Non si chiama Serena – è un nome di fantasia – la prima persona ad accedere al suicidio assistito in Lombardia. All’età di 50 anni, malata da 30 di sclerosi multipla progressiva. È il sesto caso in Italia, reso possibile grazie alla sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale.

La sentenza n. 242/2019

«La sentenza prevede che una persona possa fare richiesta al suicidio medicalmente assistito in presenza di quattro requisiti imprescindibili» spiega la dott.ssa Cristiana Zerosi, rappresentante della cellula milanese dell’associazione Luca Coscioni, prima in Italia sul fine vita. Il primo requisito riguarda la capacità di intendere e di volere, ossia la capacità di autodeterminarsi liberamente. La presenza di sofferenze insopportabili, che siano esse psichiche o fisiche. La diagnosi di una patologia irreversibile e anche la necessità di trattamenti di sostegno vitale.

Dott.ssa Cristiana Zerosi, rappresentante milanese della Luca Coscioni

«Dobbiamo ricordare, in questo percorso, – continua Zerosi –  il primo caso di Federico Carboni, che allora si faceva chiamare Mario. Era stato il frutto di un’attesa lunghissima, di ben due anni».
Ma può una persona, se affetta da patologia inguaribile, decidere in modo autonomo quando sopraggiunge la morte? È questa la domanda che ha scatenato il dibattito sociale e politico nel nostro Paese. Fine vita, infatti, è un’espressione che si riferisce al diritto e alla possibilità – per ogni malato inguaribile – di mettere fine alla propria vita tramite procedura medica.

Suicidio assistito, cure palliative ed eutanasia. Tre procedure mediche diverse tra loro, ma che s’intrecciano tutte con lo stesso tema. È essenziale infatti distinguere “eutanasia” e “suicidio assistito”. Ma anche capire gli strumenti che possono permettere alla persona di far valere la propria autodeterminazione, come il Testamento Biologico e il Consenso Informato. La differenza sostanziale tra le due procedure riguarda le modalità di somministrazione del farmaco. Nel suicidio assistito, è il paziente ad assumere in modo autonomo il farmaco, previa prescrizione di un medico.

Mentre l’eutanasia prevede che sia un terzo, ovvero un professionista, a somministrarlo. Inoltre, si possono distinguere tre tipologie di eutanasia: attiva diretta, se vengono assunti farmaci che inducono la morte. Attiva indiretta, se si riducono i tempi di vita tramite un sovradosaggio di sostanze. E infine passiva, quando si interrompe un trattamento necessario alla sopravvivenza (come nutrizione, idratazione, respirazione artificiale).

Il logo della cellula milanese dell’associazione Luca Coscioni

Con la legge del 219 del 2017 è stato introdotto il Testamento Biologico, detto anche Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT). Uno strumento che consente al paziente di esprimere la propria preferenza in ambito sanitario, terapeutico e diagnostico. Il documento – redatto quando il soggetto è ancora in salute – riguarda le terapie che il singolo intende ricevere o rifiutare in futuro, o nel caso in cui dovesse trovarsi in condizioni di incapacità di esprimersi autonomamente. Nel 2017 si introduce nel nostro Paese anche il Consenso Informato, sulla consapevolezza del paziente riguardo ai trattamenti proposti, ovvero alle modalità di esecuzione, benefici, effetti collaterali ed eventuali rischi.

Il caso di Serena, primo in Lombardia

Serena, al contrario di Mario, per il “via libera” alla procedura ha dovuto aspettare “solo” nove mesi. Circa 273 giorni attraversati da un iter burocratico difficile, non regolamentato. In un certo senso improvvisato. Perché in Italia non c’è ancora una legge nazionale sul tema, come in Lombardia ne manca una regionale. Quindi nulla di ufficialmente protocollato. «Il primo passo per accedere al suicidio assistito – racconta Zerosi – è fare richiesta all’azienda sanitaria territoriale, per attivare la prassi di riconoscimento dei quattro requisiti suddetti».

Le Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST) partecipano insieme agli altri soggetti erogatori, sia pubblici sia privati, all’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e di eventuali livelli aggiuntivi definiti dalla Regione con risorse proprie, nella logica della presa in carico della persona. «Dopo che una commissione multidisciplinare ha determinato la presenza di questi requisiti – spiega – viene data una sorta di semaforo verde. E poi deve essere riconosciuto il farmaco da somministrare e la via di somministrazione dello stesso».

