Alcaraz scarica l’allenatore Ferrero: si chiude un capitolo durato sette anni

Inaspettato e improvviso. Carlos Alcaraz ha annunciato tramite social la fine del suo rapporto lavorativo con lo storico coach, Juan Carlos Ferrero. Dopo sette anni insieme e 24 tornei vinti, di cui 6 grandi slam, si separa uno dei binomi più duraturi e redditizi degli ultimi anni. Un cambio che ricorda in qualche modo la separazione di Sinner da Riccardo Piatti, con una sola differenza. Sostanziale. Jannik cercava qualcuno in grado di fargli fare l’ultimo step per arrivare al vertice. Carlitos al top ci era già arrivato.

“L’amore non mi basta”

Aveva quindici anni Alcaraz, quando niente meno di Juan Carlos Ferrero, ex numero 1 al mondo, scelse di sposare il suo progetto. Quello di un giovano promettente, un predestinato. Ma come insegnava Kobe Bryant, l’ossessione batte il talento. E da quella voglia condivisa di arrivare al vertice, «di essere il migliore di sempre», come ripete spesso Carlos, ne è nato un connubio vincente e consolidato. A 19 anni arriva il primo torneo slam (Us Open) e il primo posto nel ranking mondiale. Poi un crescendo più o meno costante. Non senza qualche basso che a quest’età, forse, ha fatto più bene che male. Una piccola crepa nel rapporto era comparsa lo scorso anno, quando coach Ferrero era stato duro nel commentare la scelta del tennista iberico, di festeggiare a Ibiza fra Roland Garros e Wimbledon. Subito riassorbita dal successo dello spagnolo sull’erba londinese.

E da un 2025 che lo ha visto dominare insieme all’amico-nemico Sinner. Con una crescita esponenziale. Tecnica, ma soprattutto mentale. Riuscendo a ridurre al minimo quelle sconfitte rumorose contro avversari per lui modesti, difficili da spiegare. Non rinunciando all’estro e a quel divertimento che lo rendono il più bello da vedere, ma dosandoli. La fine dell’anno da numero uno sembrava il preludio di un inverno con un solo obiettivo: l’Australian Open 2026. L’unico slam che ancora gli manca. Poi, un giorno di dicembre, qualcosa cambiò. Razionalmente, una scelta difficile da comprendere. Come in tutti i rapporti profondi che si rispettino, però, l’ultima parola difficilmente spetta alla ragione.

 

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Tutto quello che non si vede

Da ex campione, Ferrero aveva autorità e competenza per consigliare il suo allievo prodigio. Se però si osserva il palmarès, l’attuale numero uno del mondo ha già ottenuto di più di quanto fatto dall’allenatore in una carriera intera. Eppure Alcaraz non sarebbe stato lo stesso senza “Juanki”. Che lo ha conosciuto ragazzino promettente e lo lascia campione affermato. Quasi un paradosso, per un ragazzo poco più che ventenne, e invece concreta realtà. Le ore passate insieme sul campo di allenamento avevano costruito quegli automatismi che il giocatore replicava in campo.

Il lavoro dietro le quinte aveva instaurato una relazione di fiducia totale. Il cambio di approccio nei match con Sinner post Wimbledon, lo ha dimostrato. Forse, più che dal punto di vista tecnico, Ferrero sapeva arrivare con la tattica dove Carlitos non riusciva con la tecnica. E lo conosceva veramente, come persona ancora prima che come tennista. Per questo in partita la presenza del tecnico sembrava quasi secondaria. Per tutto quel lavoro fatto in precedenza. Allora sì, durante il match bastava veramente qualche dettaglio, per molti superfluo, sussurrato a bordo campo. Quando si parla di campioni come Alcaraz però, e si rasenta la perfezione, il coach va proprio alla ricerca delle più piccole accortezze. Quelle che il giocatore mette nel cassetto e custodisce con cura.

Alcaraz e Ferrero festeggiano insieme
Presente incerto, futuro da scrivere

In Spagna le ragioni del divorzio si inseguono ora dopo ora. Problemi contrattuali, prospettive diverse o, ipotesi piuttosto rumorosa, parte del team che abbia spinto il giocatore a liberarsi del tecnico. Il motivo reale lo sanno in pochi. Magari non compare fra quelli circolati, magari invece li racchiude tutti. Di sicuro c’è un rapporto che termina. La fine di un sodalizio che per il tennista è stato per sette intensi anni, un porto sicuro.

Nel suo viaggio alla conquista del mondo, Alcaraz si lascia alle spalle Ferrero. Probabilmente per continuare esclusivamente con Samuel Lopez, secondo allenatore. Il parallelo di Cahill con Sinner. Che ha invece insistito per convincere l’australiano a rimanere con lui, riuscendo nel suo intento. Quella dello spagnolo è una scelta forte, inattesa e sorprendente. Senza necessariamente l’etichetta di “giusta” o “sbagliata”. Quello sarà solo e sempre il campo a stabilirlo. Per primo quello dell’Australian Open: giardino di casa per Sinner, territorio di caccia per Alcaraz.

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