Bar e ristoranti di tendenza: la rivoluzione gastronomica post Expo

Dieci anni dopo l’Esposizione Universale del 2015, la città di Milano continua a risentire positivamente dell’impatto di quell’evento storico. Tra i settori che hanno saputo sfruttare al meglio le opportunità offerte dall’Expo, emerge quello della ristorazione, che si distingue per una crescita straordinaria e una diversificazione senza precedenti. Secondo i dati raccolti dalla Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi, il numero di bar e ristoranti in città è aumentato del 30%, passando da circa 6.000 locali a più di 8.000 attività.

Il forte impatto sul panorama gastronomico milanese
Carlo Squeri, segretario di Epam, l’Associazione pubblici esercizi Confcommercio Milano

Negli anni successivi al 2015, Milano è stata riscoperta come una meta turistica non solo per il business, ma anche per il tempo libero, diventando una delle destinazioni di leisure preferite tra gli under 30. Una sorta di place to be, che ha ritrovato la centralità che aveva avuto negli anni Ottanta. L’incremento del numero dei visitatori ha portato a un «significativo aumento della domanda», ha dichiarato Carlo Squeri, segretario di Epam, l’Associazione pubblici esercizi Confcommercio Milano. Un risultato certamente positivo, anche se, come spesso accade, si sono innescate delle dinamiche complesse e «non troppo sane». Come ha spiegato il rappresentante dei pubblici servizi milanesi «tanti hanno pensato che fosse facile fare business nel settore in città, ma non è assolutamente così».

Il settore della ristorazione, infatti, è caratterizzato da un turnover elevato: circa il 18% delle attività chiude ogni anno. E per ogni chiusura si registrano, in media, 1,1 nuove aperture. «Non è un bel segnale», ha osservato Squeri, «perché chiudono attività che non sono state in grado di creare un business sostenibile». Ad esse si aggiungono anche tutti quegli esercizi di ristorazione che vengono aperti con un approccio speculativo. Vale a dire con il solo obiettivo di ottenere un profitto immediato, al fine di accrescerne il valore di vendita, senza pensare però a come «farli durare il più possibile». Questo però non ha impedito alla città di trasformarsi in un vero e proprio hub culinario internazionale. Ristoranti stellati, cucine etniche e locali sperimentali hanno trovato spazio accanto alle tradizionali osterie di quartiere.

Le due tendenze nella ristorazione

Il continuo e rapido ricambio dei punti di ristoro ha portato all’emergere di «due grandi tendenze che riguardano la strutturazione dell’attività», ha affermato il segretario di Epam. Da un lato, vi sono i locali serali, che aprono intorno alle 18 per contenere i costi, soprattutto quelli legati al personale. Dopo la pandemia, infatti, con l’introduzione dello smart working, all’ora di pranzo si è registrato un calo della clientela e una conseguente riduzione dei ricavi. C’è però una controtendenza. I bar diurni, considerati un ever green della cultura italiana, diminuiscono sempre più. «Non c’è stato un ricambio generazionale», ha dichiarato Squeri.

Giovani e donne non scommetto più sull’apertura dei bar

Se alla fine del 2014 gli under 35 che investivano in un bar erano 808, al termine del 2024 il loro numero è calato drasticamente. Come dimostrano le analisi fatte da Camera di Commercio sulla base di dati forniti dal registro delle imprese, in dieci anni sono solo 451 i giovani che continuano a considerare questa tipologia di esercizio di ristoro vincente e remunerativa. Tra le categorie di imprenditori presi in considerazione dal report vi sono anche le donne.

Nel post Expo 2015 si è riscontrato un notevole incremento della partecipazione femminile nel mondo dell’imprenditoria e, in particolare, nel settore della ristorazione, dove oggi rappresentano circa il 29% dei proprietari di locali. «Credo che sia normale in seguito al processo di emancipazione e parità dei sessi che, ormai da anni, coinvolge il nostro Paese in maniera profonda» ha dichiarato Carlo Squeri, sottolineando che «al di là dell’imprenditoria, noi siamo un settore in cui l’impiego è a maggioranza femminile». Anche per le donne i bar non sono la scelta più giusta. Alla fine del 2024 si contano circa 200 esercizi in meno rispetto al 2014.

In molti preferiscono investire in un ristorante, soprattutto se è di lusso

Come ha spiegato il segretario di Epam, si tratta di una branca della ristorazione che «riesce a essere molto identificabile». Non si tratta di una semplice moda del momento, «se l’attività ha un’offerta particolare e unica, riesce ad andare assolutamente bene. Ci sono ristoranti in cui si spendono 130, 150€ a persona e che sono sempre pieni». Per questo, sono la scelta principale di giovani e donne. Soprattutto queste ultime che, nel loro ruolo di proprietarie di ristoranti che offrono la somministrazione delle ordinazioni al tavolo, negli ultimi dieci anni, sono aumentate di poco più di 300 unità, arrivando oggi a essere 934.