L’attivista Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni

Per velocizzare queste procedure, l’Associazione Luca Coscioni ha depositato ormai in quasi tutte le regioni d’Italia una proposta di legge che va a costituire un diritto ulteriore, per normare i tempi e le modalità di accesso alla procedura. In maniera che non si verifichino più tempi di attesa così dilatati nel tempo. Che costringono la persona malata ad attendere a lungo in condizioni di sofferenze insopportabili. Ma quante sono, in Lombardia, le persone che aspettano di accedere al suicidio assistito? «Non possiamo saperlo, perché sono tante le persone come Serena che non sanno neanche come muoversi per fare richiesta. Perché in assenza di una normativa chiara, niente è protocollato» dichiara Zerosi.

A settembre 2024, la Direzione Generale Welfare – che ha il compito primario di governare il Sistema Sociosanitario Lombardo – aveva comunicato, dopo la sollecitazione delle istituzioni sanitarie, che le persone in attesa di suicidio assistito in Lombardia erano dieci. «Alcune di queste hanno scelto di ricorrere alle cure palliative, altre sono morte ancora prima di vedere la procedura attivata». Ma è possibile e probabile che siano di più gli individui in attesa. Come spiega Zerosi: «Stiamo parlando di numeri che sono emersi una volta sola, una tantum. E in seguito a un’interrogazione specifica all’interno del Consiglio regionale. È invece fondamentale avere la possibilità di conoscere questi dati».

Sul piano nazionale, questo primo caso in Lombardia è servito a smuovere le acque. Il ministro della salute Orazio Schillaci ha infatti annunciato la volontà di emendare una legge nazionale, ma ha già anticipato che questa normativa prevederà un passaggio obbligatorio tramite le cure palliative. «Questa cosa per noi non è corretta, perché non devono essere due aspetti contrapposti. Deve essere il paziente a decidere» puntualizza Zerosi.

Il ministro della salute Orazio Schillaci

Ad oggi, la Toscana è l’unica regione d’Italia ad aver approvato, lo scorso 11 febbraio, una normativa che consente il suicidio assistito. Gli scenari nel resto della penisola sono variegati. «La nostra proposta di legge è stata diversa a seconda della regione. In alcune è stata depositata, come in Lombardia, su iniziativa popolare, e quindi dopo una raccolta fondi. In altre, come in Basilicata, l’associazione si è appellata ai consigli comunali».

L’impegno dell’associazione Luca Coscioni
Il logo dell’associazione Coscioni

L’associazione Luca Coscioni gioca un ruolo fondamentale sul tema del fine vita in Italia. Il gruppo porta il nome di una figura che ha lasciato un segno profondo nella nostra storia recente. Luca Coscioni, infatti, è un personaggio indissolubilmente legato alla battaglia per i diritti delle persone con disabilità. Ma anche a quella per il diritto alla libertà di ricerca scientifica e, soprattutto, alla dignità nelle scelte relative alla propria vita.

La sua vita, purtroppo breve, è stata una testimonianza di coraggio e determinazione, che ha ispirato milioni di persone in Italia e nel mondo. Nel 1997, gli è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce le cellule nervose, portando alla perdita di mobilità e autonomia. Nonostante la sua condizione, che gli ha sottratto la capacità di muoversi e parlare, Luca Coscioni ha comunque dedicato la sua vita alla difesa dei diritti propri e altrui.

Luca Coscioni

La sua dedizione a queste battaglie lo hanno portato a fondare, nel 2002, l’associazione. Nel corso degli anni, la Coscioni ha promosso numerose iniziative, raccolte firme e campagne di sensibilizzazione, ottenendo un’ampia visibilità mediatica e un forte sostegno popolare. Non solo in Italia, ma anche all’estero.

Anche se Luca Coscioni è morto da quasi due decenni, oggi continua ad essere un simbolo di riferimento in Italia e nel mondo. Vive per mezzo della sua associazione, che svolge un ruolo fondamentale nella promozione di un futuro in cui ogni persona possa avere la libertà di decidere della propria vita e della propria morte.

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