattare, perché volendo è in grado di infliggere un danno agli Stati Uniti. L’obiettivo però deve essere minimizzare perché una guerra commerciale è una sconfitta per tutti».

Vittoria Giulia Fassola

Classe 2001. Ligure e anche un po' francese. Laureata in International Relations and Global Affairs, all'Università Cattolica di Milano. Mi interesso di politica estera e di tutto ciò che penso valga la pena di raccontare. Il mio obiettivo? Diventare giornalista televisiva.

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