Mudec, il lussuoso ristorante di Enrico Bartolini che ha ottenuto la terza stella michelin

L’incremento si è registrato anche tra i giovani, sebbene non sia stato così considerevole: da 447 (fine del 2014) sono diventati 521 (fine del 2024). Tuttavia, si tratta di una decisione rischiosa. In una città come Milano, dove le persone uscivano per andare a cena anche due o tre volte alla settimana, oggi non è più così. Ciò è causa di enormi difficoltà per i proprietari, che «fanno fatica» ad andare avanti e ad arrivare alla fine del mese. Ma «per fortuna, viviamo in un Paese in cui c’è ancora la tradizione che il venerdì o il sabato si esce a cena» ha concluso il rappresentante dei pubblici servizi milanesi.

Una novità: la cucina etnica

Uno degli obiettivi dell’Esposizione Universale era quello di unire culture gastronomiche differenti e di farle conoscere a un numero sempre più elevato di cittadini. Ciò ha suscitato in loro un grande interesse verso la cucina etnica e i gusti esotici, al punto che è stata necessaria la nascita di nuovi esercizi di ristorazione, ben spalmati su tutto il territorio milanese. Così il capoluogo lombardo è diventato la città italiana in cui è possibile assaggiare una grande varietà di prodotti appartenenti alla gastronomica internazionale. Molte di più rispetto a Torino o Roma, come ha rimarcato Carlo Squeri.

Si va dalla cucina vietnamita, a quella peruviana, senza dimenticare poi quella thailandese. E non può assolutamente mancare quella giapponese. Milano è anche la città dei trend, che dilagano anche nel mondo gastronomico. Ad esempio, «qualche anno fa è scoppiata la moda poke e poi quella ramen» ha raccontato il segretario dell’Associazione pubblici esercizi Confcommercio Milano. Perciò la città meneghina si è riempita di locali specializzati in queste due pietanze, che sono spuntati in ogni dove.

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Aumentano i ristoranti gestiti da stranieri
La multietnicità propria della città di Milano ha portato a registrare un significativo aumento di locali gestiti dagli stranieri. Nel 2014 i ristoranti con somministrazione al tavolo erano 1.107 su un totale complessivo di 3.218 attività della stessa tipologia. Dieci anni dopo, alla fine del 2024, questi dati hanno subìto una forte impennata, contando circa 700 esercizi in più. La stessa sorte, però, non è toccata ai bar. Alla fine del 2014 ammontavano a 1.136 su 4.988, mentre oggi, anche i titolari stranieri non ritengono che sia un investimento vincente. Per questo il numero di esercenti è diminuito, sebbene di poco, a 1.093.
Gli anni difficili per il settore della ristorazione

Le prove del fuoco sulla tenuta dei bar e dei ristoranti, come un po’ per tutte le imprese, sono state il periodo di gestione della pandemia di Covid-19 (scoppiata agli inizi del 2020), caratterizzato dai numerosi lockdown che hanno costretto le attività a chiudere per lungo tempo, e la guerra tra Russia e Ucraina (iniziata a febbraio 2022). Entrambe situazioni non facili da superare per gli esercenti del settore. La guerra ha portato a un considerevole aumento del prezzo dell’energia, con un conseguente incremento delle materie prime da sfruttare. Oltre che a una crescita vertiginosa dell’inflazione, pari al 20%.

Dopo il 2022, però, quando la pandemia era ormai rientrata, «c’è stato un effetto fionda: il settore è andato fortissimo, perché chiaramente era come se le persone fossero tornate a vivere» ha affermato Squeri. Dal 2019 al 2023, nella demografia d’impresa sulla ristorazione nel territorio di Milano, stando a quanto emerge dai dati rielaborati dalla Camera di Commercio, i bar hanno registrato un importante calo. Sono passati da 4.867 a 4.155 in soli cinque anni. Si tratta di una perdita del 15%, che viene in parte compensata dai ristoranti, dove l’incremento è di 7,7 punti percentuali.

La nascita e la diffusione della ristorazione d’asporto

Con l’introduzione e la diffusione delle applicazioni che offrono un servizio in rete di ordinazione e consegna pasti, è in costante crescita il quantitativo di ristoranti che non prevedono la somministrazione al tavolo dei cibi, in quanto sono specializzati nell’asporto. Ad oggi se ne contano 954 in tutta Milano e di questi 630 sono gestiti da stranieri, registrando un aumento del 22% rispetto al 2024. La restante parte degli esercizi appartenenti alla stessa categoria sono sotto la direzione di giovani (180) e donne (163). Queste ultime sono incrementate di ben 40 unità rispetto a dieci anni fa. Mentre, per i giovani è stata evidenziata un’inversione di rotta. Seppur di poco, 3 sole unità, essi hanno deciso di non investire più nel settore. Il take away ha reagito bene anche nel periodo difficile tra il 2019 e il 2023, registrando complessivamente, tra giovani, donne e stranieri, un aumento del 7%.

L’evoluzione del settore della ristorazione è il riflesso di una città che continua a reinventarsi, adattandosi e abbracciando i cambiamenti della società: la parità di genere, l’intraprendenza e la voglia di lavorare dei giovani, e l’inclusività culturale. Questi risultati sono la perfetta dimostrazione del raggiungimento di uno degli obiettivi di Expo 2015, ossia “il mondo a Milano e Milano nel mondo”. Un traguardo non dovuto solo all’Esposizione Universale, ma che sicuramente ha visto il processo di crescita partire da lì.

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